Monsignor Viganò: “McCarrick capro espiatorio. La sua filiera è ancora attiva. Il Rapporto è figlio della menzogna”

Cari amici di Duc in altum, monsignor Carlo Maria Viganò mi ha inviato questo testo, una vasta riflessione a margine del Rapporto McCarrick diffuso lo scorso 10 novembre dal Vaticano.
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A  margine del del Rapporto della Segreteria di Stato su Theodore McCarrick

Il Rapporto McCarrick pubblicato dalla Segreteria di Stato il 10 novembre 2020 è stato oggetto di molteplici commenti: alcuni ne rilevano le lacune, altri lo elogiano come prova della trasparenza di Bergoglio e dell’infondatezza delle mie accuse. Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti che meritano di essere approfonditi, e che non mi riguardano personalmente. Scopo di queste riflessioni non è quindi addurre ulteriori prove circa la falsità delle argomentazioni mosse nei miei confronti, quanto piuttosto evidenziare le incongruenze e i conflitti di interesse che sussistono tra chi giudica e chi è giudicato, tali a mio parere da inficiare l’indagine, il processo e la sentenza.

La terzietà dell’organo giudicante

Premetto che, a differenza di un normale processo civile o penale, nelle indagini ecclesiastiche vi è una sorta di diritto implicito alla credibilità nelle testimonianze rese dai chierici. Questo mi pare abbia consentito di considerare come prove anche le testimonianze di prelati che potrebbero trovarsi in una posizione di complicità nei riguardi di McCarrick e che quindi non avessero alcun interesse a rivelare la verità, anzi ne avrebbero tratto un danno per sé e per la propria immagine. Insomma, per prendere a prestito un’immagine di Collodi, è difficile pensare che il Gatto (Kevin Farrell) possa credibilmente scagionare la Volpe (Theodore McCarrick); eppure questo è avvenuto, così come è stato possibile ingannare Giovanni Paolo II sull’opportunità di nominare McCarrick cardinale arcivescovo di Washington, o Benedetto XVI sulla gravità delle accuse che gravavano sul porporato.

Si è ormai compreso che questo diritto alla credibilità con l’Argentino è assurto a dogma, forse l’unico che non è possibile mettere in dubbio nella chiesa della misericordia, specialmente quando le interpretazioni alternative della realtà – che i mortali chiamano prosaicamente menzogne – sono formulate proprio da lui.

Lascia inoltre sconcertati il fatto che la testimonianza di mons. Farrell in difesa di McCarrick sia stata riportata con enfasi – il vescovo è addirittura chiamato con il titolo di «Eccellentissimo» – ma che allo stesso tempo la testimonianza di James Grein sia stata completamente omessa, così come prudentemente si è scelto di non far deporre i segretari di Stato Sodano e Bertone. Né si comprende per quale motivo siano ritenute valide e credibili le parole di Farrell in difesa dell’amico e coinquilino, e non le mie, che pure sono arcivescovo e nunzio apostolico. L’unico motivo che riesco a individuare è che mentre le parole di Farrell confermano la tesi di Bergoglio, le mie la confutano e mostrano che a mentire non è stato solo il vescovo di Dallas.

