Negli Usa la Messa è finita, ma la Chiesa non se n’è accorta
Cari amici di Duc in altum, vi propongo il mio più recente intervento per la rubrica La trave e la pagliuzza in Radio Roma Libera.
***
I cattolici torneranno mai alla Messa? Questa la domanda posta da Eric Sammons in un articolo nel quale, prendendo in considerazione i dati sull’afflusso dei cattolici americani alle sante Messe, mette in luce quella che si può ormai definire una vera e propria fuga.
Se nel 1970 negli Stati Uniti i cattolici che andavano a Messa erano circa il 55% di tutti i cattolici, nel 2019 la quota è diventata del 20%. È dunque chiaro che la maggior parte di coloro che si auto-identificano come cattolici non pensa che sia obbligatorio andare a Messa e che ricevere l’Eucaristia, fons et culmen, fonte e culmine della vita cristiana, non sia in realtà indispensabile.
Ma anche quel 20% sembra ormai superato. In base ai dati più recenti, risulta infatti che, in seguito ai lockdown anti-Covid, la quota di cattolici che ancora vanno a Messa si sia ridotta al cinque per cento.
Tutto ciò, commenta Sammons, non è sorprendente se si pensa che ogni diocesi americana ha proibito le Messe a partire da marzo. Tuttavia, anche dopo la riapertura, la percentuale di frequentanti è salita di poco, fino a un massimo del dieci per cento. E le Messe di Natale, che normalmente in America vedono affluire nelle chiese il 64 per cento di coloro che si professano cattolici, hanno radunato nello scorso dicembre solo il 20 per cento dei cattolici.
La domanda è: i livelli di partecipazione alla Messa torneranno come prima oppure il tracollo è irreversibile? Ci sarà un ritorno ai livelli pre-Covid, che erano già abbastanza drammatici, oppure la presenza alla Messa continuerà a riguardare una minima parte di coloro che si professano cattolici?
Nessuno può saperlo, ma gli indizi portano a una risposta pessimistica. Già prima del Covid la Chiesa cattolica negli Usa stava affrontando le conseguenze di un autentico collasso demografico, tanto che il numero dei battesimi infantili, uno dei migliori indicatori dello stato di salute della Chiesa, dopo essere rimasto relativamente stabile dal 1975 al 2000, nel nuovo millennio è crollato di oltre il 40%.
Ora, con il Covid, il quadro è segnato da alcuni elementi incontestabili. Prima di tutto i vescovi, intenzionalmente o involontariamente, hanno segnalato al mondo che partecipare alla Messa è non essenziale. In secondo luogo, certe abitudini che per la vita di tante persone erano sacre sono state infrante. Terzo, molte parrocchie sono così puntigliose nelle loro restrizioni anti-Covid da essere diventate, scrive Sammons, meno accoglienti di una sede della Stasi nella vecchia Germania Est. Se si mettono insieme tutti questi dati, ecco la ricetta perfetta per avere chiese vuote.
Ma allora, come dovrebbe reagire la Chiesa? Innanzitutto, bisognerebbe riconoscere che il problema va al di là delle restrizioni imposte l’anno scorso. Le restrizioni non hanno causato, bensì hanno rivelato una realtà che molti volevano ignorare: per la maggior parte dei cattolici la fede è poco più di un generico attaccamento di tipo culturale. Gli inviti a partecipare alla Messa e a ispirare la propria vita alla fede cadono per lo più nel vuoto. Mentre fino a una cinquantina d’anni fa ogni dichiarazione e presa di posizione della Chiesa contava qualcosa, oggi anche i comandamenti più forti sono accolti dalla maggior parte dei cattolici come un sussurro che si può tranquillamente ignorare.
La Chiesa, commenta Sammons, anziché fare come se nulla fosse, dovrebbe rendersi conto della nuova realtà, e prima di tutto i pastori dovrebbero assumere un atteggiamento più combattivo contro la cultura prevalente.
Per decenni la gerarchia in generale ha dato la sua benedizione (o almeno ha strizzato l’occhio) a ogni tendenza culturale distruttiva per l’uomo, e ciò include il rifiuto di combattere contro l’idea sempre più diffusa che le persone siano principalmente vettori di contagio piuttosto che immagini di Dio. Nella Chiesa antica, uno dei modi principali in cui la fede crebbe fu la testimonianza dei cristiani in tempi di epidemie. Quando i pagani fuggivano, i cristiani entravano nelle città per prendersi cura dei malati e dei morenti, e fu proprio questa testimonianza a indurre molti a pensare che la nuova religione fosse molto diversa dai culti pagani. Era una fede piena di coraggio e vigore. Cosa che del cattolicesimo attuale non si può proprio dire.
Sammons ricorda la previsione del cardinale Ratzinger, quando, alcuni decenni fa, disse che dalla crisi di oggi emergerà una Chiesa più piccola, che dovrà ricominciare più o meno dall’inizio, perderà molti dei suoi privilegi e sarà vista non più come un’istituzione ma come una società su base volontaria, per pochi.
Questo è appunto ciò che oggi abbiamo davanti agli occhi, ma i vertici della Chiesa ancora non sembrano rendersene conto. E “più a lungo cercheremo di mantenere lo status quo – conclude Sammons – più difficile sarà iniziare l’opera di rievangelizzazione”.
Fonte: crisismagazine
***
Aldo Maria Valli, Semel in anno
(Cronache dal futuro, Interviste pazze, Cattolici su Marte)
“Semel in anno licet insanire” dicevano gli antichi. “Una volta all’anno è lecito impazzire”. Quando le cose si mettono male, una risata può essere terapeutica. E può anche servire per dire la verità a fronte di un dispotismo soffocante. Vecchia storia: quando il conformismo dilaga, solo il giullare, attraverso la satira, riesce a proporre squarci di verità. E allora “insanire” può diventare addirittura dovere civile, se vogliamo usare parole grosse. Come diceva Victor Hugo, “è dall’ironia che comincia la libertà”.
Semel in anno lo trovi qui, qui e qui