Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera. Mi occupo del libro del professor Matteo D’Amico Apostasia verde. Dalla Laudato si’ al sinodo sull’Amazzonia: l’ecologismo di papa Francesco e la distruzione della fede cristiana.
***
Quando, il 4 ottobre dell’anno scorso, nei giardini vaticani, i leader indigeni dell’Amazzonia offrirono preghiere per la Terra, in una strana cerimonia alla presenza del papa, il Vaticano spiegò che si trattava di una consacrazione a san Francesco del sinodo panamazzonico, che si sarebbe tenuto dal 6 al 27 ottobre. Numerosi cattolici, in tutto il mondo, restarono tuttavia turbati, perché la cerimonia sembrò caratterizzata da paganesimo e panteismo. Su una specie di tovaglia stesa sul prato c’era infatti la famigerata pachamama, all’epoca al suo esordio sulla scena, e c’erano altri idoli sui quali preferiamo sorvolare. E quando poi la medesima pachamama fu introdotta nella basilica di San Pietro e davanti a essa si pregò alla presenza del papa, turbamento e sconcerto furono ancora più diffusi e profondi. Mai era successo che un idolo pagano fosse portato sulla tomba di Pietro e di fatto venerato. Un atto che non pochi cattolici avvertirono come sacrilego, tanto da chiedere una riparazione, che però non c’è mai stata.
Certamente non tutti i cattolici nel mondo hanno letto l’enciclica Laudato sì’ né l’esortazione post-sinodale Querida Amazonia, ma le immagini relative a quei due fatti appena riportati le hanno viste in tanti, e in tanti hanno provato fastidio, tristezza, sbalordimento.
Ecco un caso in cui il sensus fidei, presente in tutti i battezzati in virtù dell’azione dello Spirito Santo, si è manifestato in modo chiaro. Ogni battezzato, pur senza avere una laurea in teologia o comunque una preparazione specifica, possiede infatti un istinto per la Verità che gli permette di distinguere la vera dottrina e l’autentica prassi cristiana, mettendolo in guardia da deviazioni e profanazioni.
Dunque non c’è da stupirsi se la “svolta verde” di papa Bergoglio, segnata appunto dalla Laudato sì’ e dal sinodo panamazzonico, ha ricevuto gli applausi del mondo, degli intellettuali mainstream, dei chierici à la page, della nomenklatura politico-culturale progressista, arciconvinta della propria superiorità rispetto a tutto e a tutti, ma ha lasciato quasi totalmente indifferente quel popolo cattolico al quale il papa tanto spesso si riferisce ma che, forse, egli non conosce poi tanto bene, dal momento che il popolo mostra di preferire la fede di sempre alle sollecitazioni di sapore ideologico.
Santa indifferenza, verrebbe da dire. Perché, se la “svolta verde” fosse stata presa sul serio, ora quel poco o quel tanto di fede cristiana che ancora è in circolazione avrebbe subito un colpo mortale
Per rendersene conto consiglio la lettura di Apostasia verde (114 pagine, 10 euro), il saggio nel quale Matteo D’Amico, a partire proprio dalla Laudato sì’ e dal sinodo sull’Amazzonia, prende in esame l’ecologismo di papa Francesco arrivando alla conclusione che con esso si configurano di fatto un nuovo cristianesimo e un nuovo vangelo, ma nuovi per modo di dire, perché in realtà sono quelli dei tecnocrati (e dei massoni) che ben conosciamo: “Una religione sincretista, panteista, totalmente rinchiusa nell’immanenza del tempo storico, perfetto pendant ideologico del governo mondiale del quale la Chiesa si fa corifea e gioiosa annunciatrice, completamente svuotata di ogni sia pur vago riferimento a un fine soteriologico”.
D’Amico non usa giri di parole quando ricorda che il Nuovo Ordine Mondiale, per diffondersi e imporsi, ha bisogno della Chiesa. Ma non di quella tradizionale, non della Sposa di Cristo. Ha bisogno di una chiesa sfigurata, irriconoscibile, che sa solo farsi eco dell’opprimente narrativa imposta dai poteri da sempre anticristiani. E la Laudato sì’ e la Querida Amazonia sono i “libretti verdi” di questa Chiesa che non ha più bisogno dell’Incarnazione, che non predica la conversione delle anime a nostro Signore, non parla più di redenzione e di giudizio di Dio. Perché tutto ciò che conta è il qui e ora, l’unica conversione richiesta è quella all’imperante ideologia ecologista e l’unica redenzione, tutta umana, si ha quando si seguono i nuovi comandamenti del “rispetto ambientale”, compreso quello, neomalthusiano, che predica la riduzione drastica del numero di umani sul pianeta.
