Hunter Biden sotto inchiesta. Ma per i media mainstream era disinformazione pilotata da Mosca
Hunter Biden ha annunciato di essere sotto inchiesta federale per i suoi affari finanziari in paesi stranieri, compresa la Cina. L’annuncio conferma molte delle accuse di corruzione mosse contro il figlio di Joe Biden nei mesi precedenti le elezioni dello scorso novembre, accuse che i media mainstream si sono fermamente rifiutati di diffondere.
Della questione si occupa Mark Hemingway su realclearpolitics.com, sottolineando che le più grandi società americane di social media sono andate anche oltre: hanno infatti deciso di censurare lo scoop rivelatore del New York Post che ha mostrato le prove a carico di Hunter Biden, trovate in un laptop abbandonato. Twitter ha bloccato il giornale e Facebook ha impedito che la storia del Post fosse ampiamente diffusa, sebbene Joe Biden non abbia contestato l’autenticità dei documenti pubblicati dal giornale.
Uno dei documenti pubblicati dal Post riguarda una vicenda di riciclaggio di denaro nel Delaware. Hunter Biden afferma di aver appreso delle indagini solo la scorsa settimana, ma questi documenti suggeriscono il contrario.
Anche una rapida inchiesta da parte dei concorrenti del New York Post avrebbe confermato che Biden era sotto inchiesta federale. Alla fine di ottobre, il corrispondente del Sinclair Broadcast Group James Rosen ha riferito che Hunter Biden era indagato e un funzionario del Dipartimento di giustizia ha confermato il suo scoop. Quasi senza eccezioni, la stampa americana si è rifiutata di dare seguito alla rivelazione di Rosen o addirittura di riferirla.
È già abbastanza grave che le accuse siano state ignorate, ma la risposta dei media allo scoop è stata di gran lunga peggiore. Senza fare alcun tentativo significativo di verificare in modo indipendente nessuno dei dettagli, i media mainstream hanno immediatamente affermato che la storia del laptop di Hunter Biden faceva parte di una campagna di “disinformazione russa”.
La spiegazione predefinita è stata dunque, ancora una volta, una cospirazione sostenuta da Vladimir Putin. Al contrario, il fatto che Hunter Biden si fosse dimenticato di ritirare il suo laptop da un negozio di riparazioni di computer a breve distanza da casa sua è stata subito ritenuta impossibile.
Intervistato da ABC News il 15 ottobre, probabilmente proprio per confutare il Post, Hunter Biden alla domanda sul suo controverso lavoro nel consiglio di amministrazione della compagnia di gas ucraina Burisma, ha detto: “C’è stata molta disinformazione su di me. La conclusione è che so di essere completamente qualificato per far parte del consiglio di amministrazione, per dirigere il comitato per il governo societario e la trasparenza nel consiglio”.
L’affermazione, assurda, è stata accettata a scatola chiusa dalla ABC. Biden non parla la lingua del paese in cui ha sede Burisma, non ha esperienza nel settore del petrolio e del gas e non ha mai fatto parte del consiglio di amministrazione di una società a scopo di lucro. Inoltre, essere pagati un milione di dollari all’anno per far parte di un consiglio di amministrazione è inaudito.
Invece, Hunter è stato autorizzato dalla ABC a presentarsi come la vittima. “Ho incoraggiato alcune persone molto immorali ad agire in modo illegale per cercare di fare del male a mio padre. È lì che ho commesso l’errore”, ha detto Biden alla rete. “Quindi mi assumo la piena responsabilità di questo. Ho fatto qualcosa di improprio? No, in nessun modo. In nessun modo”.
La ABC ha anche parlato della questione cinese. Biden ha detto di non aver tratto profitto personalmente da un accordo da 1,5 miliardi di dollari con interessi cinesi mediato dalla sua società di investimento, ma non ha presentato prove, e l’ABC non le ha chieste.
Un recente rapporto del Senato esaminato da Fox News conferma queste accuse preoccupanti. “Hunter Biden – si legge – aveva rapporti commerciali con Ye Jianming, Gongwen Dong e altri cittadini cinesi legati al governo comunista e all’Esercito popolare di liberazione. Questi legami hanno prodotto milioni di dollari di flusso di cassa”.
Né ABC News ha chiesto a Hunter Biden chiarimenti circa un diamante da 2,8 carati, del valore di 80 mila dollari, che un oscuro magnate cinese ha consegnato nella sua camera d’albergo. Né Joe né Hunter sono stati interrogati durante la campagna elettorale, anche se Hunter ha ammesso di aver preso il diamante e questo regalo sospetto fa ora parte dell’indagine dell’FBI.
Molte delle accuse chiave pubblicate dal New York Post non riguardano solo Hunter, ma anche il padre. Eppure, la stampa mainstream continua a ignorarle.
Joe Biden, se davvero diventerà presidente, lo sarà per poche migliaia di voti di scarto. Se l’informazione avesse fatto il suo dovere, il risultato sarebbe stato forse diverso.
Fonte: realclearpolitics.com