A che punto è la ricostruzione della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, distrutta dall’incendio del 15 aprile 2019? E come sarà la nuova Notre-Dame?
Dopo che architetti di mezzo mondo avevano presentato i progetti più audaci e bizzarri, il presidente Macron e gli esperti riuniti per esaminare le diverse possibilità hanno approvato la raccomandazione dell’architetto capo Philippe Villeneuve, un rapporto di tremila pagine che si può riassumere in una frase: Notre-Dame de Paris sarà ricostruita esattamente com’era.
Per l’architetto Villeneuve, cinquantasette anni, guardiano e tutore della cattedrale, è una vittoria. Lui ritiene di appartenere alla cattedrale. Appassionato di musica d’organo, capì di avere una vocazione per l’architettura proprio mentre, seduto sulle panche di legno della cattedrale, ascoltava per ore Pierre Cochereau, leggendario organista di Notre-Dame, che improvvisava su uno degli organi più grandi del mondo.
Oggi che Villeneuve è uno dei trentanove responsabili del patrimonio architettonico francese, ognuno dei quali si occupa di un portafoglio di edifici importanti, è stata una soddisfazione personale, durante quattro ore di audizione, convincere i responsabili politici della necessità di ricostruire la cattedrale identica a sé stessa.
Villeneuve non è mai stato favorevole a nessuna aggiunta contemporanea, soprattutto per quanto riguarda la celebre guglia, la flèche, la cui ricostruzione aveva stuzzicato la fantasia di architetti e progettisti. A un certo punto era sembrato che il presidente Macron, che aveva indetto un concorso internazionale a caccia di idee, fosse orientato a considerare anche i progetti più strani, ma in seguito, anche su pressione di architetti, storici dell’arte e accademici contrari alle innovazioni più fantasiose, la ragione ha prevalso sul desiderio di originalità a tutti i costi: tetto e guglia ottocentesca di Eugène Viollet-le-Duc saranno ricostruiti esattamente com’erano.
Per difendere la sua opinione Villeneuve si è spinto fino a minacciare le dimissioni nel caso avessero prevalso le idee innovative. La battaglia è stata vinta quando anche la commissione incaricata di valutare i progetti ha messo nero su bianco che Notre-Dame non dovrà cambiare, così da garantire “autenticità, armonia e coerenza a questo capolavoro dell’architettura gotica”.
Così Macron si è convinto: la voglia di “contemporaneità” sostenuta dal presidente sarà garantita dal programma di riqualificazione che riguarderà il circondario della cattedrale, ma non toccherà la cattedrale.
“In ottocentocinquanta anni – dice Villeneuve – ogni architetto che ha restaurato Notre-Dame ha servito il monumento piuttosto che sé stesso. I primi quattro architetti, ovvero gli autori della cattedrale, rimangono anonimi. Non sappiamo chi fossero e molto probabilmente non si sarebbero considerati nient’altro che costruttori. Notre-Dame è unica e non assomiglia a nessun’altra cattedrale gotica”.
La passione dell’architetto Villeneuve per la “sua” Notre-Dame e la profonda conoscenza della cattedrale hanno conquistato sia il presidente francese sia la commissione che comprende rappresentanti della Chiesa, della città di Parigi e del ministero della Cultura. Occorre ricordare che lo Stato francese, che possiede Notre-Dame sin dalla legge sulla separazione tra Chiesa e Stato del 1905, è ufficialmente responsabile del monumento.
Il nuovo telaio del tetto sarà realizzato in rovere, proprio come nel XIII secolo. Potrebbero esserci cambiamenti solo nel modo in cui è assemblato: il vecchio legno era disposto secondo una tecnica medievale molto elaborata, che non richiedeva alcun fissaggio: a Villeneuve è stato chiesto di suggerire tecniche di assemblaggio alternative.
I lobbisti delle industrie del cemento e del ferro speravano di essere consultati per un nuovo tetto. Contavano su alcuni precedenti. Quando i tedeschi bombardarono la cattedrale di Reims nel 1914, il tetto fu ricostruito in cemento armato. E quando la cattedrale di Chartres bruciò nel 1837, il suo tetto in castagno medievale fu ricostruito con una struttura in ferro.
Notre-Dame de Paris è però ampiamente percepita come un simbolo nazionale ancora più grande di Reims e Chartres, e un continuum storico è sembrato di rigore.
Il materiale scelto per coprire il tetto molto probabilmente sarà il piombo, così da rispettare il delicato rapporto di pesi del monumento e tornare a inserirsi in armonia nello skyline parigino, dove il piombo ha sempre giocato un ruolo estetico importante.
La ricostruzione identica della guglia, alta novantasei metri, è una vittoria anche per il progettista Eugène Viollet-le-Duc, che così la volle nel 1859. Amante e studioso dell’architettura gotica, ma architetto autodidatta, dopo la sua morte fu denigrato. Tra la Prima guerra mondiale e gli anni Ottanta del secolo scorso fu considerato nient’altro che un falsario neogotico. Nella società francese il suo nome è stato a lungo sinonimo di stupidità neo-medievale. Almeno cinque generazioni, tra cui quella del presidente Macron, sono state educate a credere che lo stile finto-gotico à la Viollet-le-Duc fosse inautentico. Ciò probabilmente spiega perché, nelle ore successive alla tragedia dell’incendio, il 15 aprile 2019, il presidente francese e il premier Edouard Philippe parlarono subito di innovazione e di un concorso internazionale per progettare una nuova guglia.
È da meno di mezzo secolo Viollet-le-Duc ha acquistato statura e prestigio agli occhi di storici dell’arte e architetti, grazie sia a nuove ricerche sull’arte e l’architettura ottocentesca, sia a un’importante mostra al Grand Palais che ne sottolineò il talento rivelando le molteplici sfaccettature del suo genio.
