India, cristiani sbattuti in cella. E i detenuti si convertono
Cari amici di Duc in altum, riprendo da Tempi questo articolo. Gli estremisti indù usano la legge anti-conversione per fare arrestare due pastori e un insegnante cristiano. E mentre la famiglia battaglia per il loro rilascio, in carcere succede l’impensabile.
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Trenta giorni di carcere, sedici ore al giorno chiusi in una cella di quattro metri e mezzo per tre metri e mezzo, insieme ad altri ventuno detenuti. È qui che è accaduto l’impensabile.
Siamo nel Madhya Pradesh, stato indiano che il 9 gennaio ha approvato la legge anti-conversione più severa di tutta l’India. Ventitré casi in ventitré giorni: tanti sono stati gli episodi registrati dalle autorità e puniti dalla nuova norma, che inasprendo il testo della precedente (dal 1968 bisogna inoltrare richiesta alla polizia per cambiare religione) prevede fino a dieci anni di carcere per chiunque sia sospettato di avere convertito una o più persone con l’uso della forza o delle lusinghe.
Formalmente nata per proteggere i cittadini da matrimoni forzati e conversioni estorte sotto minaccia, la legge è diventata in fretta l’ennesimo strumento al servizio di una forma moderna di persecuzione, esacerbata negli stati guidati dal partito nazionalista Bjp di Narendra Modi dove sono già stati registrati drammatici assalti a seminaristi, missionari, presidi, e che riduce le minoranze a ostaggio del potere dei radicali indù, «se una scuola di una minoranza religiosa offre istruzione o lavoro gratuiti a una persona bisognosa, i suoi responsabili potranno essere accusati di tentata conversione», ha commentato preoccupato padre Maria Stephan, portavoce della Chiesa cattolica nel Madhya Pradesh. E a ragione.
La festa in casa dell’insegnante
In quei giorni tra gli arresti avvenuti in seguito all’approvazione della legge, desta preoccupazione soprattutto quello di un insegnante cristiano, Chhatar Singh Katre, colpevole di aver festeggiato il 27 gennaio scorso l’ammissione della figlia all’università organizzando quello che nei verbali viene descritto come un “raduno di preghiera”. Quel giorno a casa sua sono stati invitati due pastori, Mahendra Nagdeve e U. Nathan: tutti e tre vengono accusati immediatamente di “conversione illegale” e tradotti in carcere.
La denuncia parte dal capo del villaggio, Deepak Patle: l’uomo sostiene che i tre uomini hanno provato a convertire al cristianesimo lui e altri invitati. Una montatura, congegnata male, che non lascia tuttavia alcuna possibilità di difesa ai tre imputati. «La polizia si è limitata a registrare le dichiarazioni del denunciante e dei “testimoni” portati da lui, ma non ci ha rivolto una sola domanda», ha spiegato il pastore Nagdeve a Morning Star News. «Volevamo disperatamente spiegare che tutte le accuse menzionate erano false, e che nessuno, né chi ci accusava né i suoi “testimoni”, era presente in casa: bastava interrogare chi c’era quella sera». Ma la polizia si rifiuta di accogliere una controdenuncia: «Provochereste solo ulteriori problemi ai nazionalisti indù».
Le minacce e l’arresto della famiglia
E sì che che Katre è stato avvisato: mesi fa un suo amico ha ricevuto delle telefonate da un estremista indù che gli intimavano di avvertire l’insegnante di smettere di frequentare i cristiani o di pregare, altrimenti avrebbe pagato caro e perso il suo lavoro in una scuola governativa. L’uomo non dà peso alle minacce e quando sua figlia di 20 anni è in procinto di partire per gli studi organizza una festicciola per la famiglia e pochi amici: «Non era un incontro pubblico, c’erano solo i miei invitati e tra questi non era stato affatto invitato Deepak Patle, né è entrato in casa mia». Una festa interrotta dall’arrivo di una camionetta con sette poliziotti seguiti da una quindicina di estremisti indù in moto: sette persone, perfino una nipotina di tredici anni, vengono caricati sul furgone per essere interrogate alla stazione di polizia, gli altri invitati vengono chiusi in casa con due poliziotti a piantonare gli ingressi.
L’interrogatorio in realtà non avviene mai. La stazione è circondata da nazionalisti, l’ufficiale tergiversa rimandando il rilascio. È allora che si presenta Deepak Patle e che Katre e i due pastori vengono accusati di “conversione illegale” ai sensi della nuova legge anti-conversione e di “intimidazione criminale” come previsto dal codice penale indiano: secondo il tribunale che conferma l’arresto accreditando la versione di Patle i tre hanno promesso 10 mila rupie a chiunque si fosse convertito al cristianesimo, maledizioni e minacce in caso contrario. Nessuna libertà provvisoria, i tre arrivano nel carcere di Waraseoni. Ed è qui che inizia un’altra storia.
Il Vangelo tra i reietti del carcere
Il nono giorno di prigionia i tre cristiani chiedono e ottengono una copia del Vangelo. Iniziano a leggere quando un secondino si avvicina chiedendo se hanno voglia di farlo ad alta voce, rivolgendosi anche agli altri detenuti. I tre accettano e il mattino seguente si ritrovano centoventicinque prigionieri insieme a venti agenti penitenziari nel cortile della prigione. I pastori quindi si mettono a fare i pastori, insegnano ai detenuti un semplice canto, iniziano a leggere il Nuovo Testamento, osano un sermone. Nei giorni successivi i partecipanti alle predicazioni aumentano: le condizioni del carcere sono pietose e i tre cristiani riescono a organizzare una donazione per provvedere a rendere più dignitose e igieniche le celle. Si levano le scarpe e le donano a chi ha i piedi piagati. Diventano qualcuno per i reietti di Waraseoni.
«Benedetti nella persecuzione»
Intanto, fuori dal carcere, le mogli di Katre e del pastore Nagdeve sfidando gli estremisti indù presentano una contro-denuncia e convincono il sovrintendete ad avviare una indagine. È ancora in corso, l’Alta corte nel frattempo ha però concesso ai tre uomini la libertà su cauzione. Katre non ha riottenuto la sua cattedra. Ma fa proprie le parole del pastore Nagdeve: «Siamo stati benedetti per essere stati perseguitati e siamo stati mandati in carcere per amore del Signore». Morning Star News conta cinque compagni di cella convertiti, e ventuno detenuti impegnati a seguire queste orme di Cristo tracciate dai tre amici cristiani.
Molte persone, aveva spiegato l’arcivescovo cattolico di Bhopal, monsignor Leo Cornelio ad Asia News, iniziano a chiedersi «perché il governo ha così paura del cristianesimo». Secondo il Global Council of Indian Christians (Gcic) il 67 per cento dei cristiani arrestati ai sensi dell’ordinanza del Madhya Pradesh appartiene alle comunità cristiane pentecostali.
Fonte: Tempi
Foto Ansa
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