Si diceva prima che il buon fedele cattolico, magari confuso ma ancora non completamente deviato, avverte a pelle una non equivocabile puzza di bruciato quando gli vengono proposte certe immagini e sollecitate certe conversioni. Addentrarsi in questa nuova religione organica al Nuovo Ordine Mondiale è però necessario, perché l’operazione va smascherata.
Quello che D’Amico definisce “il piagnisteo ecologista del papa” non si preoccupa di prendere le distanze dalle presunte evidenze scientifiche circa i cambiamenti climatici. Semplicemente, le fa proprie, e da lì parte per delineare una teologia all’insegna del primato della natura sull’homo faber e sulla civiltà. Il panteismo segue a ruota, così come l’apertura di credito al governo mondiale unificato.
E se la Laudato sì’ prepara il terreno, nella Querida Amazonia il seme ecologista viene sparso a piene mani. Così ecco la terra come “luogo teologico”, come se un determinato territorio potesse diventare fonte di ispirazione della dottrina. Ed ecco la colpevolizzazione del cattivo Occidente e l’esaltazione dei buoni selvaggi, con affermazioni di sapore primitivista che forse potevano essere prese sul serio dagli hippies anni Sessanta ma che oggi suonano ridicole prima che inquietanti.
Ovviamente su queste basi la Chiesa non è più chiamata a insegnare alcunché ma solo a dialogare, non deve più esser maestra ma, al contrario, discepola, perché occorre che impari i nuovi elementi della rivelazione che Dio fornisce mediante certi territori (le “periferie”) e certe categorie umane (gli “scartati”).
Tra le varie manipolazioni operate dalla teologia verde va segnalata quella relativa al termine inculturazione: un vero e proprio ribaltamento, per cui la Chiesa non è più chiamata a predicare il Vangelo utilizzando strumenti idonei alla cultura alla quale si rivolge, ma deve assumere i contenuti di quella cultura. Il tutto espresso nel modo ambiguo tipico di Bergoglio, a base di “superare posizioni rigide”, “aprire processi”, essere “Chiesa in uscita”.
Difficile non aderire all’analisi del professor D’Amico quando dice che l’instrumentum laboris del sinodo amazzonico appare segnato da “una vera furia distruttrice dove a stento è celato l’odio per la Chiesa”. Lo si vede bene, per esempio, nei punti in cui il documento chiede di rendere i sacramenti accessibili a tutti superando “la rigidità di una disciplina che esclude e aliena”, così come quando suggerisce di ripensare la figura del sacerdote, per quanto concerne sia il celibato sia il ruolo della donna.
Non a caso, nel documento preparatorio del sinodo i riferimenti dottrinali e scritturali sono minimi, mentre ci si trova di fronte a un profluvio di rimandi ai testi di Bergoglio, “del quale si utilizza senza pudore il gergo, ripetendo pappagallescamente le sue tipiche espressioni”.
“In conclusione – scrive D’Amico – non si può non osservare che tutto il documento Querida Amazonia, così come gli altri che lo hanno preceduto durante il sinodo per l’Amazzonia, manifesta un impressionante abbandono di ogni sentire autenticamente cattolico”. Il naturalismo dilaga senza freni, aggravato da un’adesione acritica ai dogmi dell’ideologia ecologista. Alla luce di tutto ciò, “la presente catastrofe dottrinale, morale e liturgica, umanamente parlando, non può che apparire come irreparabile”. Ma, grazie al cielo, la Chiesa, corpo mistico di Cristo, è nelle mani di Dio, “che stabilirà il momento in cui il suo volto deturpato tornerà a splendere in tutta la sua soprannaturale bellezza”.
Intanto, aggiungiamo noi, il fatto che il sensus fidei dei buoni cattolici, a dispetto degli sforzi dei chierici allineati, abbia già lasciato cadere nel dimenticatoio gran parte dei testi della “svolta verde” ci dà speranza, a conferma che lo Spirito Santo non ci abbandona.
Aldo Maria Valli
***
Virus e Leviatano (Liberilibri, 108 pagine, 11 euro).
Una riflessione sull’uso politico e sociale della pandemia. Ovvero, ecco a voi il dispotismo statalista, condiviso e terapeutico che minaccia democrazia e libertà.
Arrivato alla terza ristampa, lo si può acquistare qui, qui e qui oltre che su tutte le altre piattaforme per la vendita di libri e, ovviamente, nelle librerie.
***
E non perdete
Nell’ora della prova (Chorabooks) di Carlo Maria Viganò, a cura di Aldo Maria Valli.
Per conoscere meglio monsignor Viganò, capire le sue ragioni, valutare la portata dei suoi interventi. Un libro che gli storici della Chiesa dovranno prendere seriamente in considerazione quando studieranno il pontificato di Bergoglio e ricostruiranno i drammatici passaggi che stanno caratterizzando questi nostri anni.
Nell’ora della prova può essere ordinato qui in formato cartaceo e qui in formato Kindle