Per Philippe Villeneuve, “il grande talento di Viollet-le-Duc sta nel fatto che il suo lavoro era quasi indistinguibile da quello dei costruttori medievali. La sua guglia non era identificabile; potrebbe benissimo risalire al XIII secolo”.
Quindi, addio per sempre ai folli progetti proposti nelle ore che seguirono l’incendio: dalla serra gigante alla foresta piantumata per specie animali in via di estinzione, dalla piscina a forma di croce riempita di acqua piovana alla guglia in fibra di carbonio ricoperta di foglie d’oro.
Il ripristino della guglia di Viollet-le-Duc ha altri pregi: è l’opzione più economica e veloce. Viollet-le-Duc lavorò sempre lavorato entro i limiti di budget del suo tempo ei suoi disegni e piani dettagliati, che sono stati accuratamente conservati, possono essere riutilizzati. I miliardi di euro promessi dalle famiglie più ricche della Francia, insieme al contributo di molte migliaia di benefattori di tutto il mondo, dovrebbero coprire i costi con l’aiuto dello Stato francese.
Macron ha promesso la ricostruzione entro il 2024. Sarà possibile? Forse. Certamente un altro blocco a causa del coronavirus, con relativa chiusura del cantiere, metterebbe a forte rischio la previsione.
I guai finora non sono mancati. L’inquinamento da piombo ha reso necessaria una prima chiusura inaspettata del sito per sei settimane, per permettere una pulizia approfondita di tutte le superfici all’estremità dell’Île de la Cité. Questa primavera il sito è rimasto poi chiuso tre mesi a causa del Covid, ritardando così la fase più pericolosa dei lavori, il taglio e la rimozione delle cinquecento tonnellate di ponteggio fuso che circondava la guglia al momento dell’incendio. L’operazione è iniziata a giugno e dovrebbe concludersi entro la fine di settembre.
Se tutto andrà secondo i piani, la struttura di Notre-Dame sarà considerata stabile e il restauro potrà iniziare.
Un altro cantiere, di cui si parla raramente ma è importante quanto il restauro, riguarda l’area che circonda la cattedrale e l’accesso a Notre-Dame. La cattedrale è sia benedetta sia maledetta dalla visita di quattordici milioni di turisti all’anno, e la città di Parigi ha un grande bisogno di ripensare a come gestire meglio il flusso e il riflusso dentro e intorno alla cattedrale.
Padre Gilles Drouin, studioso di architettura e liturgia del XVIII secolo, è stato incaricato dall’arcivescovo di Parigi di reinventare l’interno della cattedrale quando riaprirà al culto. Padre Drouin dovrà risolvere i problemi che hanno offuscato per decenni la reputazione di Notre-Dame: per citarne solo alcuni, le infinite file di turisti sul sagrato, che bloccano il passaggio dei parigini; i lunghi controlli di sicurezza alle porte; la presenza di negozi di souvenir economici all’interno della cattedrale.
Da decenni gli storici dell’arte chiedono un museo dedicato alla storia di Notre-Dame dove le sue opere d’arte di tutti i secoli, ora sparse per la Francia in diversi musei per mancanza di uno spazio dedicato, possano finalmente essere riunite. L’ormai vuoto Hôtel-Dieu, l’ex ospedale nel cuore di Parigi che si trova proprio di fronte al sagrato, potrebbe esserne la sede.
E perché non utilizzare, ad esempio, il parcheggio libero sotto il sagrato per organizzare un punto di accesso alla cattedrale per i turisti, con negozi e servizi?
I prossimi anni saranno ricchi di sfide e opportunità per gli urbanisti e gli architetti che si occupano dell’are di Notre-Dame de Paris. I media francesi, con la solita grandeur, già lo chiamano “il cantiere del secolo”.
A.M.V.
_______________________
L’articolo originale, di Agnès Poirier, è Notre-Dame’s rebuilding: The battle over the future of the cathedral, in Catholic Herald
Nella foto, la cattedrale di Notre-Dame dopo l’incendio (UlyssePixel / Shutterstock via CNA)
***
Cari amici di Duc in altum, vi ricordo i miei ultimi libri
Aldo Maria Valli, Ai tempi di Gesù non c’era il registratore. Uomini giusti ai posti giusti (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli, Aurelio Porfiri, Decadenza. Le parole d’ordine della Chiesa postconciliare (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli, Non avrai altro Dio. Riflettendo sulla dichiarazione di Abu Dhabi, con contributi di Nicola Bux e Alfredo Maria Morselli (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli, Gli strani casi. Storie sorprendenti e inaspettate di fede vissuta (Fede & Cultura, 2020)
Aldo Maria Valli, Le due Chiese. Il sinodo sull’Amazzonia e i cattolici in conflitto (Chorabooks, 2020)
Aldo Maria Valli (a cura di), Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sulla nuova traduzione del “Padre nostro”, con contributi di Nicola Bux, Silvio Brachetta, Giulio Meiattini, Alberto Strumia (Chorabooks, 2020)
***
Sei un lettore di Duc in altum? Ti piace questo blog? Pensi che sia utile? Se vuoi sostenerlo, puoi fare una donazione utilizzando questo IBAN:
IT65V0200805261000400192457
BIC/SWIFT UNCRITM1B80
Beneficiario: Aldo Maria Valli
Causale: donazione volontaria per blog Duc in altum
Grazie!
***
I contributi che appaiono nel blog sono disponibili anche su Telegram.
Potete cercarmi digitando il mio nome, Aldo Maria Valli, oppure cliccate sul link https://t.me/aldomariavalli e poi scegliete: unisciti al canale.