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Domande sulla Messa di mezzanotte negata / Ma la Santa Sede e la Chiesa cattolica sono ancora indipendenti e sovrane oppure ormai asservite allo Stato?

Cari amici di Duc in altum, ricevo da Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita, questa riflessione che volentieri vi propongo.

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La vergognosa inettitudine con cui viene gestita l’emergenza Covid-19 da parte del governo italiano sembra non avere limiti. Si rischia di passare sempre più dalla tragedia alla farsa. Prendiamo a esempio la questione delle celebrazioni liturgiche della vigilia di Natale. Pare che il coprifuoco delle ore 22 sia irremovibile. Quindi, niente Santa Messa di mezzanotte. Sul punto, un ministro soi-disant “cattolico”, tale Francesco Boccia, se ne è uscito con una battuta di pessimo gusto affermando, tra l’irriverente e il blasfemo, che «far nascere Gesù Bambino due ore prima non è un’eresia». La vera idiozia, però, è pensare che la carica virale possa essere legata a un orario. Nessuno ha ancora spiegato scientificamente quale possa essere la differenza – in termini di rischi epidemiologici – tra una Messa celebrata alle 19, alle 20 o alle 22 e una celebrata alle 23 o alle 24. Il punto, semmai, è adottare i dovuti accorgimenti (distanziamento, mascherina, sanificazione eccetera), indipendentemente dall’ora in cui si celebra. Ma questo sembra davvero difficile da far comprendere ai componenti del governo. Surreale, invece, è l’atteggiamento dell’attuale gerarchia cattolica, la quale continua a mostrare un’arrendevolezza remissiva, nei confronti delle istituzioni civili, che si pone ormai oltre il limite della codardia. E della decenza. Uso questo termine mutuandolo dal professor Paolo Becchi che ha definito proprio «farsa indecente» l’intera vicenda, arrivando ad affermare che «una Chiesa che non reagisce ora non è più “il Corpo di Cristo”» perché  «ci sono valori e tradizioni non negoziabili».

Per la verità la Chiesa ha reagito, ma con questo comunicato ufficiale: «La Conferenza episcopale italiana avrà modo nei suoi organismi istituzionali di monitorare la situazione epidemiologica e confrontarsi sulle modalità di celebrare i riti natalizi in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme, come finora avvenuto. (…) È desiderio della Conferenza episcopale italiana continuare la valida collaborazione, in ascolto reciproco, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero degli Interni e il Comitato tecnico-scientifico».

Questo ulteriore atteggiamento remissivo torna a rendere attuale tre domande poste qualche mese fa da alcuni cattolici e rimaste – come pare essere ormai prassi – senza alcuna risposta.

Reiteriamole, allora, queste domande.

1) Primo quesito.

Tra la Repubblica italiana e la Santa Sede esiste un trattato internazionale, noto come Concordato Lateranense, modificato nel 1985 attraverso quello che la storia conosce come “Accordo di Villa Madama”, voluto dall’allora presidente del Consiglio dei ministri Bettino Craxi. Quell’accordo, riconfermando alcuni importanti diritti dei Patti Lateranensi, riconosceva fin dall’art. 1 che «La Repubblica italiana e la Santa Sede sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Si tratta, pertanto, di un trattato internazionale tra due soggetti «indipendenti e sovrani». In questo accordo, peraltro, è espressamente sancito che «la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione», assicurando in particolare «alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica» (art.2). Ora, è accaduto che il governo italiano, attraverso semplici atti amministrativi – peraltro di dubbia costituzionalità – quali i decreti del  presidente del Consiglio dei ministri Conte, abbia palesemente violato l’Accordo sottoscritto con la Santa Sede, disponendo unilateralmente la sospensione del «pubblico esercizio del culto», e stabilendo quali celebrazioni potessero essere svolte e a quali condizioni.

