Cari amici di Duc in altum, ricevo da un lettore questa riflessione, che volentieri offro alla vostra valutazione. Preciso che non ho visto il documentario di cui si parla nella lettera.
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Caro dottor Valli, sabato 10 ottobre 2020 ho seguito con profonda emozione la cerimonia di beatificazione di Carlo Acutis ad Assisi. Ma ciò che qui vorrei condividere con lei sono alcune riflessioni che ho fatto la sera stessa, dopo aver visto su TV 2000, alle 22:50, un docufilm dedicato al nuovo beato.
Prodotta in ambito rigorosamente cattolico, l’opera ricostruisce la breve vita e le opere di Carlo, con varie e toccanti testimonianze di familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose, compagni di scuola e quanti altri hanno avuto occasione di stargli vicino e di conoscere la sua gioia di vivere nella fede e nell’amore di Gesù, dell’Eucaristia, della Madonna, della Chiesa e di tutti coloro che ebbe modo di incontrare e avvicinare. Da ciò è emersa chiarissima la grandezza della sua dimensione umana e cristiana. Tuttavia il documentario non accenna minimamente ai miracoli di Carlo, sebbene siano stati attestati come fatti scientificamente inspiegabili: mi riferisco in particolare a quello avvenuto in Brasile, allorché un bambino affetto da una grave anomalia al pancreas, e pertanto destinato a morire presto, è improvvisamente guarito, con tanto di attestazione medica e radiografie, per intercessione di Carlo.
Mi chiedo il senso di questa omissione. I miracoli sono una parte essenziale della predicazione di Gesù, come Egli stesso tiene a sottolineare: “Gesù rispose: andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Matteo 11,4-5). Come appare chiarissimamente da questo passo, Gesù conosceva bene il cuore degli uomini e pertanto ben sapeva che, accanto alla predicazione della Buona Novella, un ruolo decisivo sta nel potere di guarire, che deriva direttamente da Dio (“È Dio che ti ha guarito”).
Non per caso, il Vangelo è pieno dei miracoli di Gesù. Dunque, come si fa a puntare tutto sulla bontà e sulla fraternità omettendo questa dimensione? Paradossalmente, nel documentario si parla dei miracoli eucaristici in relazione alla mostra che il giovane ideò e organizzò, eppure non si parla del miracolo operato proprio dal beato. Un miracolo attestato inoppugnabilmente da una radiografia e da referti medici può scuotere la coscienza di un ateo in buona fede, in cerca di “qualcosa” che dia senso alla vita e alla morte, e attrarre migliaia di “tiepidi” o di incerti. Perché dunque non parlarne? Forse perché dobbiamo “dialogare” con gli atei ma evitando accuratamente di accennare a Dio, in modo tale da non urtare la loro sensibilità?
Questo presunto rispetto dell’altrui sensibilità non tiene conto del fatto che l’ateo, se non è un fanatico, è ben felice di avere una risposta ai suoi dubbi (come capitò anche a me quand’ero ragazzo).
I pastori che non ci parlano dei miracoli, e magari vanno pure fieri di non nutrire quelle che giudicano superstizioni medievali, hanno sbagliato mestiere.
Lettera firmata