Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
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Il Parlamento polacco ha dichiarato il 2021 anno del cardinale Wyszyński. La risoluzione, nella quale si definisce Stefan Wyszyński “uno dei più grandi polacchi del XX secolo”, è stata approvata a larghissima maggioranza sia dal Sejm (la Camera bassa) sia dal Senato.
Nella risoluzione del Sejm si legge: “Nella sua attività sacerdotale, il primate del Millennio ha prestato attenzione alla dignità intrinseca dell’uomo, fonte di tutti i suoi diritti”.
Il cardinale Wyszyński è conosciuto come il primate del Millennio perché come primate di Polonia ebbe il compito di organizzare le celebrazioni nazionali in occasione del millennio del battesimo della Polonia, che si tennero nel 1966.
La risoluzione del Sejm inoltre elogia il cardinale per la sua granitica difesa dell’indipendenza della Chiesa sotto il comunismo. Celebre la sua lettera del 1953 al leader comunista polacco Bolesław Bierut, nella quale, rifiutandosi di subordinare la Chiesa alle autorità civili comuniste, scrisse Non possumus! (noi non possiamo). Dopo di che fu imprigionato.
Uomo di profonda fede e amore per la Chiesa e la patria, il cardinale cercò l’accordo con le autorità, ma quando il regime minacciò i diritti della Chiesa e dei fedeli non volle scendere a compromessi, pagando di persona. È diventato così il simbolo di un’incrollabile opposizione alla prepotenza del potere secolare e al male.
“È impossibile – si legge nella risoluzione adottata dal Senato polacco – descrivere nel dettaglio i meriti e il ruolo che il primate Stefan Wyszyński ebbe in quegli anni per la Polonia e la Chiesa. Lui e Giovanni Paolo II sono stati insieme i grandi maestri della nazione e hanno sostenuto i polacchi nei momenti più difficili della storia della nostra patria”.
Il cardinale, si legge ancora nella risoluzione, “ha vegliato sul destino della Chiesa polacca negli anni più bui dello stalinismo con una cura eccezionale. Per il suo atteggiamento risoluto verso le autorità comuniste, per la sua opposizione alla distruzione della vita sociale ed ecclesiale, espressa nelle famose parole Non possumus, fu imprigionato per diversi anni”.
Nel 2021 ricorre il centoventesimo anniversario della nascita del cardinale Wyszyński e il quarantesimo della sua morte.
Nato il 3 agosto 1901 a Zuzela, a nord-est di Varsavia, prima della Seconda guerra mondiale si impegnò in attività educative e sociali con i sindacati cristiani e organizzò l’Unione cattolica dei giovani lavoratori.
Durante la guerra divenne membro dell’Esercito nazionale, il movimento di resistenza clandestina della Polonia, servendo come cappellano in un ospedale per insorti a Laski, vicino a Varsavia.
Nel 1946 papa Pio XII lo nominò vescovo di Lublino e, due anni dopo, arcivescovo di Gniezno e Varsavia.
Nel 1953 fu creato cardinale e nello stesso anno fu arrestato; liberato nel 1956, favorì un’intesa tra la Chiesa e il governo di Gomulka, evitando così l’intervento armato sovietico, che invece avvenne, poco tempo dopo, in Ungheria.
A partire dal 1957 preparò le solenni celebrazioni per il millennio del cristianesimo in Polonia, tenute nel 1966. Guida della Chiesa polacca per oltre un trentennio, fu alla testa dell’opposizione al comunismo, nella difesa dei diritti umani e dei lavoratori e vide riconosciuto il suo ruolo di leader religioso e politico con l’elezione di Giovanni Paolo II.
Il cardinale Wyszyński servì come primate di Polonia fino alla morte, avvenuta a Varsavia il 28 maggio 1981, pochi mesi dopo la fondazione del sindacato Solidarnosc, che avrebbe portato al crollo del comunismo polacco nel 1989.
Entrato in conclave per ben quattro volte (1958, 1963 e i due del 1978), nel secondo conclave del 1978 fu considerato un papabile, ma secondo alcune ricostruzioni fu proprio lui a indicare, come successore di papa Luciani, l’arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyła.
La sua causa di beatificazione è stata aperta nel 1989 e il 3 ottobre 2019 il Vaticano ha annunciato l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione del cardinale.
Il miracolo riguarda la guarigione scientificamente inspiegabile, nel 1989, di una giovane di diciannove anni affetta da un tumore alla tiroide. Dopo che i medici dissero che il male era incurabile, un gruppo di suore polacche iniziò a pregare per la sua guarigione chiedendo l’intercessione di Wyszyński.
La beatificazione del cardinale era in programma il 7 giugno 2020 a Varsavia, ma alla fine di aprile si decise di rinviarla a una data da precisare a causa della pandemia di coronavirus.
Durante l’Angelus domenicale del 29 maggio 1994, Giovanni Paolo II, da poco uscito dal Policlinico Gemelli (dove rimase ricoverato per ventinove giorni, dal 29 aprile al 27 maggio, per la frattura del femore della gamba destra) rivolse ai fedeli parole, rimaste celebri, che ben sintetizzano il suo rapporto con Wyszyński: “Vorrei che, attraverso Maria, fosse espressa oggi la mia gratitudine per questo dono della sofferenza nuovamente collegato con il mese mariano di maggio. Voglio ringraziare per questo dono. Ho capito che è un dono necessario. Il Papa doveva trovarsi al Policlinico Gemelli, doveva essere assente da questa finestra per quattro settimane, quattro domeniche, doveva soffrire: come ha dovuto soffrire tredici anni fa [nel 1981, in seguito all’attentato, ndr], così anche quest’anno. Ho meditato, ho ripensato di nuovo a tutto questo durante la mia degenza in ospedale. E ho trovato di nuovo accanto a me la grande figura del cardinale Wyszyński, primate della Polonia (del quale ricorreva ieri il tredicesimo anniversario della morte). Egli, all’inizio del mio pontificato, mi ha detto: ‘Se il Signore ti ha chiamato, tu devi introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio’. Lui stesso ha introdotto la Chiesa in Polonia nel secondo millennio cristiano. Così mi disse il cardinale Wyszyński. E ho capito che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo Terzo Millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta: bisognava introdurla con la sofferenza, con l’attentato di tredici anni fa e con questo nuovo sacrificio. Perché adesso, perché in questo anno, perché in questo Anno della Famiglia? Appunto perché la famiglia è minacciata, la famiglia è aggredita. Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c’è un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie”.
Difficile, oggi, non provare nostalgia per questi giganti della fede.
A.M.V.