Cari amici di Duc in altum, ricevo da Radio Spada questo contributo che volentieri vi propongo.
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Nuova conversazione a tutto campo tra Radio Spada e monsignor Carlo Maria Viganò
RS: Eccellenza, eccoci a “completare” la nostra intervista di inizio marzo in occasione della presentazione del libro Galleria neovaticana, con sua prefazione (ora il volume è disponibile in inglese col titolo Neovatican Gallery e a brevissimo sarà pubblicato anche in spagnolo). Innanzitutto, rileviamo che quella conversazione ha fatto in poche settimane il giro del mondo, è stata tradotta in molte lingue e ha aperto un ampio dibattito. Largamente prevalenti l’interesse e l’attenzione, qua e là qualche critica minoritaria – soprattutto sul tema Benedetto XVI – ma non molto consistente sul piano teologico: la polemica riguardava principalmente il tema da Lei sollevato in relazione a una certa influenza hegeliana sul pensiero di Ratzinger. Divideremmo la conversazione di oggi in alcune parti che preannunciamo qui a beneficio dei lettori, per favorire la fruizione: una sul ruolo attuale del mondo anglofono nella difesa della Tradizione, una sulla questione mariana, una sulla questione liturgica, infine una sull’ecumenismo. Iniziamo dunque con il tema del mondo anglofono, a cui si rivolge la nuova edizione dell’opera di Marco Tosatti. Se storicamente l’opposizione all’ideologia conciliare “parlava molto il francese” (anche per il ruolo-guida di monsignor Marcel Lefebvre), oggi si nota un’estensione significativa di questo fronte tra coloro che parlano inglese, in particolare nel mondo statunitense. Non va peraltro dimenticato, pur con i limiti evidenti che ebbe quell’operazione, il celebre “Indulto di Agatha Christie”, un segnale non indifferente per l’epoca (inizio anni Settanta). Lei conosce da decenni – per via dei suoi incarichi diplomatici – la realtà anglofona, in particolare con riferimento al suo ruolo di nunzio a Washington; ebbene: cosa pensa di questa evoluzione? A cosa può essere dovuta? Che prospettive intravede in questo senso?
CMV: Immagino che il motivo per cui l’opposizione all’ideologia conciliare parlasse inizialmente in francese – per riprendere la Sua espressione – fosse dovuto al fatto che in quegli anni la Francia poteva vantare intellettuali di un certo spessore, laici e chierici, per i quali era evidente lo strettissimo legame tra le vicende sociali e quelle ecclesiali. Non dimentichiamo che la Francia si trovava dinanzi agli aspri conflitti sociali del Sessantotto e ad una forma di ultra-progressismo che in Italia era forse meno diffusa, soprattutto al di fuori delle grandi città. In Francia si ebbe una maggiore percezione della rivoluzione in atto in un Paese di tradizione cattolica che aveva già vissuto le persecuzioni e gli esiti dei governi anticlericali. L’Inghilterra, dove il cattolicesimo minoritario si è sempre dovuto confrontare con l’anglicanesimo, l’evidenza dell’avvicinamento della chiesa conciliare alle posizioni liturgiche e dottrinali del Protestantesimo portò ad una risposta altrettanto ferma e corale da parte dei fedeli e di tanti acattolici, i quali consideravano incomprensibile la resa della Santa Sede alla mentalità secolarizzata della società moderna. Il cosiddetto «Indulto di Agatha Christie» manifestò lo sgomento di tanti intellettuali per la decisione di cancellare la liturgia tradizionale, che costituiva l’elemento di differenza rispetto agli anglicani e suonava come una sconfessione di secoli di eroica resistenza dei cattolici alla persecuzione religiosa. Il sano ecumenismo preconciliare che aveva favorito un costante movimento di ritorno di Anglicani in seno alla Chiesa cattolica proprio negli anni Settanta, specialmente a seguito della riforma liturgica, conobbe una battuta d’arresto e le “conversioni” si orientarono verso le chiese orientali. Secondo le tesi eterodosse conciliari, si pensava invece che si dovessero lasciare nello scisma e nell’eresia anche quanti avrebbero desiderato o desideravano con cuore sincero rientrare nell’unico ovile sotto l’unico pastore.