È come se, per esempio, in un trattato internazionale tra l’Italia e la Francia il nostro Paese avesse violato uno dei punti dell’accordo. È difficile non immaginare reazioni da parte dell’altro Stato contraente. Per non parlare di ciò che potrebbe accadere se l’Italia decidesse unilateralmente di non rispettare un trattato europeo.

La domanda che alcuni cattolici vorrebbe porre è la seguente: perché la Santa Sede non ha formalmente denunciato la violazione del Concordato con la Repubblica italiana?

2) Secondo quesito.

Il trattato internazionale tra Italia e Vaticano prevede all’art.14 che in caso di violazioni, difficoltà di interpretazione o di applicazione degli accordi stipulati le parti contraenti affidino «la ricerca di un’amichevole soluzione ad una Commissione paritetica da loro nominata».

A questo riguardo, la domanda che alcuni cattolici vorrebbero porre è: perché la Santa Sede, di fronte alla violazione del governo italiano, non ha attivato la procedura dell’art.14, richiedendo la nomina della Commissione paritetica per dirimere la controversia?

3) Terzo quesito.

Tutti i trattati internazionali, come il Concordato tra Italia e Vaticano, sono soggetti al rischio della disapplicazione e della desuetudine. Per mantenere gli effetti giuridici del Concordato non è sufficiente la sua pacifica applicazione da parte dei contraenti, ma è necessaria, piuttosto, la denuncia – nelle forme previste dagli stessi Trattati o comunque contemplate dal diritto internazionale – delle violazioni e delle disapplicazioni, al fine di costringere il contraente inadempiente a rispettare i patti.

La domanda che alcuni cattolici vorrebbero porre è la seguente: la Santa Sede intende far cessare gli effetti del Concordato per disapplicazione e desuetudine? Non è più interessata a quel particolare trattato internazionale? La grave inerzia di fronte alle violazioni del governo italiano è dovuta ad una limitata conoscenza giuridica o ad una deliberata volontà di non volersi più avvalere dei diritti e delle prerogative contemplate nel Concordato? Se, infatti, si trattasse di una precisa volontà, sarebbe giusto comunicarlo esplicitamente ai fedeli. E sarebbe anche opportuno essere consapevoli di tutte le conseguenze pratiche di tale rinuncia. Alcuni esempi per capire.

La rinuncia al Concordato farebbe venire meno il terzo comma dell’art.2 che garantisce «ai cattolici e alle loro associazioni ed organizzazioni la piena libertà di riunione o di manifestazione del pensiero», farebbe cessare anche l’art.4 il quale prevede che gli «ecclesiastici non sono tenuti a dare a magistrati o ad altra autorità informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del loro ministero». Verrebbero meno anche gli effetti dell’art.5 che sancisce «il divieto di requisizione, occupazione, espropriazione o demolizione degli edifici aperti al culto in mancanza di previo accordo con la competente autorità ecclesiastici», e che «salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica».

Il protocollo sottoscritto il 7 maggio 2020 tra il presidente del Consiglio dei ministri, il ministro dell’Interno e il presidente della Conferenza episcopale italiana non è stato fatto rientrare nel quadro del trattato internazionale tra Stato e Chiesa. Quello stesso protocollo – che non a caso omette qualunque riferimento o rinvio al Concordato lateranense e al successivo Accordo di revisione – potrebbe domani essere invocato come prova della volontà di far cessare gli effetti dei citati patti internazionali per disapplicazione e desuetudine.

La questione è molto semplice: la Santa Sede si ritiene ancora uno Stato indipendente e sovrano? E la Chiesa cattolica italiana intende ancora essere riconosciuta dallo Stato italiano come un’istituzione «indipendente e sovrana» in virtù di un trattato internazionale, o si accontenta di essere trattata come qualunque altra istituzione? Sono domande lecite a cui pare doveroso rispondere in maniera chiara, esplicita ed onesta. Anche se ormai sappiamo già che da Oltretevere nessuno batterà un colpo.

Gianfranco Amato

presidente Giuristi per la vita

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