“Christus vincit”. Il trionfo di Cristo sulle tenebre del mondo nelle parole del vescovo Schneider
Se volete fare una lettura veramente edificante, oppure regalarla per Natale, vi consiglio Christus vincit. Il trionfo di Cristo sulle tenebre del nostro tempo, il bellissimo libro (edito da Fede & Cultura, 384 pagine, 25 euro) nel quale monsignor Athanasius Schneider, rispondendo alle domande di Diane Montagna, propone un’analisi lucidissima della situazione attuale in merito alla Chiesa cattolica, ma senza mai cadere nello sconforto, bensì offrendo motivi di speranza.
In Christus vincit per la prima volta monsignor Schneider, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima ad Astana, nel Kazakistan, non solo apre il suo cuore, ma racconta la sua vita, la sua vocazione, e analizza i mali della Chiesa alla luce di una fede solida, temprata nella Chiesa clandestina del Kyrgyzstan (allora parte dell’Unione Sovietica), dove Athanasius, discendente di una famiglia tedesca emigrata dall’Alsazia a Odessa e poi deportata nei gulag staliniani, nacque nel 1961.
Come il santo Atanasio del quale porta il nome, il vescovo Schneider non desidera altro che applicare il monito di Paolo: “Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina” (2 Tim 4,2). Ecco perché non teme di andare controcorrente, rispetto non solo al mondo, ma anche a una Chiesa secolarizzata sempre più impegnata non ad annunciare Gesù, ma a compiacere il pensiero dominante.
Come ricorda Diane Montagna, giornalista americana da anni corrispondente da Roma, già nel 1903, nella sua prima enciclica, la E supremi, san Pio X spiegava che all’inizio del secolo si stava addensando una tale tempesta di errori da lasciar supporre che l’Anticristo fosse arrivato su questa terra. Oggi, più di cent’anni dopo, vediamo che la tempesta infuria anche all’interno della Chiesa con il dominio di secolarismo, antropocentrismo e relativismo. Come dice monsignor Schneider, lo slogan di questo atteggiamento è “Sono io a decidere ciò che è vero”. Che lo dica il mondo non può stupire. Stupisce, e addolora, che il relativismo sia attivamente sostenuto e alimentato dalla Chiesa, un atteggiamento, spiega il vescovo, alla base del quale c’è la totale perdita della dimensione soprannaturale.
Tra i giudizi imperdibili di Schneider segnalo quello sulla politica dei sinodi, la tanto decantata sinodalità. “A dire il vero – spiega seraficamente e onestamente il vescovo – gli incontri e i sinodi episcopali mi annoiano”. Sono infatti dominati “da un attivismo frenetico” e “offrono l’impressione di un’enorme ostentazione clericale”. Molto meglio, suggerisce, sarebbe incontrare i semplici fedeli cattolici, i giovani, le famiglie con bambini, i fedeli “assetati della bellezza di Dio, della bellezza della verità e della vita cattolica, della bellezza della liturgia”. Perché questi fedeli, pur dimenticati, maltrattati e confusi, ci sono ancora.
Ma con il suo j’accuse il vescovo non si ferma qui. A proposito del continuo ricorso ai sinodi e all’assemblearismo voluto da Francesco, Schneider aggiunge: “Per me è un segno: quando c’è carenza di fede e di desiderio del soprannaturale, carenza di amore per la preghiera, per la penitenza e per l’evangelizzazione diretta, allora i vescovi e coloro che governano la Santa Sede si gettano in attività frenetiche: sinodi, documenti, eventi continui”. Ecco, ancora una volta, l’uomo, l’umano protagonismo, al posto di Dio. Un meccanismo che Schneider paragona a una biciletta con la catena rotta: per quanto uno pedali, le ruote non girano e si resta fermi.
Nell’analisi di Schneider non poteva mancare uno sguardo al Concilio Vaticano II, anzi ben più di uno sguardo. Tutto un capitolo è dedicato all’argomento e, anche in questo caso, il vescovo non teme di dire la verità: il Concilio “sul piano dei fatti, dell’evidenza concreta, non ha portato un reale progresso spirituale nella vita della Chiesa”. Anzi, “dopo il Concilio si è scatenato un disastro pressoché a ogni livello della vita ecclesiale”.
Una delle luci del Vaticano II è stata l’enfasi posta sulla chiamata universale alla santità, e oggi, osserva Schneider, è proprio l’ora dei laici. Ci troviamo in una “situazione grottesca”: tocca alle pecore smascherare i lupi che si sono infiltrati nel gregge, “vale a dire cardinali, vescovi e sacerdoti miscredenti, apostati e dissoluti”.
Ed è paradossale che proprio i modernisti, che fino a ieri si riempivano la bocca con il protagonismo dei laici, adesso facciano intendere che i laici non si devono immischiare. Un segno di smisurato clericalismo da parte di quella che Schneider chiama la nomenklatura, l’establishment ecclesiastico progressista.
“Credo che il prossimo papa – dice Schneider gettando uno sguardo al dopo Francesco – dovrà essere pronto a morire in difesa di Cristo, della verità. Il papa dovrà chiedere a un vescovo o a un cardinale eretici di ritrattare pubblicamente i propri errori e, in caso di rifiuto, dovranno essere deposti. Se un papa agisse in questo modo, vescovi e cardinali non oserebbero dire o insegnare errori dottrinali ed eresie, avvelenando spiritualmente i fedeli”. Anche perché “più di ogni altra cosa al mondo” un gran numero di vescovi e cardinali “ama la poltrona, cioè la posizione di carriera” raggiunta.
A giudizio del vescovo Schneider, dopo le tre grandi crisi precedenti (l’ariana nel IV secolo, quella dell’epoca oscura nel X secolo e quella dell’esilio avignonese), oggi la Chiesa è alle prese con una quarta grande crisi, “un tremendo stato di confusione riguardo alla dottrina, alla morale e alla liturgia”. Il virus che ha infettato la Chiesa è il “naturalismo egoistico”, accompagnato dall’”adattamento allo spirito del mondo miscredente”, tanto che “il clero in posizione di responsabilità piega le ginocchia di fronte al mondo”. Ma la crisi attuale, tra le quattro, è la più grave, perché si risolve nella sistematica negazione di qualsiasi verità, a qualsiasi livello: dogmatico, morale e liturgico. “Il relativismo e l’indifferentismo religioso secondo cui Dio vuole positivamente la diversità delle religioni implica in definitiva la negazione del solenne e vincolante comando divino di Cristo di evangelizzare i popoli di ogni nazione e religione, senza eccezioni”. In questa crisi, in questa negazione totale della verità, come Chiesa siamo ormai immersi da più di mezzo secolo, ma “Dio avrà misericordia di noi e la crisi lentamente giungerà al termine tra dieci, venti o trent’anni. Dio sa e interverrà a suo tempo, come ha già fatto frequentemente nel corso della storia”.
Aldo Maria Valli
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