L’Italia, sede del papato e politicamente guidata dalla Democrazia cristiana, rispose in modo molto più marginale alla rivoluzione conciliare, forse proprio a causa del fatto che apparentemente il cattolicesimo non sembrava a rischio di estinzione.
Il risveglio degli Stati Uniti è più recente, ed è frutto del ritardo con cui i cattolici americani hanno visto minacciata la fede e la liturgia nella vita di tutti i giorni. Negli anni Cinquanta la Chiesa americana era in grande espansione, grazie all’azione lungimirante di Pio XII e all’apostolato di tanti ottimi prelati, tra i quali non possiamo non ricordare l’arcivescovo Fulton Sheen. Quell’entusiasmo proprio di una nazione relativamente giovane, quelle innumerevoli conversioni e la “freschezza” del cattolicesimo statunitense ritardarono probabilmente la manifestazione esteriore della crisi, che peraltro era già iniziata nelle università dei gesuiti e nelle conventicole del progressismo da cui uscirono Biden, Kerry, Pelosi e altri politici “cattolici” (qui).
Temi legati alla morale cattolica come il rispetto della vita furono inoltre condivisi da presidenti che pure cattolici non erano, con il plauso dell’episcopato e dei fedeli. È solo recentemente che la spaccatura tra la base e i vertici della società e della Chiesa si è fatta più percepibile: da un lato con presidenti dichiaratamente abortisti – a iniziare da Bill Clinton – e dall’altro con vescovi molto più vicini alle istanze del progressismo europeo ormai dilagante non solo in Francia e in Inghilterra, ma anche in Italia e nei Paesi di forte tradizione cattolica come la Spagna, il Portogallo, l’Irlanda. Questa spaccatura ha evidenziato la distanza tra i cittadini e i politici, tra i fedeli e i vescovi: è normale – e direi lodevole e provvidenziale – che dinanzi al tradimento della classe politica e della gerarchia si sia avuto un risveglio delle coscienze, che nel presidente Trump ha visto un difensore dei valori tradizionali del popolo americano in cui anche i cattolici potevano riporre fiducia. La frode elettorale dello scorso 3 novembre ha viceversa rinsaldato il pactum sceleris del deep state e della deep church, portando alla Casa Bianca un presidente sedicente cattolico ma totalmente asservito all’ideologia globalista e ai piani del Nuovo Ordine Mondiale, con l’appoggio determinante di vescovi, intellettuali e media cattolici ultra-progressisti. La gestione della pseudo-pandemia negli Usa ha mostrato il vero volto della deep church, aprendo gli occhi a molti fedeli e facendo loro comprendere le complicità esistenti tra i fautori del Great Reset. Quando l’esito reale delle presidenziali sarà finalmente evidente e si potrà procedere a nuove elezioni non viziate da interferenze e manipolazioni, Biden trascinerà con sé anche la deep church americana, ridando slancio all’impegno sociale dei cattolici, specialmente a quanti tra di loro non intendono accettare adulterazioni della fede, della morale e della liturgia della Chiesa.
