Dopo i fatti di Nizza. Le parole sono importanti
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Ancora una volta, dunque, sangue in una chiesa cattolica francese. Era il 26 luglio 2016 quando, nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, veniva sgozzato padre Jacques Hamel, ottantacinque anni. Due gli assassini, entrambi islamisti, uno dei quali in regime di controllo giudiziario mediante braccialetto elettronico.
E ora Nizza, nella basilica di Notre Dame: tre vittime. Di nuovo sangue, di nuovo uno sgozzamento e una decapitazione.
Ma vediamo alcune reazioni, perché le parole sono importanti.
Di “terrorismo fascio-islamista” ha parlato il sindaco della città, Christian Estrosi, cercando così di ricondurre il terrorismo islamico a una categoria, quella del fascismo, tutta nostra: operazione assurda e improponibile, perché non ci sono legami tra le due realtà del tutto diverse sotto ogni profilo.
Di “attacco terroristico islamista” ha parlato a caldo il presidente francese, Emmanuel Macron, durante la sua visita a Nizza, aggiungendo: “Veniamo attaccati per la nostra libertà, non cederemo”.
Il presidente italiano, Mattarella, nel messaggio inviato a Macron condanna il fanatismo, ma si affretta ad aggiungere “di qualsivoglia matrice”.
Le parole Islam e islamismo sono assenti anche nella nota diramata dal Vaticano, nella quale si parla di terrorismo e violenza senza aggettivi: “È un momento di dolore, in un tempo di confusione. Il terrorismo e la violenza non possono mai essere accettati. L’attacco di oggi ha seminato morte in un luogo di amore e di consolazione, come la casa del Signore. Il Papa è informato della situazione ed è vicino alla comunità cattolica in lutto. Prega per le vittime e per i loro cari, perché la violenza cessi, perché si torni a guardarsi come fratelli e sorelle e non come nemici, perché l’amato popolo francese possa reagire unito al male con il bene”.
Meno vago il comunicato della Conferenza episcopale francese, anche se pure qui non c’è alcun cenno all’Islam: “Gli omicidi compiuti questa mattina a Nizza nella basilica di Notre Dame fanno precipitare la Conferenza episcopale di Francia in un’immensa tristezza. I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alle vittime, ai feriti, alle loro famiglie e ai loro cari. Queste persone sono state aggredite e assassinate perché erano nella basilica. Rappresentavano un simbolo da distruggere. Questi omicidi ci ricordano il martirio di padre Jacques Hamel. Attraverso questi atti orribili, il nostro intero paese viene colpito. Questo terrorismo mira a instillare ansia nella nostra società. È urgente che questa cancrena venga fermata, è urgente trovare quella fraternità indispensabile a tenerci tutti in piedi di fronte a questa minaccia. Nonostante il dolore che ci attanaglia, i cattolici si rifiutano di cedere alla paura e, con l’intera nazione, vogliono affrontare questa minaccia infida e cieca”.
Ed ecco l’arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, che dice: “Preghiamo per le vittime e le loro famiglie, ma siamo sbalorditi da questa follia omicida in nome di Dio. Dio si è rivelato un Dio d’amore”. Poi un accenno alla persecuzione contro i cristiani: “Fin dall’inizio i cristiani sono stati perseguitati e ancora oggi sono loro che, pur predicando e vivendo insieme dell’amore di Dio e del prossimo, pagano il prezzo più alto con l’odio e la barbarie”.
Prudente fino alla reticenza la prima pagina dell’Osservatore romano: “Attacco a Nizza, morte in un luogo di amore e di consolazione”. Che non si parli di Islam è comprensibile, data la linea vaticana. Ma è difficile capire perché sia stata evitata perfino la parola “chiesa”, sostituita dalla perifrasi “luogo di amore e di consolazione”, già usata nel comunicato vaticano.
Chi non ha avuto paura delle parole è invece il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, che subito dopo l’attentato ha parlato di “islamismo”, definendo l’incursione nella chiesa un atto di “mostruoso fanatismo che deve essere combattuto”.
Sì, le parole sono importanti.
A.M.V.
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