Andrebbe poi ricordato che il card. Wuerl, successore di McCarrick sulla cattedra di Washington, si è dimesso il 12 ottobre 2018 a causa delle pressioni dell’opinione pubblica dopo le sue iterate negazioni di essere stato a conoscenza della condotta depravata del suo confratello. Eppure nel 2004 Wuerl aveva dovuto gestire la denuncia contro McCarrick di Robert Ciolek, un ex sacerdote della Diocesi di Metuchen, inviandola all’allora nunzio apostolico mons. Gabriel Montalvo. Nel 2009 fu Wuerl a ordinare il suo trasferimento dal seminario Redemptoris Mater alla parrocchia di San Tommaso Apostolo a Washington; e nel 2010 fu proprio Wuerl, assieme al pesidente della Conferenza episcopale, card. Francis George, a sconsigliare la Segreteria di Stato circa l’invio di un messaggio augurale a McCarrick in occasione del suo ottantesimo compleanno. Nel Rapporto è inoltre citata la corrispondenza tra il nunzio Sambi e Wuerl concernente il pericolo di scandalo intorno alla persona di McCarrick; lo stesso dicasi per la corrispondenza del card. Re, Prefetto della Congregazione per i vescovi, nella quale si conferma che Wuerl «ha costantemente favorito McCarrick anche quando non viveva in Seminario». Risulta quindi molto strano che i gravi sospetti che gravavano sul cardinale prima della mia nomina, ampiamente documentati nel Rapporto, siano considerati motivo di censura nei miei confronti – nonostante li avessi notificati nuovamente alla Segreteria di Stato – ma non nei confronti di Wuerl; il quale, anche dopo le dimissioni da arcivescovo di Washington, ha mantenuto i propri incarichi nei dicasteri romani, ivi compresa la Congregazione dei vescovi, in seno alla quale ha avuto voce in capitolo nella nomina dei presuli.

Non si comprende per quale motivo gli estensori del Rapporto siano così disinvolti nel giudicare Giovanni Paolo II per aver prestato fede alle parole del suo segretario in difesa di McCarrick, e così assolutori nei confronti di Bergoglio, nonostante si accumulassero dossier sul conto di Zio Ted, al quale il predecessore aveva chiesto di «tenere un basso profilo».

Credo sia giunto il momento di chiarire una volta per tutte la posizione dell’organo giudicante – rectius: di questo organo giudicante – rispetto all’imputato.

A norma del diritto, un giudice deve essere imparziale, e per essere tale non deve avere alcun interesse o legame con il giudicato. In realtà, questa imparzialità viene meno in uno dei processi più clamorosi della storia della Chiesa, quando gli scandali e i crimini contestati all’imputato sono di tale gravità da avergli meritato la deposizione da cardinale e la riduzione allo stato laicale.

L’assenza di una vera condanna

Occorre sottolineare l’estrema mitezza della condanna inflitta al reo, anzi si potrebbe dire la sua assenza, dal momento che l’imputato è stato solamente privato dello stato clericale con procedura amministrativa dal tribunale della Congregazione per la dottrina della fede ratificata come res iudicata da Bergoglio. Eppure sarebbe stato possibile condannarlo ad una pena detentiva, come fu fatto per il consigliere alla nunziatura di Washington, condannato nel 2018 a cinque anni di prigione in Vaticano per possesso e diffusione di materiale pedopornografico.

In verità, la dimissione dallo stato clericale rivela l’essenza di quel clericalismo – tanto deplorato a parole – che considera lo stato laicale quasi una punizione in sé, mentre dovrebbe essere la premessa per l’erogazione della sanzione penale. Tra l’altro, la mancata reclusione in carcere o quantomeno agli arresti domiciliari permette a McCarrick una totale libertà di movimento e di azione che mantiene inalterata la sua situazione: egli pertanto è in condizione di commettere nuovi reati e di continuare ad esercitare le sue attività criminali tanto in ambito ecclesiale quanto in ambito politico.

Infine, va ricordato che il processo canonico non fa venir meno le cause penali contro l’ex-porporato istruite nei tribunali americani, che stranamente languiscono nel massimo riserbo, a ulteriore dimostrazione del potere politico e dell’influenza mediatica di McCarrick non solo in Vaticano ma anche negli Stati Uniti.

Conflitti di interessi e omissioni

Risulta difficile guardare al “giudice” di questa causa senza considerare il fatto che egli possa trovarsi in una situazione di debito di riconoscenza verso l’imputato e i suoi complici. Che cioè egli si trovi in un palese conflitto di interessi.

