Presagi di crisi terminale / Le volute ambiguità di Francesco e il Vaticano III
di The Wanderer
Che la Chiesa sia in crisi lo sappiamo da decenni. Tuttavia, negli ultimi anni e, soprattutto, negli ultimi mesi, a mio avviso stiamo assistendo al manifestarsi di presagi che indicano l’imminenza dell’esito finale. La crisi è terminale, cioè irreversibile. Non c’è modo di tornare indietro. Senza un diretto intervento divino, la Chiesa cattolica scomparirà nel prossimo decennio, trasformata in una multinazionale religiosa, sfigurata nel suo carattere originario e trasformata in furiosa persecutrice dei pochi cattolici fedeli al depositum fidei.
Quando alcuni anni fa papa Francesco ci ha rivelato le vicende amorose di Letizia [riferimento sarcastico ad Amoris laetitia, ndr], abbiamo iniziato a vedere che la questione non era più ridotta al latino o all’uso delle chitarre nella liturgia. È stata intaccata la dottrina.
In questi giorni abbiamo assistito agli sviluppi comici causati dalla dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede che nega la possibilità di benedizioni alle coppie omosessuali, questione che per un normale cattolico che ha imparato il catechismo è di una verità ovvia. Ebbene, quella che avrebbe dovuto essere una risposta quasi superflua e scontata ha provocato un grande dibattito. Solo per fare un paio di esempi, i sacerdoti austriaci hanno messo in chiaro che non obbediranno, e lo stesso hanno detto molti tedeschi, mentre un importante vescovo belga, monsignor Johan Bonny, ha detto che si vergogna della Chiesa a causa di un documento del genere e si scusa con tutte le coppie omosessuali, nonché con i loro genitori e nonni.
Finora la Santa Sede non ha reagito a questi segni di ribellione contro la dottrina della fede cattolica, mentre monsignor Eduardo Taussig e molti altri vescovi continuano a sanzionare sacerdoti e fedeli per aver dato e ricevuto la comunione in bocca. Non so se ci rendiamo conto della situazione di apostasia in cui ci troviamo, o se ci sembra che tutto sia normale.
Non ripeterò qui la storia del documento della Cdf e le successive marce e contromarce che sono state sufficientemente documentate altrove, ma vale la pena di fare qualche analisi.
L’episodio dipinge Bergoglio per intero. Il suo principio è: non firmare mai nulla che sia contro la dottrina, ma approvare e incoraggiare i cambiamenti attraverso gesti e operazioni di stampa. È la vecchia tattica gesuitica e peronista. Un amico ha ricordato convenientemente il racconto Il gran Tamerlano di Persia [nel quale il protagonista di notte si mascherava da mercante e visitava i bassifondi e di giorno nel suo palazzo si infuriava contro il popolo, ndr]. Alcuni media italiani si sono chiesti se tutto ciò non sia segno dello squilibrio psicologico di Bergoglio. Secondo me, è stata una manovra perfettamente pianificata.
È chiaro e incontestabile che la risposta della Congregazione per la dottrina della fede è stata pubblicata con l’espressa autorizzazione del Pontefice. Lo stesso documento recita: “Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’udienza concessa al sottoscritto Segretario di questa Congregazione, è stato informato e ha dato il suo consenso alla pubblicazione del citato Responsum ad dubium, con allegata nota esplicativa”. Le spiegazioni tipicamente gesuitiche di Pino Piva [padre Pino Piva, gesuita, “esperto di percorsi di accompagnamento pastorale con le persone omosessuali”, ndr] non hanno fondamento.
A pochi giorni dalla pubblicazione del documento e dal successivo polverone, il sodalizio giornalistico formato dalla coppia Gerard O’Connell – Elisabetta Piqué, con relativi articoli sui media internazionali (American Magazine e La Nación) ha provveduto a informarci che secondo fonti riservate di Santa Marta papa Francesco fu molto turbato dalla nota della Cdf, come dimostrerebbero le parole pronunciate all’Angelus del 21 marzo. Gli articoli sono apparsi subito dopo la fine della preghiera, il che fa capire che erano stati preparati ben prima. Molti si sono chiesti chi potesse essere quella fonte autorevole. Non ho dubbi: è lo stesso Bergoglio. È un amico personale della coppia O’Connell – Piqué e l’ha già utilizzata in altre occasioni, anche come arcivescovo di Buenos Aires, per le sue operazioni di stampa.
Bergoglio, per qualsiasi motivo, vuole cambiare la prassi della Chiesa nei confronti delle persone omosessuali, non solo permettendone la condotta ma anche benedicendola. Non può o non vuole firmare un cambiamento dottrinale ufficiale, che sarebbe catastrofico per la già debole unità della Chiesa e lo farebbe passare alla storia come un apostata patentato. Quello che fa, quindi, è raggiungere il suo obiettivo con allusioni e discorsi ambigui, così che tutti capiscano comunque ciò che vuole attraverso la stampa internazionale allineata con lui […] Tutto è stato attentamente pianificato da Francesco.
Come se l’ambiguità delle parole dell’Angelus non fosse bastata, martedì, in un discorso pronunciato in occasione dell’anniversario nientemeno che di sant’Alfonso Maria de Liguori, Francesco ha dato indizi molto più chiari, anche se la sua ambiguità questa volta è passata quasi inosservato. Egli ha detto: “… invito i teologi moralisti, i missionari ed i confessori ad entrare in rapporto vivo con i membri popolo di Dio, e a guardare all’esistenza partendo dalla loro angolazione, per comprendere le difficoltà reali che incontrano ed aiutare a guarire le ferite […] La teologia morale non può riflettere solo sulla formulazione dei principi, delle norme, ma occorre che si faccia carico propositivamente della realtà che supera qualsiasi idea (cf. EG, n. 231). Questa è una priorità (cf. EG, nn. 34-39) perché la sola conoscenza dei principi teoretici, come ci ricorda lo stesso sant’Alfonso, non basta per accompagnare e sostenere le coscienze nel discernimento del bene da compiere”.
Bergoglio, parafrasando Perón, dice: “Non guardare quello che firmo, ma quello che dico”. Dopo queste parole, con quale autorità si può rimproverare, ad esempio, il sacerdote salesiano che poche settimane fa ha benedetto pubblicamente una coppia omosessuale a Ushuaia? Non era altro che un buon pastore che sapeva guardare la realtà e, prendendo le distanze dai principi teorici, accompagnava le coscienze e guariva i feriti.
Questi eventi ricordano e confermano l’intuizione che Ludovicus ebbe nei primi mesi del pontificato bergogliano, coniando l’espressione “cannibalismo istituzionale”. Elisabetta Piqué ha scritto su La Nación: “Sebbene la lettera di oggi, come l’Angelus di domenica scorsa, non avesse alcun riferimento al responsum della Cdf, documento che aveva l’assenso del Santo Padre, il messaggio ha reso chiara la visione contrastante di papa Francesco e della Chiesa in termini di contenuto e linguaggio”. Mi chiedo come ci possa essere un contrasto tra la visione del papa e della Chiesa. Il messaggio della giornalista – e questo è il messaggio che Bergoglio vuole trasmettere – è che il papa è quello buono e la Chiesa quella cattiva, che impedisce lo sviluppo delle buone intenzioni e azioni del papa.
Infine, e come è stato avvertito pochi giorni fa, Francesco non è, come molti di noi credevano, l’incarnazione del Vaticano II. Quella sfortunata assemblea non ha lanciato la pietra così lontano. Francesco è il Vaticano III.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com