Sceso dal monopattino d’epoca (ancora elettrico!), acquistato nel lontano 2020 grazie al bonus, l’anziano si avviò verso il bar, prima che chiudesse causa coprifuoco. Il campo di forza antivirus lo riparava totalmente, ma l’uomo si guardava attorno timoroso. Sapeva di essere in ritardo. Incappare in una pattuglia della Polizia Covidica lo avrebbe messo nei pasticci.
Bussò con forza alla porta del locale. Lo spioncino si aprì e mandò una luce fioca. Si udì una voce.
“Che vuoi?”
“Un mezzo litro di latte, se possibile”
“Ce l’hai la tessera?”
“Eccola” disse l’uomo, mostrandola allo spioncino.
“Mettila lì e aspetta”
Come una lingua d’acciaio, un piccolo davanzale spuntò dalla porta. L’uomo vi appoggiò la tessera annonaria e questa, con un leggero sibilo, fu subito inghiottita.
Il vecchio restò in attesa qualche minuto, poi la lingua meccanica spuntò di nuovo. Sopra c’erano il latte e la tessera. Un bollino diceva che il tal giorno l’MP Tal dei Tali (MP stava per Malato Potenziale) aveva ritirato il mezzo litro. La sua razione consentita.
“Tutto sterilizzato” disse la voce al di là della porta. E lo spioncino si chiuse.
La mano dell’uomo, che afferrava la bianca confezione del latte, passando attraverso il campo di forza mandò un bagliore azzurro.
Risalito sul monopattino, il vecchio si diresse verso casa, ma ecco che una pattuglia della Polizia Covidica lo intercettò.
“Motivo dell’uscita?” chiese l’agente in modo brusco.
Il vecchio mostrò il mezzo litro di latte e porse al poliziotto la tessera annonaria. Solito bagliore del campo di forza.
Al di là della protezione total body, che rendeva l’agente simile a uno spettro nero, due occhi viola scrutarono il cartoncino sgualcito.
“Lo sai – chiese l’agente con la tipica voce metallica dei rappresentanti della Polizia Covidica – che mancano solo tre minuti al coprifuoco?”.
Il vecchio, pur sapendo di avere di fronte un Automa Intelligente di categoria Due, dunque non particolarmente perspicace, assunse un tono contrito, come aveva imparato a fare per evitare guai.
“Lo so, agente, infatti mi stavo avviando rapidamente verso casa”.
“Rapidamente?” disse la voce metallica. “Con quel coso?” e indicò il monopattino elettrico.
“È un modello superato, ma ancora affidabile” disse il vecchio.
“Ah! Ah! Ah! Affidabile!”
Poi l’agente, tornato minaccioso, attaccò con la Canzone.
“Rossa è la regione…”
“… Pronta la prigione” continuò il vecchio.
“Ottimo è il decreto…”
“… e ben completo!” disse il vecchio.
“Se tu lo rispetterai…”
“… sull’Isola non finirai”.
“Bene”, disse l’agente. “Vedo che conosci la Canzone. E ora vattene!”
Il vecchio non se lo fece dire due volte e si inoltrò nella notte buia.
Pur abituato alla città deserta, si sentì pieno di desolazione e ripensò ai bei tempi, quando la Depressione Covidica era solo all’inizio e il Grande Virologo ancora non aveva assunto il controllo totale del paese attraverso il Decretatore.
Raggiunto il suo lugubre domicilio, al trentesimo piano del Falansterio, il vecchio disattivò il campo di forza, entrò e salutò il monopattino: “Buonanotte”.
Da quanto tempo parlava con il monopattino? Non lo ricordava. Forse dal sedicesimo lockdown.
Fece scaldare il latte, diede un’occhiata alla tessera annonaria (il razionamento era sempre più duro), sorbì la bevanda calda e si sentì rinfrancato. Avrebbe desiderato leggere, ma l’oscuramento era rigoroso. Si poteva finire sull’Isola dell’Afflizione anche solo per una candela. E i vicini erano pronti a denunciarti.
Il vecchio si ficcò a letto. Stanco, si addormentò quasi subito. E sognò.
L’Italia, non ancora acquistata dai cinesi, era una nazione quasi libera. Sebbene totalmente rossa (tranne la provincia di Isernia, che era arancione), aveva ancora, tanto per dire, un parlamento.
Nel sogno il vecchio passeggiava per Roma e incontrava molte persone. Certo, indossavano la mascherina d’ordinanza, ma dietro quel pezzo di stoffa si indovinavano volti rilassati. Le Guerre Civili erano di là da venire. Nonostante tutto, c’era fiducia. Unico segno di inquietudine, qua e là, i manifesti con le parole del Grande Virologo: “Taci, il Virus ti ascolta!”.