Se Jorge Mario Bergoglio deve la propria elezione alla congiura della cosiddetta Mafia di San Gallo, della quale facevano parte cardinali ultra-progressisti in rapporto costante e assiduo con McCarrick; se gli endorsement di McCarrick al candidato Bergoglio hanno trovato ascolto negli elettori del Conclave e in coloro che hanno un potere di persuasione in Vaticano, ad esempio il famoso «Italian gentleman» cui alludeva il cardinale americano in una conferenza alla Villanova University; se la rinuncia di Benedetto XVI è stata in qualche modo provocata o favorita da un’interferenza della deep church e del deep state, è logico supporre che Bergoglio e i suoi collaboratori non abbiano alcuna intenzione di lasciar trapelare nel Rapporto né i nomi dei complici di McCarrick, né quanti lo hanno favorito nel suo cursus honorum ecclesiastico, né soprattutto coloro che dinanzi all’eventualità di una condanna potrebbero in qualche modo vendicarsi, ad esempio rivelando il coinvolgimento di personalità di spicco della curia romana, se non dello stesso Bergoglio.

In palese contraddizione con la conclamata pretesa di trasparenza, il Rapporto si è ben guardato dal rivelare gli atti del processo amministrativo. Ci si può quindi chiedere se la difesa di McCarrick abbia pattuito la condanna del proprio assistito in cambio di una pena irrisoria, che di fatto lascia il reo di così gravi delitti in totale libertà, evitando che le vittime abbiano a ricusare il “giudice” e ad esigere un giusto risarcimento. Di certo l’anomalia è evidente anche a chi non è esperto di diritto.

Cointeressenze tra deep church e deep state

In questa rete di complicità e ricatti si possono evidenziare legami del “giudice” e dell’imputato anche con la politica, in particolare con il Partito Democratico americano, con la Cina comunista e più in generale con i movimenti e partiti globalisti. Il fatto che nel 2004 McCarrick, allora Arcivescovo di Washington, abbia boicottato strenuamente la diffusione della lettera dell’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph cardinal Ratzinger, all’episcopato americano a proposito del divieto di amministrare la Comunione ai politici favorevoli all’aborto, rappresenta indubbiamente un assist ai politici Dem sedicenti cattolici, ad iniziare da John Kerry e per finire con Joe Biden. Quest’ultimo, convinto abortista, ha meritato l’appoggio quasi unanime della Gerarchia, potendo così contare sui voti di un elettorato altrimenti destinato a Trump. Strane coincidenze, ad onor del vero: da un lato il deep state ha colpito la Chiesa e Benedetto XVI con l’intento di eleggere Papa un rappresentante della deep church; dall’altro la deep church ha colpito lo Stato e Trump con l’intento di eleggere un rappresentante del deep state. Giudichi il lettore se i piani dei congiurati hanno raggiunto lo scopo prefisso.

Questa collusione con la Sinistra mondiale è il necessario corollario di un progetto più vasto, in cui le quinte colonne della dissoluzione penetrate in seno alla Chiesa collaborano attivamente con il deep state seguendo un unico copione (script) sotto un’unica regia (direction): i protagonisti di questa pièce hanno parti diverse ma seguono la medesima trama (plot) sullo stesso palcoscenico.

Analogie con la pandemia e i brogli elettorali

A ben vedere, anche la pandemia e i brogli elettorali negli Stati Uniti presentano inquietanti analogie con il caso McCarrick e con quanto avviene nella Chiesa. Chi deve decidere se confinare in casa o obbligare al vaccino l’intera popolazione si avvale di strumenti di rilevazione inaffidabili, proprio perché tramite questi riesce a falsare i dati, con la complicità dei media mainstream. Poco importa se il virus ha una mortalità simile a quella di un’influenza stagionale e se il numero dei decessi è in linea con gli anni precedenti: qualcuno ha deciso che c’è una pandemia e che si deve demolire l’economia mondiale per creare le premesse del Great Reset. Gli argomenti razionali, le valutazioni scientifiche, l’esperienza di scienziati seri impegnati nella cura dei pazienti non valgono nulla, dinanzi al copione che è stato imposto agli attori. Lo stesso avviene per le elezioni negli Usa: dinanzi all’evidenza della frode – che va acquisendo i contorni di un vero e proprio colpo di stato da parte di menti criminali – i media si ostinano a presentare Joe Biden come il vincitore, e i leader mondiali – ivi compresa la Santa Sede – si affrettano a riconoscergli la vittoria, a screditare gli avversari Repubblicani, a presentare Trump come un prepotente solitario che sta per esser abbandonato dai suoi e dalla stessa First Lady. Poco importa che su internet si vedano decine e decine di video con le irregolarità commesse durante le operazioni di spoglio, o che vi siano centinaia di testimonianze sui brogli: i Dem, i media e tutto il cast ripetono che Biden è presidente eletto e che Trump deve farsi da parte. Perché, nel regno della menzogna, se la realtà non corrisponde alla narrazione, è la realtà che va corretta e censurata. Così milioni di persone in piazza per protestare contro il lockdown o contro le frodi elettorali non esistono, per il semplice fatto che il mainstream non li mostra in tv e li censura su internet; e quello che esso denuncia come fake news va acriticamente considerato tale.