RS: Mai come in questo periodo è sentito il tema della devozione mariana. Il “dibattito” – chiamiamolo così – sui titoli della Vergine si è acceso dopo che Bergoglio ha sminuito ancora una volta il peso della corredenzione. Per difendere le prerogative di Maria abbiamo recentemente dato alle stampe il Libro d’Oro di Maria Santissima: non crediamo che possa esistere un cattolicesimo senza Maria, del resto crediamo che non sia possibile non individuare nel Concilio e in chi ha gestito il post-Concilio la causa dell’assalto anti-mariano che stiamo vivendo. Da un lato con vere e proprie picconate – dirette e indirette – per mezzo di discorsi pubblici e “documenti”, dall’altro lasciando galleggiare un sentimentalismo neo-apparizionista che pare la negazione del vero culto mariano. Non dimentichiamo che con Giovanni Paolo II sul soglio di Pietro e Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede furono condotte – in nome dell’ecumenismo e con le targhe alterne tipiche della dinamica rivoluzionaria[1] – operazioni inaccettabili in questo senso. Valgano due piccoli esempi. Nel 1996, durante il XII Congresso mariologico internazionale di Częstochowa un gruppo di teologi – tra cui tre “ortodossi”, un anglicano e un luterano – pubblicarono una dichiarazione contro la proclamazione del dogma della corredenzione. In perfetto stile dialogante-indifferentista – ed è questo il punto nodale della questione – furono definiti “ambigui” i titoli di corredentrice, mediatrice e avvocata, il testo fu poi pubblicato sul quotidiano della Santa Sede[2].
Inoltre, ed è il secondo punto, Mettendo provvisoriamente in secondo piano le disastrose conseguenze della “riforma” sul culto mariano e quasi si potesse amare Maria separandola dal Corpo Mistico di Cristo, oscurando il suo ruolo di “Trionfatrice di tutte le eresie”, Giovanni Paolo II affermò nell’udienza generale del 12 novembre 1997: “Gli scritti di Lutero manifestano ad esempio amore e venerazione per Maria, esaltata come modello di ogni virtù: egli sostiene l’eccelsa santità della Madre di Dio ed afferma talvolta il privilegio dell’Immacolata Concezione, condividendo con altri Riformatori la fede nella Verginità perpetua di Maria”[3]. Nella sua esperienza personale, come ha vissuto il declino “conciliare” del culto mariano? Come prelato, cosa può dirci in merito a ciò che ha visto – in relazione a questo tema – nei lunghi anni di attività in Italia e all’estero? Maria Santissima ha avuto un ruolo nella sua “presa di coscienza” rispetto alla crisi nella Chiesa?
CMV: Ciò che accomuna gli eretici di tutti i tempi è l’insofferenza nei confronti del culto riservato alla Santissima Vergine e della dottrina mariana che esso presuppone e di cui è espressione liturgica. Non vi è peraltro da stupirsi: Satana vede nella Madre di Dio Colei che nel Suo Figlio ha schiacciato il capo dell’antico Serpente, che nel corso della Storia ha sbaragliato gli assalti dell’Inferno contro la Chiesa e che alla fine dei tempi conseguirà la vittoria finale sull’Anticristo e su Satana.
La Santissima Trinità si compiace di condividere l’opera della Redenzione con Nostra Signora, alla quale ha concesso privilegi che nessuna creatura ha mai nemmeno potuto concepire, primi fra tutti quello di averla preservata dal peccato originale e di averne custodito intatta la Verginità prima, durante e dopo la nascita del Salvatore. In Maria, nuova Eva, Satana vede la creatura che trionfa su di lui, riparando alla tentazione e alla caduta di Eva: ecco perché Ella è corredentrice, assieme a Cristo nuovo Adamo.
La devozione filiale alla Madonna è difficilissima da sradicare nel popolo cristiano: anche dopo la pseudo-riforma protestante e dopo lo scisma anglicano il culto della Vergine era sopravvissuto, al punto da richiedere particolari sforzi per cancellarlo: è difficile strappare dal cuore dei semplici l’amore verso la Madre celeste, quando esso è così spontaneo, naturale e consolatorio. Penso ai casi di eretici ritornati in seno alla Chiesa grazie alla devozione a Maria Santissima, anche solo per un Ave Maria che la loro madre aveva insegnato a recitare da piccoli. E questa devozione è semplice, umile, dolce, confidente, purissima; essa non viene meno in chi ignora le vette della dottrina, perché ci vede figli e vede Lei come Madre, al di là di tutto, riconoscendo in Lei la Salvatrice, la Misericordiosa, l’Avvocata a cui ricorrere sempre e nonostante tutte le nostre colpe, anche quando ci spaventa alzare lo sguardo verso il suo divin Figlio che abbiamo offeso. «Ecco tua madre» (Gv 19, 26-27).
