Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Fra tutti i dati che nei giorni del travagliato voto americano ci sono stati rovesciati addosso ce n’è uno che dice molto. Lo ha opportunamente sottolineato Luigi Amicone su Tempi. Nel distretto di Columbia, che coincide con la città di Washington, Biden ha ottenuto quasi 260 mila voti, pari al 96,2 %, mentre Trump ne ha raccolti meno di 15 mila, pari al 5,2 per cento. La città del potere politico, dell’apparato statale, degli uffici governativi e di tutto ciò che vi ruota attorno ha votato in massa per Biden, con una percentuale che una volta si diceva bulgara ma d’ora in poi potremo definire washingtoniana.
Perché? Perché Biden è esattamente espressione di quel mondo, nonché dell’establishment pseudointellettuale, che spesso va a nozze col potere per trarne profitto.
Se Trump è stato snobbato dal distretto in cui si concentra il potere, ha invece fatto il pieno di voti tra le persone normali, quelle che lavorano e sanno quanto sia faticoso guadagnarsi il pane. Un consenso di fronte al quale la casta dei garantiti, dimostrando ancora una volta di non conoscere il paese in cui vive (e per un motivo molto semplice: perché l’establishment vive in un mondo tutto suo, che non ha nulla a che fare con la vita della gente comune) ha arricciato il naso.
“Ma davvero ispanici, neri e donne hanno votato in massa per Trump? Non ci posso credere”. Questo il tono dei commenti degli intellettuali dem, i quali, dai loro appartamenti nei quartieri bene, osservano la scena con malcelato disprezzo e concludono che, evidentemente, il popolo non è stato ancora educato a dovere. Impossibile per loro ammettere di non aver capito niente. Se la realtà non è come quella da loro immaginata, è la realtà che ha qualcosa che non va, non il loro modo di ragionare.
Ora vedremo se e come Trump riuscirà a farsi valere in sede di ricorsi. Già da ora, comunque, si può dire che gli Stati Uniti sono dalla sua parte. Gli Stati Uniti veri, quelli della gente che fatica per vivere e non prospera all’ombra del potere.
I meno tutelati, gli immigrati, la working class: ecco da dove arriva il consenso a Trump, a dispetto delle analisi fondate sulla visione ideologica e non fattuale della società. Dalla parte di Biden stanno invece (oltre a tutto il sottobosco politico parassita e agli intellettuali à la page con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra), le grandi corporation, la grande finanza, Wall Street, Big Tech, Big Money, gli oligarchi del Nuovo Ordine Mondiale, le lobby affaristiche.
Nel quadro non potevano mancare i cattolici progressisti, i quali, ovviamente incuranti del fatto che Biden sia un abortista convinto, a loro volta stanno incensando l’uomo del potere, mettendo in luce lo stretto rapporto con Bergoglio.
“Biden e Bergoglio rimetteranno le cose a posto” si legge già in certe analisi, anche nostrane, che gongolano nel sottolineare come il “cattolico adulto” e il “papa misericordioso” avrebbero impartito una bella lezione all’impresentabile Trump, come del resto l’inquilino di Santa Marta ha sempre auspicato, fin da quando disse che chi “pensa a fare muri, e non a fare ponti, non è cristiano”. Peccato che il popolo, quel popolo del quale Bergoglio parla tanto spesso utilizzando categorie non evangeliche ma chaviste, abbia votato compatto per Trump. Ma, evidentemente, se lo ha fatto è perché non è ancora stato istruito a dovere, non ha ancora appreso appieno la lezione
“I servizi segreti hanno già assegnato a Biden il protocollo presidenziale” rivela in un video l’ex sex symbol Sharon Stone, facendo seguire la sorprendente dichiarazione (se i segreti dei servizi segreti sono tutelati così, povera America) da una risatina che vuole esprimere tutta la sua soddisfazione. Hollywood non sta più nella pelle. Allo stesso modo, fanno salti di gioia i giornalisti di quei network che, venendo meno al dovere professionale, nei giorni scorsi hanno interrotto la diretta del discorso durante il quale cui Donald Trump stava dichiarando che le elezioni presidenziali 2020 sono state truccate e che molti dei voti sono illegali. “Il presidente sta dicendo il falso”, hanno sostenuto le tv togliendo la linea. Censura di regime, applicata con incredibile faccia tosta da chi per anni ha alimentato la bufala del Russiagate.
A questo universo che vive in un mondo parallelo, ma pretende di farlo coincidere con il mondo reale, poco o nulla importa che durante il suo mandato Trump non abbia scatenato guerre, abbia dato ossigeno all’economia abbassando le tasse, sia riuscito nell’impresa di far crescere gli stipendi più bassi e diminuire la disoccupazione. L’importante è bollare Trump come impresentabile e fargliela pagare per tutto, anche per aver difeso la vita umana nascente contro il presunto “diritto” all’aborto e aver tolto fondi a Planned Parenthood, la potente multinazionale abortista.
“C’è un nuovo partito negli Stati Uniti” scrive Maurizio Blondet. È il partito di Trump. Comprende quasi l’intero partito repubblicano, una buona fetta di ex democratici, tanti indipendenti, la classe operaia, le forze produttive, larga parte delle minoranze ispaniche, asiatiche e afroamericane. È un partito forte, cha ha saputo resistere a una narrativa tutta schierata in senso contrario. E proprio perché è forte va tolto di mezzo, liquidato insieme al suo rappresentante. Operazione che il clan obamaniano ha affidato al grigio Biden, l’uomo di paglia, il prestanome, Sleepy Joe, settantotto anni, di cui quaranta trascorsi nelle stanze del potere.
Ora, se effettivamente il Deep State e la sua corte riusciranno a scalzate Trump, spariranno come per miracolo i cortei e gli inginocchiamenti dei Black Lives Matter e la stampa la smetterà di gridare al lupo. Si prospetta una normalizzazione, sostenuta ovviamente da una narrativa adeguata, perché da tutta questa vicenda, esattamente come da quella del Covid, emerge il ruolo decisivo dell’informazione.
Lo si vede anche da come la grande stampa ha già dato il via al processo di beatificazione della moglie di Biden e soprattutto di Kamala Harris, la prima donna vicepresidente, il volto del Partito Democratico del futuro, vista anche l’età di Biden.
La normalizzazione è partita, ma non sarà così facile. I 71 milioni che hanno votato per Trump non sono una forza aggirabile né raggirabile.
Aldo Maria Valli
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