L’asservimento di parte della Gerarchia

Non stupisce quindi se la Conferenza episcopale americana, seguita a ruota da Vatican News e da una telefonata affettuosa di Bergoglio a Biden, si affretti a dare prova di fedeltà al sistema: questi ecclesiastici sono intrinsecamente coinvolti e devono attenersi scrupolosamente alla parte che è stata loro affidata. Hanno fatto lo stesso, a livello globale, assecondando le restrizioni per il Covid con la chiusura delle chiese, ordinando la sospensione delle celebrazioni e addirittura invitando i fedeli a obbedire alle autorità civili. L’arcivescovo di Washington si è permesso di criticare la visita ufficiale della coppia presidenziale al Santuario San Giovanni Paolo II e si è espresso, assieme ad altri vescovi e chierici, a favore dei Black Lives Magtter: tanta abnegazione per la causa gli ha meritato la sacra porpora proprio in questi giorni. E non a caso l’adesione all’agenda globalista viene da parte di personaggi ampiamente compromessi nell’appoggiare i movimenti Lgbtq, ad iniziare da Cupich, Tobin, Wuerl, McElroy e Stowe. Ed è significativo l’assordante silenzio della Santa Sede e dell’episcopato mondiale dinanzi ai problemi etici che pongono i vaccini di imminente distribuzione, nei quali sono presenti cellule di feti umani abortiti. Dio non voglia che la speculazione delle case farmaceutiche sulla pandemia veda anche la deep church destinataria di generose elargizioni, come già accaduto con l’accordo tra Cina e Vaticano.

I vizi e la corruzione trovano accomunati deep church e deep state, in una cloaca di crimini e peccati ripugnanti, dove gli indifesi e i bambini sono le vittime di sfruttamento, violenze e molestie compiuti da personaggi che allo stesso tempo promuovono l’aborto, l’ideologia gender e la libertà sessuale dei minori, ivi compresa quella di cambiare sesso.

Anche l’immigrazione clandestina – favorita per destabilizzare le nazioni e cancellarne l’identità – trova concordi la Sinistra e la chiesa di Bergoglio, nonostante essa sia direttamente connessa al traffico di minori, all’aumento della criminalità e alla distruzione del tessuto sociale. Anzi: proprio per questo motivo la si vuole favorire, così come si vuol favorire lo scontro politico per le elezioni Usa, la crisi economica con la gestione criminale della pandemia e possibilmente anche la guerra religiosa con gli attentati di matrice islamica e le profanazioni di chiese in tutta Europa.

Necessità di uno sguardo d’insieme

Desta altresì grande sconcerto che, in questo quadro perfettamente coerente, vi siano molti prelati – se non la quasi totalità – che si limitano ad analizzare gli eventi che toccano la Chiesa cattolica quasi come fossero a sé stanti, come se non avessero alcuna relazione con gli eventi politici e sociali che si svolgono a livello mondiale. Ci sono vescovi che formulano qualche timida presa di posizione dinanzi alle parole di Bergoglio per la legalizzazione delle unioni civili, o per le incongruenze e le falsificazioni che emergono nel Rapporto McCarrick; ma nessuno di essi, ancorché animato da buone intenzioni, osa denunciare l’evidenza dei fatti, ossia l’esistenza di un pactum sceleris della parte deviata della Gerarchia – la deep church, appunto – con la parte deviata dello Stato, del mondo della finanza e dell’informazione. Eppure è talmente evidente da esser stata oggetto di analisi da parte di numerosi intellettuali, per lo più laici.