A quel tempo il chip sottocutaneo non era obbligatorio. Alcuni, per mostrarsi responsabili, se lo facevano installare, ma lui riuscì sempre a evitarlo. Poi però, dopo la Terza Guerra Civile, dovette sottoporsi all’operazione. In quell’occasione, naturalmente, gli fu anche iniettato il VD, il Vaccino Definitivo, prodotto in Cina. E da quel giorno rientrò nel gran numero dei Controllati.
Sognò il primo interrogatorio.
“Non è vero! Non ho il Virus! Non ho incontrato infetti! Sto benissimo!”
Ma non ci fu niente da fare. L’Inquisitore lo classificò come Asintomatico Pernicioso. E da allora la sua fu una vita di stenti, sempre in fuga dalla Polizia Covidica.
Vedendo in ogni cittadino un potenziale delatore, il vecchio non parlò più con nessuno. E quando il Grande Virologo assunse di fatto, mediante il Decretatore, i pieni poteri, lui era ormai una larva d’uomo. Una larva in monopattino. E meno male che con la pensione era riuscito a pagarsi un campo di forza personale.
“Però, realistico questo sogno” pensò il vecchio nel sogno stesso.
Poi un medico altissimo e grassissimo, un vero colosso, lo obbligò all’ennesimo tampone oro-nasofaringeo.
“In nome dell’Immunità, arrenditi!” gridava il colosso brandendo un’asta lunghissima.
“Nooo! Mi lasci! L’ho già fatto! Basta tamponiii!”
Il vecchio si svegliò di soprassalto. E subito ebbe paura. Qualcuno lo aveva forse sentito urlare “basta tamponi”? Si poteva finire sull’Isola dell’Afflizione per molto meno.
Indossò gli abiti logori e umidicci (il riscaldamento funzionava solo due giorni alla settimana, quando funzionava) e riprese a pensare al problema di sempre: come procacciarsi il cibo.
Aveva investito l’intera pensione nel campo di forza e gli erano rimasti solo pochi spiccioli.
Nella piazza centrale l’enorme videowall, prodotto in Cina, trasmetteva in continuazione le regole diramate dal Grande Virologo. Quand’ecco che sullo schermo, annunciato dal solito rullo di tamburi, fece irruzione il Decretatore.
Immediatamente, facendo attenzione a mantenere il distanziamento sociale previsto dall’ultimo Decreto (due metri, trentacinque centimetri e otto millimetri), alcuni Malati Potenziali volsero lo sguardo verso il volto mascherato del Decretatore. Il quale, con la sua ben nota cadenza apulo-foggiana, disse: “Miei buoni Malati Potenziali, a nome del Grande Virologo [qui fece un leggero inchino], e sempre per il vostro bene, sono addivenuto alla decisione di abolire il Natale tradizionale, per altro largamente in disuso. Ho dunque già firmato un apposito Decreto in base al quale quest’anno avremo un bellissimo Natale del Distacco. Distacco da noi, dal nostro egoismo, dalle cose. Distacco dal desiderio di possesso. Distacco dalle persone. Sono assolutamente certo che anche questa volta rispetterete le norme, da me predisposte, su impulso del Grande Virologo [inchino], per il bene comune. E i bambini che mi scrivono non abbiano timore: Babbo Natale ha l’autocertificazione. Ah! Ah! Ah! Dunque, cari Malati Potenziali, buon Natale del Distacco!”.
Il messaggio fu mandato in onda dieci volte di seguito, poi sul megaschermo tornò il volto del Grande Virologo, che riprese a elencare con voce stentorea le cosiddette Norme DC, ovvero del Decalogo Covidico.
Il vecchio, mantenendo un contegno imperturbabile ed evitando di pensare (il microchip registrava tutto, anche i pensieri più reconditi, e li inviava alla Centrale per la valutazione di idoneità), montò sul monopattino e si diresse verso l’estrema periferia. Dove, con un po’ di fortuna, avrebbe forse potuto trovare, al mercato neto, qualche grammo di zucchero e caffè.
Il messaggio del Decretatore lo aveva comunque sorpreso. Non tanto per i contenuti, perché ormai, anziano com’era, aveva fatto l’abitudine ai dettami morali e religiosi del Decretatore. D’altra parte, visto che i tre Papi se ne stavano rinchiusi nelle loro case e il culto era proibito da tempo, il Decretatore non aveva fatto altro che riempire il vuoto lasciato dalla NCMV, la Nuova Chiesa Misericordiosa e Virtuale. Il vecchio non era rimasto sorpreso nemmeno dallo sguardo del Decretatore, che cercava di essere compassionevole ma lasciava trasparire, a dirla tutta, una certa spietatezza. Nemmeno quella risata, che aveva un che di inumano, lo aveva meravigliato. No, non erano quelli i motivi della sua sorpresa. Il motivo era un altro: si era completamente dimenticato che stesse arrivando il Natale.
Aldo Maria Valli
Fonte: La verità, 18 novembre 2020
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