Hans Küng. Un ricordo

È morto oggi nella sua casa di Tubinga il teologo Hans Küng. Era nato il 19 marzo 1928. Nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede gli revocò l’autorizzazione all’insegnamento della teologia dogmatica a causa delle sue tesi contrarie all’infallibilità papale. Accanito contestatore della dottrina cattolica tradizionale e autore di numerosi libri, nel 1995 fondò la Stiftung Weltethos, Fondazione per l’etica mondiale.

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di Aldo Maria Valli

Me lo ricordo bene, Hans Küng. Lo incontrai due volte. La prima all’inizio degli anni Novanta, quando lavoravo alla Rai di Milano, per un bel programma che si chiamava Europa. La seconda, nel 2009, per uno Speciale Tg1 sul Concilio Vaticano II. Entrambe le volte ci incontrammo a Tubinga. Viveva in una graziosa villetta. Fu molto cortese e volle parlare in italiano, sebbene la nostra lingua non gli venisse più molto fluida. Era una di quelle persone che hanno un’alta considerazione di se stesse. Non lo nascondeva e poteva sembrare arrogante, ma di certo era anche affascinante. Almeno questa fu l’impressione che fece al cronista, che aveva trent’anni meno di lui. Si sentiva un perseguitato, accusava Roma di ogni peccato e misfatto, non stimava Karol Wojtyła, che non considerava sufficientemente ferrato in teologia, e si capiva che, nonostante tutto, aveva invece un debole per Joseph Ratzinger.

Nel 1966 è proprio lui, Küng, a chiamare Ratzinger a Tubinga da Münster. Me lo raccontò con una battuta che era nel suo stile: «Professori bravi chiamano professori bravi». Corrono i tumultuosi anni Sessanta. Il Sessantotto è alle porte. Il bavarese Ratzinger ha trentanove anni, lo svizzero Küng trentotto. Hanno vissuto entrambi il Concilio Vaticano II, nutrendo grandi speranze per la Chiesa. A dire il vero, rispetto all’irruente collega svizzero, il timido bavarese già intravvede pericoli all’orizzonte per la barchetta di Pietro e parla di un «nuovo modo di gloriarsi» che un giorno «potrebbe diventare più insidioso di tiare e sedie gestatorie». Nonostante le diversità di temperamento, Küng e Ratzinger formano comunque la coppia del futuro per la teologia di lingua tedesca. Si conoscono fin dal 1957, hanno partecipato come periti all’ultima sessione conciliare e sono entrambi tra i soci fondatori di Concilium, la prestigiosa rivista che intende mantenere accesa la riflessione teologica secondo lo spirito del Vaticano II.

Il biondo Küng guida un’Alfa Romeo bianca e assomiglia a un divo del cinema. Il riservato Ratzinger è già canuto e passa il tempo tra i libri. Ma è Ratzinger ad avere un successo straordinario tra gli studenti. Per seguire le sue lezioni c’è la coda e vi partecipano anche molte persone non iscritte alla facoltà teologica cattolica: solo per il gusto di ascoltare il teologo che, come dice qualcuno, quando insegna è come se pregasse.

Nella facoltà si fa il tifo per Ratzinger e per Küng, come in un derby teologico. Durante un dibattito sul primato petrino Küng esalta Giovanni XXIII e siccome Ratzinger resta in silenzio gli studenti incominciano a scandire il suo nome, come allo stadio, per sollecitare un suo intervento.

Quando anche nella facoltà teologica cattolica di Tubinga fa irruzione il Sessantotto, Ratzinger ne resta scioccato. Gli studenti urlano e strepitano, tolgono il microfono ai docenti, a volte impediscono loro di entrare in aula, pretendono che il cappellano della parrocchia universitaria sia scelto tramite elezione. Tra Küng e Ratzinger la distanza si fa più ampia. Ratzinger non è certo il tipo che cerca lo scontro e Küng rispetta troppo l’amico per attaccarlo. Il conflitto divampa per un problema accademico. Ratzinger capisce che è venuto il momento di andarsene e sceglie Ratisbona. Ma quando Küng viene a saperlo si inviperisce: dice che la decisione del collega scombina tutti i suoi piani. Si sente tradito. Da lì in poi le strade saranno diversissime.

Molti anni dopo, il professor Joseph Ratzinger, divenuto papa Benedetto XVI, si ricorda del collega svizzero. È una bella giornata di settembre, l’anno il 2005. Il papa, che è stato eletto cinque mesi prima, sta trascorrendo alcuni giorni a Castel Gandolfo. È il portavoce Joaquin Navarro-Valls a dare la notizia a noi giornalisti: «Benedetto XVI ha ricevuto il teologo Hans Küng. Il papa ha dichiarato: “È stata una gioia reciproca rivederci dopo tanti anni”. Il clima è stato amichevole, nonostante le questioni dottrinali persistenti tra Hans Küng e il magistero della Chiesa cattolica». Veniamo a sapere che Küng si è fermato a pranzo e il colloquio è durato più di due ore. Subito dopo l’elezione dell’ex collega, Küng ha parlato di «delusione gigantesca», ma l’invito a Castel Gandolfo gli ha fatto enorme piacere.

Nella villetta di Tubinga, quando mi racconta quella giornata, sorride soddisfatto. Gli chiedo: «C’è stata una riconciliazione?». Risponde: «No, e d’altra parte nessuno la cercava. Ma è stato un bell’incontro. Il papa mi ha ascoltato e ha dimostrato interesse verso le mie iniziative per un’etica mondiale». «Vi siete abbracciati?». «No! Noi non siamo così espansivi come voi italiani».

Quando gli chiedo che cos’è per lui la fede, Küng ci pensa un po’ e poi si mette a raccontare: «Da ragazzo, a Sursee, mi piaceva nuotare nel lago. Ecco, la fede è come nuotare. Occorre la tua iniziativa ma devi anche abbandonarti, sapendo che l’acqua ti sostiene».

Mi accorgo che sulla scrivania c’è una vignetta che lo raffigura con Giovanni Paolo II. La prende e il suo sguardo si fa duro. Dice: «In venticinque anni Wojtyła non mi ha mai risposto. E sa perché? Perché aveva paura di me».

Ecco, questo era Hans Küng. Il ribelle.

Aldo Maria Valli

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