La perdita di credibilità

Questo dev’essere denunciato ad alta voce: il Rapporto stilato dalla Segreteria di Stato è un indecoroso e maldestro tentativo di dare una parvenza di credibilità a un’accolita di pervertiti e corrotti al servizio del Nuovo Ordine Mondiale. La cosa surreale è che questa operazione di impudente mistificazione non è portata avanti dall’imputato, ma da quanti lo devono giudicare, e con esso dovrebbero giudicare paradossalmente se stessi, i propri confratelli, i propri amici, coloro ai quali essi hanno garantito impunità, promozioni e carriera.

Questa credibilità degli estensori del Rapporto dovrebbe esser mostrata nella mite condanna di un prelato organico al sistema, che lo stesso Bergoglio ha inviato come interlocutore della Santa Sede con la dittatura comunista cinese, e che allo stesso tempo svolgeva incarichi ufficiali per il Dipartimento di Stato americano, frequentava i Clinton, Obama, Biden e i Democratici. Questa credibilità dovrebbe essere confermata dall’avere semplicemente privato della dignità cardinalizia e dello stato clericale un omosessuale corrotto, un molestatore di giovani e fanciulli, un corruttore di chierici e seminaristi, senza alcuna pena detentiva e senza comminargli la scomunica per i delitti di cui si è macchiato, ivi compresa la «sollicitatio ad turpia» in Confessione, uno dei crimini più odiosi che un sacerdote possa commettere. In questo “processo” tanto sommario quanto omissorio, la dimensione spirituale della colpa è totalmente assente: al colpevole non è stata comminata la scomunica, che è sanzione eminentemente medicinale in ordine alla salvezza eterna, né lo si è esortato alla penitenza, alla pubblica ammenda e alla riparazione.

Una commissione indipendente

Quando nel dopoguerra venne celebrato il processo di Norimberga contro i crimini del nazismo, la corte fu presieduta da un giudice russo, incaricato di giudicare l’invasione della Polonia che la Germania, come sappiamo, si spartì proprio con la Russia. Non mi pare vi siano molte differenze con quanto vediamo accadere oggi, nel tentativo di far ricadere le responsabilità del caso McCarrick su Giovanni Paolo II, su Benedetto XVI e sul sottoscritto. L’unico che nella narrazione della Segreteria di Stato non può essere toccato da alcun sospetto, da alcuna accusa anche solo indiretta, da alcuna ombra di insabbiamento dovrebbe ovviamente essere l’Argentino.

Sarebbe quanto mai opportuno che si costituisse una Commissione indipendente – così come già auspicato dall’episcopato americano nel novembre del 2018 e come fermamente impedito dalla Congregazione dei vescovi su ordine di Bergoglio – che indagasse su questo caso senza subire influenze esterne e senza nascondere prove determinanti. Dubito tuttavia che improbabili auspici della Conferenza episcopale statunitense troverebbero ascolto, dal momento che tra i porporati del prossimo concistoro vi è l’arcivescovo di Washington, esecutore degli ordini di Santa Marta, che viene ad aggiungersi ai fedelissimi Cupich e Tobin.

Se si facesse davvero luce sull’intera vicenda, crollerebbe il castello di carte costruito in questi anni, e con esso emergerebbero complicità di esponenti della Gerarchia a livelli altissimi, oltre ai legami con i Democratici americani e con la Sinistra mondiale. Si confermerebbe, insomma, quello che molti non osano ancora ammettere, e cioè quale sia il ruolo svolto dalla deep church, sin dall’elezione di Giovanni XXIII, nel creare le premesse teologiche e il clima ecclesiale che consentissero di rendere la Chiesa serva del Nuovo Ordine Mondiale, e di sostituire il Papa con il falso profeta dell’Anticristo. Se questo non è ancora completamente avvenuto, ne dobbiamo rendere grazie soltanto alla Provvidenza.

