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Dolore e speranza nella Chiesa olandese. La chiara voce del cardinale Eijk

Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.

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“Una volta accettato che si può mettere fine a una vita a causa di un certo livello di sofferenza, ci si troverà sempre di fronte alla domanda se non si debba permetterla anche per una sofferenza che è solo un po’ inferiore”.

Queste parole del cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht e già presidente della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi, fotografano bene la sua preoccupazione verso il diffondersi della mentalità eutanasica, particolarmente radicata in Olanda, dove quest’anno la Corte suprema ha dato il via libera all’ all’eutanasia per i pazienti affetti da demenza avanzata, anche nel caso in cui tali persone non siano in grado di reiterare il loro desiderio di porre fine alla propria vita.

In un’intervista alla Catholic News Agency il cardinale Eijk, dopo aver sottolineato che nel suo paese a partire dagli anni Settanta i criteri per l’applicazione dell’eutanasia sono diventati “sempre più estesi”, non nasconde di temere che il prossimo governo potrà accettare un disegno di legge che permetta il suicidio assistito per tutti coloro che semplicemente, senza dover presentare particolari ragioni, ritengono che sia arrivato il momento di mettere fine alla propria vita.

Il cardinale Eijk (che, lo ricordiamo, oltre ad aver conseguito un dottorato in Filosofia è anche laureato in Medicina e Chirurgia ed ha un dottorato di ricerca in Bioetica medica con una dissertazione sull’eutanasia) nel corso dell’intervista cita le previsioni di un esperto olandese secondo il quale i casi di eutanasia raddoppieranno nei prossimi otto anni. “Se la sua previsione si rivelerà corretta – commenta Eijk – entro il 2028 il numero annuale di casi di eutanasia arriverà a ben oltre dodicimila e 500, più dell’8% del numero attuale di tutti i decessi”.

Un quadro tragico, che ha avuto origine negli anni Settanta del secolo scorso, quando l’eutanasia, afferma il cardinale, incominciò a essere considerata accettabile nella fase terminale di una malattia somatica incurabile. Poi, nel corso degli anni Ottanta, si cominciò a considerarla eticamente accettabile anche prima della fase terminale. In seguito, a metà degli anni Novanta, l’eutanasia incominciò a essere eseguita anche nei casi di malattie psichiatriche e demenza, e dopo il 2000 è stata applicata per i neonati ritenuti gravemente disabili.

Risale al 2016 l’annuncio, da parte del ministro della Salute e del ministro della Giustizia, del proposito di presentare una legge per consentire il suicidio assistito nei casi di persone che pur non soffrendo di alcuna malattia considerano la loro vita “compiuta”. Un progetto che è rimasto fermo ma che secondo Eijk potrebbe essere rilanciato dopo le elezioni dell’anno prossimo.

Inoltre, un membro del parlamento, appartenente a un partito di sinistra, ha presentato un progetto di legge che permette il suicidio assistito per persone di età superiore ai 75 anni. Il rischio di questa legge è che possa creare l’impressione che il valore della vita diminuisca dopo che le persone hanno raggiunto questa età. In ogni caso, la cessazione della vita è oggi ampiamente accettata.

Parlando de ruolo dei sacerdoti nella cura pastorale di coloro che cercano l’eutanasia, Eijk ha fatto eco al nuovo documento vaticano, Samaritanus bonus, affermando che il clero deve evitare ogni gesto che possa indicare approvazione verso l’eutanasia, compreso il rimanere fino al compimento dell’atto. “Una buona cura pastorale per una persona che vuole essere eutanasizzata richiede che il sacerdote, accompagnandola, le dica chiaramente che con l’eutanasia è violato il valore intrinseco della vita umana”.

“La richiesta di eutanasia – spiega il cardinale – non raramente è un grido di aiuto. Quando viene offerta un’assistenza adeguata, con attenzione alle loro paure e alle loro lotte interiori, le persone che hanno detto di voler essere eutanasizzate spesso non persistono in questa richiesta”.

