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Parla Enrico Crasso: fondi dell’Obolo anche in hedge fund

“I fondi dell’Obolo di San Pietro venivano gestiti dalle banche, anche in hedge fund. Lo sapevano tutti. Ora però il revisore generale del Vaticano (Alessandro Cassinis Righini, ndr) sostiene che questi fondi erano vincolati ad opere caritatevoli. Ma alle banche non l’hanno mai detto!”.

È quanto sostiene Enrico Crasso, 72 anni, romano, residente nel Canton Ticino, gestore per ventisette anni del patrimonio riservato della Segreteria di Stato con Credit Suisse, poi Sogenel e Az Swiss, in una intervista al Corriere della Sera rilasciata nei suoi uffici a Lugano.

“Quando Becciu chiese il finanziamento per il palazzo di Londra, presentò una lettera del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, in cui si diceva che Becciu aveva i pieni poteri per mettere a leva l’intero patrimonio della Segreteria. Il palazzo è stato comprato mettendo a garanzia parte delle gestioni patrimoniali”, afferma Crasso.

“Dalle nostre gestioni, anche come Sogenel e Az Swiss, la Segreteria ha sempre guadagnato, coprendo pure i costi dei prestiti. Sui 300 milioni la media 2014-2019 è di un rendimento del 3-4% annuo. Eravamo giudicati per i rendimenti finanziari, non anche sulla parte immobiliare”.

Crasso riferisce la sua versione su altre due vicende. “Alcuni investimenti me li indicavano direttamente loro”, afferma in riferimento alla Segreteria di Stato. “Per esempio, abbiamo preso quote nel fondo inglese Eos perché erano amici di monsignor Alberto Perlasca (allora capo dell’ufficio che gestisce l’Obolo di San Pietro, ndr). Una volta mi arrivò l’indicazione di investire 30 milioni in Mikro Kapital: fa prestiti alle piccole imprese, un dossier proveniente da un importante studio legale milanese e portato in Segreteria dal capo di Mikro Kapital, Vincenzo Trani (presidente della Camera di Commercio Italo-Russa, ndr). Lo analizzo: avevano 250 milioni di patrimonio in gestione a sette anni, il bond rendeva l’8%”. E dunque “informammo Perlasca che al massimo si potevano investire sei milioni. E così avvenne. Anche il bond sottoscritto per il film su Elton John non era un segreto. Ma sapete quanto renderà? Il 13,5% a fine di quest’anno. Men in Black invece non ha soddisfatto le attese”.

Quanto al finanziere angolano Antonio Mosquito, che propose a Becciu di investire 200 milioni di dollari del Vaticano in una piattaforma petrolifera offshore, “era il 2012, allora gestivo poco, 30-40 milioni di euro”, racconta Crasso”. Fui chiamato da Becciu, che vedevo per la prima volta e che avrò visto in tutto cinque o sei volte. Mi diede l’incarico di fare una verifica professionale sulla proposta di Mosquito. Ne parlai con la mia banca, ma alla fine da Londra mi indirizzarono a Raffaele Mincione, che non conoscevo, come finanziere esterno che operava in materie prime. Ricordo un incontro in Segreteria, aprile 2014, con l’intera famiglia Mosquito. Spiegai che senza garanzie da parte loro non potevamo fare il finanziamento. Venne chiamato Becciu, che disse semplicemente ‘mi dispiace’ a Mosquito. La cosa finì lì, senza alcuna pressione”.

“Non ho mai preso né dato soldi, o tangenti, a nessuno. Il cardinale Giovanni Angelo Becciu? Non ha mai fatto pressioni e non c’è alcun suo conto riservato della famiglia che noi abbiamo gestito o alimentato. Io ho cominciato a lavorare con il Vaticano nel 1993, sempre facendo i loro interessi. E cosa raccolgo oggi? Solo macerie”, afferma Crasso.

Il fondo maltese Centurion (50 milioni della Segreteria), gestito da Crasso, fra l’altro ha fatto diventare il Vaticano socio di Lapo Elkann e del film su Elton John. “In Segreteria conoscevano Centurion e sapevano molto bene degli investimenti con Lapo e nel film. Ma dopo il vostro articolo di dicembre sul Corriere mi dissero che il Santo Padre aveva dato indicazione di liquidare il fondo. E adesso lo stiamo chiudendo”.

Fonte: Askanews

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