Onestà intellettuale

Immagino che i moderati – oggi tanto silenti dinanzi al Covid quanto nel deplorare i brogli elettorali o la farsa del Rapporto McCarrick – inorridiscano al solo sentir chiamare in causa il Concilio Vaticano II. Inorridiscono anche i Democratici a sentir criticare le leggi grazie alle quali gli Stati Uniti sono giunti a veder sovvertita la volontà degli elettori. Inorridiscono i sedicenti esperti nel veder contestate le loro affermazioni che contrastano con la verità scientifica e con l’evidenza epidemiologica. Inorridiscono i fautori dell’accoglienza dei clandestini, quando si mostrano loro le percentuali di omicidi, stupri, violenze e rapine compiute da immigrati irregolari. Inorridiscono gli esponenti della lobby gay, quando si evidenzia che i reati penali di matrice predatoria compiuti da chierici riguardano una percentuale altissima di omosessuali. In questo generale stracciarsi le vesti, vorrei ricordare che basterebbe avere un po’ di onestà intellettuale e un po’ di giudizio critico per guardare in faccia l’evidenza dei fatti, ancorché dolorosa.

Il legame tra eresia e sodomia

Questo legame intrinseco tra deviazione dottrinale e deviazione morale è emerso nella sua evidenza in occasione dello scontro frontale con gli insabbiatori del caso McCarrick: le persone coinvolte sono quasi sempre le stesse, con gli stessi vizi contro la fede e la morale. Esse si difendono, si coprono e si promuovono a vicenda, perché fanno parte di una vera e propria «lobby», intesa come gruppo di potere in grado di influenzare a proprio vantaggio l’attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi dell’amministrazione.

In campo ecclesiastico, questa lobby agisce per cancellare la condanna morale della sodomia, e lo fa prima di tutto a proprio vantaggio, essendo composta principalmente da sodomiti. Essa si adegua all’agenda politica nel legittimare le istanze dei movimenti Lgbtq, promosse da politici non meno viziosi. Ed è altresì evidente il ruolo che ha avuto in questi decenni la Chiesa cattolica – o meglio: la sua parte deviata moralmente e dottrinalmente – nell’aprire la finestra di Overton sull’omosessualità, in modo che il peccato contro natura che essa ha sempre condannato fosse in qualche modo sconfessato dall’evidenza degli scandali via via emergenti. Se quarant’anni fa destava orrore apprendere delle molestie compiute da un prete su un ragazzino, da qualche anno la cronaca ci informa dell’irruzione della Gendarmeria vaticana nell’appartamento del segretario del cardinale Coccopalmerio nel palazzo del Sant’Uffizio, dove si teneva un festino di chierici con droga e prostituti. Da qui a legittimare la pedofilia, come vorrebbero alcuni politici, il passo sarà relativamente breve: le premesse poste dalla teorizzazione di presunti «diritti sessuali» dei minori, l’imposizione dell’educazione sessuale nelle scuole primarie su raccomandazione dell’Onu e i tentativi di legiferare nei parlamenti per abbassare l’età del consenso vanno tutti nella medesima direzione. Qualche ingenuo – ammesso che di ingenuità ancora si possa parlare – dirà che mai la Chiesa potrà dirsi favorevole alla corruzione dei bambini, perché ciò contraddirebbe l’ininterrotto magistero cattolico; io mi limito a ricordare ciò che solo qualche anno fa si diceva a proposito dei cosiddetti «matrimoni» omosessuali, o sull’ordinazione delle donne, il celibato ecclesiastico, l’abolizione della pena di morte, e ciò che viceversa si afferma impunemente oggi, col plauso del mondo.

