L’entropia e la grazia
Cari amici di Duc in altum, riprendo dal sito Wanderer questo articolo sulla Chiesa e il dopo Bergoglio.
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A partire dal Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha subito un processo all’insegna del disordine tendente alla dissoluzione, con un’accelerazione drammatica dovuta al pontificato di Francesco. Quando pensiamo a ciò che troverà il prossimo papa, se ce ne sarà uno, tendiamo a convincerci che il suo primo e unico compito sarà la restaurazione. Subito dopo ci chiediamo: vorrà operare una simile ricostruzione o piuttosto intenderà accelerare il processo distruttivo? E nel migliore dei casi, se cioè sarà in grado di intraprendere la restaurazione, quanto tempo ci vorrà per riportare le cose al loro stato normale?
Come dice Roger Scruton, il progressismo distrugge in pochi anni ciò che una civiltà ha impiegato secoli a costruire. Come tornare indietro e quanto tempo richiederà il processo di riparazione?
La storia ci insegna che cambiamenti profondi e dirompenti possono verificarsi in un periodo di tempo molto breve. Faccio due esempi recenti: la Spagna e la Chiesa stessa.
Franco riuscì a mantenere per quasi quarant’anni un paese in cui, con i suoi vantaggi e svantaggi, venivano rispettati i principi cristiani tradizionali. Tuttavia, appena un anno e mezzo dopo la sua morte, la sanguinaria Dolores Ibárruri tornò in Spagna acclamata dalla folla e rimosse il simbolo del giogo e delle frecce dalla facciata del palazzo della segreteria generale del Movimento, e sappiamo già che cosa avvenne in seguito. Un sistema, che tutti credevano “legato e ben legato”, si dissolse in un paio d’anni e cadde negli abissi più profondi.
Qualcosa di simile è accaduto con la Chiesa cattolica. Nel giro di cinque anni o meno, in occasione del Vaticano II, subì un cambiamento radicale sia nei suoi aspetti esterni sia nell’essenza della sua dottrina e della spiritualità, in modo tale che un cristiano del 1960 avrebbe trovato la Chiesa irriconoscibile nel 1970.
Ciò che entrambi gli eventi (e molti altri che potremmo aggiungere) hanno in comune, oltre alla rapidità del cambiamento, è che si è trattato di un cambiamento negativo, una dissipazione, una dissoluzione o, in altre parole, un disordine. Ed è su questo punto che mi interessa riflettere.
In diverse occasioni ho avuto occasione di parlare di queste circostanze con un vecchio e buon amico, grande conoscitore della fisica, e lui non smette di insistere sull’entropia, un concetto associato alla seconda legge della termodinamica, secondo il quale i sistemi chiusi tendono inesorabilmente al disordine, e l’entropia è precisamente il livello di disordine di un sistema.
Vediamo un paio di esempi. Se gettiamo a terra un bicchiere di cristallo, esso tenderà a rompersi e a disperdersi, mentre non sarà mai possibile che, gettando quegli stessi pezzi di cristallo, il bicchiere si ricomponga da solo. Un altro esempio: immaginiamo due recipienti da un litro contenenti, rispettivamente, vernice bianca e vernice nera; con un cucchiaio si prende la vernice bianca, per versarla nel contenitore della vernice nera e mescolare; quindi con lo stesso cucchiaio si prende la vernice nera, la si versa nel contenitore della vernice bianca e si mescola; il processo viene ripetuto fino a ottenere due litri di vernice grigia, che non possono essere trasformati in un litro di vernice bianca e un altro di vernice nera.
Una conseguenza di questa legge è che si tratta di processi irreversibili. Una volta iniziato il processo di indeterminatezza entropica, è quasi impossibile tornare allo stato originale. Le possibilità che il bicchiere rotto si ricostruisca o che le vernici mischiate tornino a essere bianca e nera sono estremamente remote.
Il mio amico, seguendo Simone Weil, insiste sul fatto che questa legge dei sistemi della fisica si applica anche ai sistemi sociali. E sebbene la sua ipotesi possa essere contestata, gli esempi dalla Spagna e dalla Chiesa cattolica sembrano confermarla. In entrambi i casi si è verificato un processo entropico che nei rispettivi sistemi ha causato un improvviso disordine e che, in ragione di questa stessa legge, sembra avere un carattere di irreversibile.
Non c’è quindi nessuna speranza? Nei sistemi chiusi l’entropia tende ad aumentare indefinitamente senza alcuna possibilità di reversibilità, ma l’unico sistema chiuso, nell’universo, è l’universo stesso, poiché tutti gli altri sistemi fisici hanno una sorta di interazione termodinamica con l’esterno. Per quanto una borsa frigo o un thermos siano chiusi e isolati, sappiamo che alla fine il ghiaccio si scioglierà o l’acqua si riscalderà. E su questo poggia la mia speranza: la Chiesa non è un sistema chiuso e, quindi, è possibile che l’azione di qualche fattore esterno – un grande santo, per esempio – possa avviare il processo di ricostruzione, nella speranza che a un certo punto il bicchiere si formi nuovamente dai mille e più frammenti di cristallo gettati.
Tuttavia, ho una speranza ancora più grande, e l’attingo proprio da Simone Weil. La quale scrive: “Tutti i moti naturali dell’anima sono retti da leggi analoghe a quelle della pesantezza materiale. Solo la grazia fa eccezione. Bisogna sempre aspettarsi che le cose avvengano conformemente alla pesantezza; salvo intervento del sovrannaturale” (Simone Weil, La pesantezza e la grazia, da L’ombra e la grazia).
La mia versione delle parole di Simone Weil: tutti i movimenti naturali della Chiesa sono governati da leggi analoghe all’entropia. L’unica eccezione è l’intervento dello Spirito Santo. Dobbiamo aspettarci che nei sistemi sociali, come la Chiesa, le cose avvengano secondo l’entropia, tranne che per l’intervento dello Spirito Santo.
Rubén Peretó Rivas
Fonte: La entropía y la gracia