Messe a San Pietro e visita al Culto divino. Manovra concentrica
Due fatti straordinari (nel senso letterale di extra ordinari, insoliti e al di fuori di ogni regola) sono avvenuti di recente in Vaticano. Il primo è la nota della Segreteria di Stato che stabilisce nuove norme per la celebrazione delle sante messe nella basilica di San Pietro. Il secondo è la visita apostolica ordinata dal papa alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, il dicastero che fino al 20 febbraio scorso è stato guidato dal cardinale Robert Sarah e ancora non ha un nuovo responsabile.
Circa le sante messe in San Pietro abbiamo già scritto che tutto è illegittimo, nella forma e nella sostanza, e il cardinale Raymond Burke ha spiegato molto bene perché.
Quanto alla visita al dicastero, del tutto irrituale, la sala stampa della Santa Sede non ha fornito finora alcun tipo di spiegazione. Il visitatore scelto dal papa è il vescovo di Castellaneta, Claudio Maniago, che oltre a essere membro del dicastero è presidente della Commissione liturgica della Cei ed è stato tra coloro che hanno portato a termine la nuova traduzione italiana del Messale.
Membri e dipendenti del dicastero hanno ricevuto la notizia dell’arrivo di Maniago tramite una mail del segretario e attuale reggente della Congregazione, l’arcivescovo Arthur Roche.
Nella mail di Roche si legge: “Il Santo Padre ha deciso, prima di fare nomine in Congregazione, che ci sia una visita al dicastero da parte di un suo rappresentante. Nel corso della visita Sua Eccellenza vorrà conoscere il lavoro della Congregazione e incontrare ciascuno singolarmente. Ho già espresso al Santo Padre la nostra apertura a questa visita e la nostra sicura e sincera accoglienza a monsignor Maniago. Non c’è nulla di cui allarmarsi in questo. Come sapete, questo stile di visita sta diventando ormai un fatto regolare in occasione del termine del mandato dei capi dicastero o nel momento di un cambiamento significativo”.
Il fatto che monsignor Roche dica che “non c’è nulla di cui allarmarsi” è alquanto singolare. Suona come la classica excusatio non petita, accusatio manifesta. Ed è altrettanto singolare che Roche affermi che “questo stile di visita sta diventando ormai un fatto regolare” quando invece non risulta che nei dicasteri vaticani sia mai avvenuto nulla di simile in vista della scelta di un nuovo capo.
In Vaticano c’è chi sussurra che se il papa ha deciso per la visita significa che nella Congregazione “c’è qualcosa da sistemare”. Ma che cosa?
Forse soldi? Sembra molto improbabile, visto che il dicastero in questione non è tra quelli che maneggiano più denaro. Caso mai, dicono nostre fonti, se il papa volesse fare un’indagine riguardante i soldi “dovrebbe mandare un visitatore alle Cause dei santi, visto il vorticoso giro di denaro tra avvocati, postulatori eccetera”.
A The Tablet l’arcivescovo Roche ha spiegato che Maniago non è un visitatore canonico. Il suo lavoro si potrebbe paragonare “alle consultazioni di un vescovo diocesano con il vicario generale quando nomina un nuovo parroco”. Si tratterebbe quindi di “conoscere la situazione attuale” e “avere un occhio alla direzione futura”.
Per capire che cosa significa, è utile leggere un passaggio dell’articolo nel quale The Tablet riferisce il colloquio con Roche: “Durante il suo mandato il cardinale guineano, ampiamente ammirato negli ambienti tradizionalisti, fece numerosi interventi in contrasto con il desiderio del papa di attuare le riforme liturgiche del Concilio Vaticano II. Il cardinale ha parlato di una ‘riconciliazione’ tra le forme della messa pre-Vaticano II e post-Vaticano II, ha invitato i sacerdoti a iniziare a celebrare la messa ad orientem, o con le spalle ai fedeli […]. All’inizio del mandato del cardinale Sarah, la Congregazione impiegò più di un anno per redigere un decreto di 370 parole che consentisse alle donne di essere incluse nel rituale del lavaggio dei piedi del Giovedì Santo, qualcosa che Francesco aveva specificamente richiesto”.
La notizia della visita, sottolinea The Tablet, segue l’annuncio di modifiche alle celebrazioni liturgiche nella basilica di San Pietro. Una nota della Segreteria di Stato pone fine alle molteplici celebrazioni private della forma straordinaria della Messa, il rito liturgico in uso prima del Vaticano II. I frequentatori della messa mattutina a San Pietro trovavano sacerdoti e chierichetti che celebravano liturgie – spesso secondo l’antico rito – da soli nelle cappelle laterali della basilica. La decisione della Segreteria di Stato è progettata per garantire che la liturgia di San Pietro sia in linea con le riforme del Concilio”.
Messe a San Pietro e visita al Culto divino: la manovra è concentrica, con l’obiettivo non collaterale di mettere Sarah in fuori gioco nella prospettiva del prossimo conclave.
E al cardinale guineano ben poco servirà ripetere, come ha fatto anche di recente, “Jamais je ne me suis opposé au Pape”.
A.M.V.