Chi volesse conoscere meglio il cardinale Eijk e la difficile realtà della Chiesa cattolica in Olanda può leggere il libro Dio vive in Olanda (Ares, 136 pagine, 13 euro) nel quale il porporato, rispondendo alle sollecitazioni di Andrea Galli, descrive in tutti gli aspetti la situazione ecclesiale nel suo paese. Un cattolicesimo, quello olandese, dalla storia gloriosa fino al Concilio Vaticano II, ma in caduta libera a partire dagli anni Sessanta, tanto che oggi si chiudono due chiese (cattoliche e protestanti) ogni settimana e meno del cinquanta per cento di coloro che ancora si dicono cattolici fa battezzare i propri figli. Una crisi di fede che non ha eguali, ma che già nel 1947 venne individuata molto bene da un piccolo gruppo di fedeli che, riuniti a Utrecht, profetizzarono “la grande apostasia del prossimo futuro”, un processo inarrestabile del quale si occupò anche il sacerdote polacco don Karol Wojtyła, il quale durante gli studi per la sua laurea in Filosofia all’Università Cattolica di Lovanio visitò l’Olanda e notò, accanto a una buona organizzazione ecclesiale, una profonda povertà spirituale e l’assenza di una vita di preghiera, dato che tutta l’attenzione era rivolta al fare, all’agire in campo sociale.

Sono diverse le lezioni che il cardinale Eijk trae dall’esperienza olandese. Merita di essere citata la sua riflessione circa il fatto che il numero più alto di veri credenti si mantenne, nonostante tutto, in quelle parrocchie in cui, anche durante la tempesta degli anni Sessanta e Settanta, il modo di celebrare la liturgia rimase veramente cattolico.

Nel libro, pieno di racconti vividi riguardanti la sua esperienza personale, il cardinale dice a un certo punto: “Io sono diventato sacerdote per celebrare l’Eucaristia. La celebrazione quotidiana della Messa per me è sempre il culmine del giorno”.

Fra tante notizie tristi in arrivo dall’Olanda, anche un dato che dà speranza: ogni anno circa cinquecento persone si convertono alla Chiesa cattolica. In alcuni casi si tratta di protestanti, ma più spesso sono non battezzati, conquistati dalla bellezza e dalla Verità.

Verso la fine del libro, guardando al futuro e in particolare alle divisioni all’interno della Chiesa, il cardinale olandese dice: “Molti parlano del pericolo di uno scisma, ma io penso di no”. Eijk ritiene che ci sarà piuttosto un “risanamento silenzioso tramite il ricambio delle generazioni”, man mano che se ne andranno “i preti del ‘68, ordinati in quegli anni di sbandamento, con idee ultraprogressiste”. Un processo lento, che riguarderà sia il clero sia i laici, ma che già è visibile. Infatti, “con le nuove generazioni di credenti si può parlare del Paradiso o dell’Inferno senza suscitare scalpore, si può parlare dei veri contenuti della nostra fede senza che la gente protesti o vada via in polemica, come accadeva prima… E mentre questo processo di rinnovamento si realizza bisogna avere coraggio, bisogna essere disposti a soffrire”.

Aldo Maria Valli

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Vi ricordo anche gli altri miei libri più recenti.

Aldo Maria Valli, Ai tempi di Gesù non c’era il registratore. Uomini giusti ai posti giusti (Chorabooks, 2020)

Aldo Maria Valli, Aurelio Porfiri, Decadenza. Le parole d’ordine della Chiesa postconciliare (Chorabooks, 2020)

Aldo Maria Valli, Non avrai altro Dio. Riflettendo sulla dichiarazione di Abu Dhabi, con contributi di Nicola Bux e Alfredo Maria Morselli (Chorabooks, 2020)

Aldo Maria Valli, Gli strani casi. Storie sorprendenti e inaspettate di fede vissuta (Fede & Cultura, 2020)

Aldo Maria Valli, Le due Chiese. Il sinodo sull’Amazzonia e i cattolici in conflitto (Chorabooks, 2020) 

Aldo Maria Valli (a cura di), Non abbandonarci alla tentazione? Riflessioni sulla nuova traduzione del “Padre nostro”, con contributi di Nicola Bux, Silvio Brachetta, Giulio Meiattini, Alberto Strumia (Chorabooks, 2020)

 

 

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