Per questo Satana odia «la Signora», come La chiama durante gli esorcismi: egli sa benissimo che la potenza di Gesù Cristo non solo non è minimamente offuscata dalla Madre, ma anzi ne è esaltata, perché mentre il suo orgoglio lo ha sprofondato all’Inferno, l’umiltà di lei l’ha esaltata sopra tutte le creature, concedendole di portare nel suo seno quel Figlio di Dio che Lucifero non tollerava potesse incarnarsi, assumendo un corpo umano.
Il declino del culto mariano dopo il Concilio è solo l’ultima espressione, e direi la più aberrante e scandalosa, dell’avversione di Satana nei riguardi della Regina del Cielo. Esso è uno dei segni che quell’assise non viene da Dio, come non vengono da Dio coloro che osano anche solo mettere in discussione i titoli e i meriti della Vergine Santissima. D’altra parte, quale figlio si permetterebbe di abbassare la propria madre, per compiacere i nemici di suo padre? E quanto più grave è questa abbietta complicità con eretici e pagani, quando è in causa l’onore della Madre di Dio e Madre nostra? la Prediletta della Trinità, che Dio Padre ha eletta Sua Figlia, Dio Figlio a propria Madre e lo Spirito Santo a propria Sposa?
Credo che il dono della mia “conversione”, della mia presa di coscienza dell’inganno conciliare e dell’apostasia presente sia stato possibile grazie alla mia devozione costante nei confronti della Madonna, alla quale mai sono venuto meno. Porto con me il ricordo vivissimo della recita del Santo Rosario sin da bambino, quando sotto i bombardamenti alleati – nell’aprile 1944 – mia madre ci portava nel rifugio antiaereo sotto la nostra casa di Varese e mi stringeva a sé invocando la protezione della Madonna, la cui immagine era rischiarata da un piccolo lume. La Corona benedetta ha sempre animato la mia preghiera.
Sarà la Vergine Santa, con il suo calcagno, a schiacciare gli idoli infernali che infestano e profanano la Chiesa di Suo Figlio; lei a restituire la Corona regale al Figlio, spodestato dai suoi stessi ministri; lei a sostenere e proteggere i buoni in queste ore di tenebre; lei a impetrare grazie di conversione e pentimento nei peccatori.
RS: Anche il tema liturgico è rilevante. Oggi ci pare che una delle battaglie più ardue sia spiegare ai fedeli la profonda differenza che corre tra la Messa di sempre e quella risultata dalla rivoluzione neomodernista-conciliare. Non solo per la teologia che è sottesa, ma per la storia stessa della “Messa di Paolo VI”. Pochi sono i cattolici a conoscenza del fatto che quella riforma fu fatta con l’ausilio di una commissione cui parteciparono noti esponenti protestanti, con l’esito che ora vediamo, ovvero un rito ecumenico. Purtroppo oggi non manca un clima di “indifferentismo sostanziale” in materia liturgica, figlio pure dei contenuti contraddittori del motu proprio Summorum pontificum di Benedetto XVI, come abbiamo accennato nella conversazione precedente[4]. Trattando anche del tema della Messa, in un Suo intervento sul sito dell’amica dottoressa Maria Guarini il 9 giugno 2020, Lei ha affermato: «Quando nel corso della Storia si sono diffuse eresie, la Chiesa è sempre intervenuta prontamente a condannarle, com’è avvenuto al tempo del Conciliabolo di Pistoia del 1786, che del Vaticano II fu in qualche modo anticipatore». Può ampliare questa riflessione? Riferendosi alla bolla Auctorem fidei, che elementi si possono evidenziare in relazione all’attualità? Come agire per rendere manifesti al maggior numero di persone i fatti che sono implicati in questo paragrafo?