La “filiera” di McCarrick

Quello che va segnalato nel Rapporto non è tanto ciò che esso contiene, quanto piuttosto ciò che esso tace e nasconde sotto una montagna di documenti e testimonianze, per quanto raccapriccianti esse siano. Molti giornalisti e moltissimi ecclesiastici erano a conoscenza della vita scandalosa dell’«uomo con il cappello rosso», ma cionondimeno lo consideravano machiavellicamente utile agli interessi del Partito Democratico espressione del deep state e del progressismo cattolico espressione della deep church. Scriveva il Washingtonian nel 2004: «Con un cattolico controverso nella corsa presidenziale [John Kerry], il cardinale è visto da molti come l’uomo del Vaticano a Washington – e potrebbe svolgere un ruolo importante nella selezione del prossimo Papa» (qui). Un ruolo da lui orgogliosamente rivendicato nel discorso tenuto l’11 Ottobre 2013 alla Villanova University e che oggi, con il card. Farrell assurto a camerlengo di Santa Romana Chiesa su nomina di Bergoglio, potrebbe riconcretizzarsi. Dati i rapporti di fedeltà che si consolidano tra i membri della «lavender mafia», è quantomeno ragionevole pensare che McCarrick sia ancora in grado di intervenire nell’elezione del pontefice non solo grazie alla rete di amici e complici, alcuni dei quali cardinali elettori, ma anche attivamente nelle procedure del conclave e nella sua stessa preparazione.

Potremmo stupirci se, dopo aver constatato i brogli elettorali nell’elezione del presidente degli Stati Uniti, “qualcuno” cercasse di manipolare anche l’elezione del sommo pontefice? Non dimentichiamo che, come già rilevato da più parti, alla quarta votazione del secondo giorno, nell’ultimo conclave emerse una irregolarità nel computo delle schede, sanata con una nuova votazione in deroga a quanto previsto dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996.

È comunque significativo che, se da un lato McCarrick ora è estromesso dalle sue funzioni e risiede in una località segreta (dove peraltro egli può continuare indisturbato la propria attività para-diplomatica per conto del deep state e della deep church nelle anonime vesti di laico), dall’altro sono tutt’ora al loro posto, ed anzi vengono promossi, quanti proprio grazie a McCarrick hanno fatto carriera nella Chiesa: tutti personaggi che egli ha favorito in ragione di un comune stile di vita e di comuni intenti; tutti ricattabili e ricattatori, per via dei segreti dei quali sono venuti a conoscenza grazie alla loro posizione; tutti pronti a tirar fuori nomi e circostanze e date, se solo qualcuno osasse toccarli. Alcuni potrebbero forse essere costretti ad obbedire al signor McCarrick, se questi può tenerli sotto ricatto o corromperli con l’ingente denaro a sua disposizione, anche ora che non è più un principe della Chiesa.

La “filiera” cui questo cardinale ha dato origine è oggi in grado – come vediamo – di interferire ed operare nella vita della Chiesa e della società, col vantaggio di aver scaricato su un comodo capro espiatorio le colpe dell’intera «lavender mafia» e di poter oggi apparire essa stessa come estranea alle accuse di abusi. Ma basta varcare i cancelli di Porta Angelica per imbattersi in personaggi impresentabili, alcuni dei quali sono stati chiamati in Vaticano per sottrarli alle indagini che pendevano su di loro all’estero; altri sono addirittura assidui di Santa Marta o vi svolgono mansioni dirigenziali, consolidando la rete di connivenze e complicità sotto gli occhi indulgenti del principe. D’altra parte, l’enfasi sul ruolo moralizzatore di Bergoglio si infrange sulla cruda realtà che nulla è mai davvero cambiato dietro le alte mura leonine, vista la protezione di cui godono, tra gli altri, Peña Parra e Zanchetta.

La mancata condanna della sodomia

Giustamente alcuni commentatori hanno evidenziato un dato sconsolante: i delitti per i quali McCarrick è stato chiamato in giudizio riguardano solo gli abusi su minori, mentre i rapporti contro natura compiuti con adulti consenzienti sono tranquillamente accettati e tollerati, quasi siano da deplorare non gli atti immorali e sacrileghi della sodomia di un chierico, ma la sua imprudenza nel non averli saputi tenere nel segreto delle mura domestiche. Anche di questo, a suo tempo, si dovrà chiedere conto ai responsabili. Soprattutto in considerazione della sempre più palese volontà di Bergoglio di applicare un approccio pastorale lassista – secondo il metodo sperimentato di Amoris laetitia –in deroga alla condanna morale della sodomia.