CMV: Concordo con Lei sul fatto che sia quantomeno difficile sostenere che il Corpo Mistico possa elevare al suo Capo la preghiera liturgica – che è atto ufficiale, solenne e pubblico – con una voce doppia: questa duplicità può significare doppiezza, e ripugna alla semplicità e alla linearità della Verità cattolica, così come ripugna a Dio, la cui Parola è eterna ed è la Seconda Persona della Santissima Trinità. Cristo non può rivolgersi al Padre con una voce perfetta – che i novatori chiamano “forma straordinaria” – e allo stesso tempo con una voce imperfetta, ammiccante ai nemici di Dio, in una “forma ordinaria”.
D’altra parte, la stessa infelicissima espressione “forma ordinaria” tradisce la consapevolezza di una “ordinarietà” che nel linguaggio comune indica qualcosa di non speciale, di scontato, di poco valore o di scarso livello: dire che una persona è “ordinaria” non suona certo come complimento. Credo quindi che questa situazione vada accettata e sopportata come una fase transitoria, in cui certamente la Liturgia tradizionale ha modo di tornare a diffondersi facendo tanto bene alle anime, in vista di un necessario ritorno all’unico rito cattolico e alla indispensabile abolizione della sua versione conciliare. Non dimentichiamo che nella Liturgia la Chiesa si rivolge alla Maestà di Dio, non agli uomini; i battezzati, membra vive della Chiesa, si uniscono alla preghiera liturgica per il tramite dei sacri ministri, che sono “pontefici” tra loro e la Santissima Trinità. Fare della liturgia una sorta di evento antropocentrico è quanto di più alieno allo spirito cattolico.
Il mio riferimento al Conciliabolo di Pistoia è dovuto alla significativa riproposizione degli errori condannati dalla Bolla Auctorem fidei nei testi conciliari ed ancor più del cosiddetto “magistero” del postconcilio. Dico significativa perché, come in Dio la Verità è coessenziale, così anche la menzogna e l’errore sono il marchio di Satana, il quale ripete il suo grido di ribellione attraverso i secoli, sempre attaccando la Verità che egli odia di un odio inestinguibile. Da Ario a Loisy, da Lutero a Fr. Martin s.j.LGBTQ l’ispiratore è sempre lo stesso. Per questo la Chiesa condanna sempre l’errore e afferma sempre la medesima Verità, per questo gli eretici ripropongono sempre gli stessi errori. Nulla di nuovo rispetto all’infedeltà del popolo di Israele con il vitello d’oro o all’abominazione di Assisi, della pachamama e di Astana.
RS: Quasi a consuntivo di quanto detto sin qui, risulta difficile non entrare più specificamente nel tema dell’ecumenismo che, come si nota anche dalle questioni precedenti, è strettamente legato con tutti gli aspetti della crisi alla quale assistiamo. Presente in maniera conclamata almeno dagli incontri di Paolo VI con Atenagora e dal bacio al piede dell’“ortodosso” Melitone, via via trionfante nelle varie Assisi 1986 (Giovanni Paolo II) e 2011 (Benedetto XVI) sino al documento di Abu Dhabi e all’effige pagana portata in San Pietro durante il sinodo amazzonico, questo cammino indifferentista risulta frontalmente condannato – nella teoria e nella prassi – da innumerevoli documenti pontifici (valgano per tutti la Mortalium animos di Pio XI, la Pascendi di Pio X e il Sillabo di Pio IX). Ripugnante non solo al lume soprannaturale della Fede ma prima di tutto al lume naturale della ragione in quanto illogico, falso e perverso, è risuscito a prosperare per la connivenza aperta dei cosiddetti “progressisti” e, purtroppo, di non pochi “conservatori”. Nella Sua esperienza, e in particolare nelle diverse missioni che ha svolto nei vari continenti, ha riscontrato – almeno in via privata – qualche presa di coscienza dell’Episcopato su questo tema? Ovvero: al netto delle “prudenze” pubbliche, esiste tra il clero chi almeno a microfoni spenti riconosce la gravità di questa apostasia? Se sì, la consapevolezza le pare cresciuta nel corso degli anni con l’aggravarsi degli atti compiuti?