I colpevoli e le vittime degli scandali 

La cosa paradossale che emerge dagli scandali del clero è che l’ultima preoccupazione del cerchio magico di Bergoglio è di dare giustizia alle vittime, non solo risarcendole (cosa che peraltro non fanno i colpevoli, ma le diocesi, con i beni donati dai fedeli) ma anche punendo in modo esemplare i responsabili. E si dovrebbero punire non solo i delitti riconosciuti come crimini penali dalle legislazioni degli Stati, ma anche quelli morali, a causa dei quali persone non minorenni sono state indotte in peccato grave da ministri sacri. Chi sanerà le ferite dell’anima, le macchie alla purezza di tanti giovani, tra i quali anche seminaristi e sacerdoti? Pare invece che si sentano vere vittime coloro che sono stati scoperti ed esposti all’esecrazione pubblica: essi si sentono colpiti nei loro interessi, nei loro traffici, nei loro intrighi; mentre vengono considerati colpevoli coloro che hanno denunciato gli scandali, quelli che chiedono giustizia e verità, ad iniziare dai sacerdoti trasferiti o privati della cura d’anime perché avevano osato informare il loro Vescovo delle perversioni di un loro confratello.

La Santa Chiesa è vittima dei crimini dei suoi ministri

Ma c’è un’altra vittima, completamente innocente, di questi scandali: la Santa Chiesa. L’immagine della Sposa di Cristo è stata infangata, oltraggiata, umiliata e screditata, perché chi ha commesso questi delitti ha agito sfruttando la fiducia verso l’abito che indossa, utilizzando il proprio ruolo di sacerdote o di prelato per irretire e corrompere le anime. Di questo discredito della Chiesa sono responsabili anche quanti in Vaticano, nelle diocesi, nei conventi, nelle scuole cattoliche e nelle organizzazioni religiose – pensiamo ai Boy Scout – non hanno estirpato sul nascere questa piaga, ma l’hanno anzi nascosta e negata. È ormai evidente che questa invasione di omosessuali e pervertiti è stata programmata e voluta: non si tratta di un evento fortuito che si è verificato solo per l’omissione di controlli, ma di un preciso piano di infiltrazione sistematica della Chiesa per demolirla dall’interno. E di questo risponderanno al Signore coloro ai quali Egli ha affidato il governo della Sua Sposa.

In tutto questo, tuttavia, i nostri avversari dimenticano che la Chiesa non è un insieme di persone senza volto che obbediscono ciecamente a mercenari, ma un Corpo vivo con un Capo divino, Nostro Signore Gesù Cristo. Pensare di poter uccidere la Sposa di Cristo senza che lo Sposo intervenga è un delirio che solo Satana può credere possibile. Anzi si accorgerà che proprio nel crocifiggerla, nel coprirla di sputi e di colpi di flagello come duemila anni fa crocifisse il Salvatore, egli sta siglando la propria sconfitta definitiva. O mors, ero mors tua: morsus tuus ero, inferne.

+ Carlo Maria Viganò, arcivescovo

21 novembre 2020

Presentazione della Beatissima Vergine Maria

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Un libro da non perdere.

Nell’ora della prova (Chorabooks) di Carlo Maria Viganò,

a cura di Aldo Maria Valli.

Per conoscere meglio monsignor Viganò, capire le sue ragioni, valutare la portata dei suoi interventi. Un libro che gli storici della Chiesa dovranno prendere seriamente in considerazione quando studieranno il pontificato di Bergoglio e ricostruiranno i drammatici passaggi che stanno caratterizzando questi nostri anni.

Nell’ora della prova può essere ordinato qui in formato cartaceo e qui in formato Kindle 

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Vi ricordo poi il mio saggio Virus e Leviatano (Liberilibri, 108 pagine, 11 euro). Una riflessione sull’uso politico e sociale della pandemia. Ovvero, ecco a voi il dispotismo statalista, condiviso e terapeutico che minaccia democrazia e libertà.

Arrivato alla terza ristampa, lo si può acquistare qui, qui e qui oltre che su tutte le altre piattaforme per la vendita di libri e, ovviamente, nelle librerie.

I miei ultimi libri

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