CMV: I vescovi e i sacerdoti che amano Nostro Signore sanno perfettamente che tra la Fede rivelata e la dottrina conciliare vi è un’incongruenza insanabile. E lo sanno perfettamente anche i mercenari, mitrati o meno, che propagano l’errore e si fanno promotori della rivoluzione. Ma mentre i mercenari intendono davvero cambiare la Chiesa per trasformarla in una sorta di ong imbevuta di principi massonici, i buoni pastori non si rassegnano a credere che molti cedimenti rappresentino non la necessaria conseguenza di ben precisi errori insinuati dal Vaticano II, ma quasi un incidente di percorso che prima o poi verrà in qualche modo corretto. Questo errore filosofico e psicologico, ancor prima che teologico, li induce a cercare di tenere insieme la matrice della crisi presente e la fedeltà al Magistero immutabile della Chiesa, in un’opera titanica destinata al fallimento perché è appunto vana e innaturale.
Mi permetto un paragone. Se il medico riscontra dei sintomi di una precisa malattia, la sua diagnosi identifica la patologia e adotta una terapia volta ad eliminare la causa dei sintomi, non a cancellare solo i sintomi; e men che meno potrà curare i sintomi, rifiutandosi di collegarli alla malattia, perché così facendo darebbe un sollievo momentaneo al paziente ma lo condurrebbe alla morte. Lo stesso avviene nella cosa pubblica: se un governante riscontra un incremento della criminalità dovuto all’immigrazione incontrollata, potrà certamente arrestare i criminali, ma non otterrà alcun risultato se non fermerà l’immigrazione clandestina. Ora, se questo è evidente in questioni della vita quotidiana, perché dovrebbe valere altrimenti in questioni ben più gravi come quelle che riguardano l’adorazione dovuta alla Maestà di Dio, l’onore della Chiesa e la salvezza delle anime?
Penso che i miei confratelli dovrebbero avere l’umiltà di riconoscere l’inganno nel quale sono caduti; di identificare la causa dottrinale, morale e liturgica all’origine della crisi; di ritornare indietro dal comodo sentiero che hanno erroneamente intrapreso, per poi riprendere quello stretto e irto che hanno abbandonato e che nel corso dei secoli ha dimostrato di essere l’unico percorribile: la via della Croce, del sacrificio di sé, della testimonianza eroica alla Verità, ossia a Gesù Cristo. Quanto ciò avverrà, si moltiplicheranno gli attacchi del demonio e dei suoi servi contro la Chiesa, com’è sempre avvenuto: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 18-27), ma conquisteranno il Cielo e la palma della vittoria. Viceversa, se crederanno di poter venire a patti con il mondo e il suo principe, essi dovranno rispondere a Dio delle anime loro affidate. E della loro.
Questa compiacenza nei riguardi della mentalità del secolo tradisce forse una mancanza di coraggio e una pusillanimità, l’esatto contrario di ciò che dev’essere un cattolico e ancor più un ministro di Dio: «Il regno dei cieli soffre violenza e i violenti lo conquistano» (Mt 11, 12).
RS: La salutiamo e ringraziamo per questa conversazione.
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[1] Non stupisce che, come da copione “rivoluzionario”, vi siano stati in questo periodo anche pronunciamenti “favorevoli” al culto mariano, ovviamente alternati con pratiche opposte e inseriti in un contesto generale neomodernistico, producendo gli esiti ormai noti.
[2] L’Osservatore Romano, 4 giugno 1997.
[3] Udienza generale del 12 novembre 1997.
http://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1997/documents/hf_jp-ii_aud_12111997.html
[4] In particolare si noti il passaggio: “Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della lex orandi (legge della preghiera) della Chiesa cattolica di rito latino. Tuttavia, il Messale Romano promulgato da san Pio V e nuovamente edito dal beato Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa lex orandi e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della lex orandi della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella lex credendi (legge della fede) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano”.
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Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.
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