Un piano universale di sovversione / 4. La recessione economica e i piani per il Great Reset
Cari amici di Duc in altum, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha pubblicato uno studio controcorrente sulle misure che sono state applicate per fronteggiare la pandemia da Covid-19. Lo studio, ricco di fonti verificabili, sfata numerosi dogmi della visione fondata sul terrore. Si tratta di un testo esaustivo ma, a causa della sua dimensione, non lo posso pubblicare integralmente sul blog. Ho deciso dunque di dividerlo in puntate. Qui trovate la quarta. Fornirò l’apparato delle note in occasione dell’ultima puntata. Buona lettura!
di José Antonio Ureta e Frederico Abranches Viotti
Istituto Plinio Corrêa de Oliveira
Nell’aprile 2020, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira previde un disastroso impatto economico a causa dei confinamenti e citava in particolare il caso dell’Italia.
In realtà, la contrazione dell’economia mondiale, il numero di fallimenti aziendali e l’aumento della disoccupazione sono stati, almeno per il momento, notevolmente inferiori a quelli inizialmente annunciati. Ma tutto ciò è il risultato degli aiuti faraonici concessi dai governi, che non hanno tenuto conto dell’esplosione del debito pubblico. Una situazione, estremamente precaria, che può improvvisamente peggiorare, a causa del prolungarsi della recessione, dell’esplosione di una bolla finanziaria, dell’aumento dei tassi di interesse sul debito, o semplicemente della sfiducia dei mercati, facendo collassare il fragile castello di carte dell’attuale economia.
Questo contenimento della depressione ha impedito l’esplosione di sconvolgimenti sociali, poiché i più colpiti stanno ancora ricevendo aiuti di emergenza e, soprattutto, perché preoccupati della sopravvivenza quotidiana. Ma la situazione può peggiorare – come ha riconosciuto Jacques Attali, consigliere di tutti i presidenti francesi, da Mitterrand a Macron, in una recente intervista al quotidiano Clarín di Buenos Aires: “Quello che mi preoccupa di più è il fatto che l’umanità non ha ancora capito che la crisi in arrivo sarà molto, molto profonda in termini di recessione, disoccupazione e miseria” [64].
Dove non è stato possibile però evitare l’impatto sociale è stato nei paesi poveri. Sulla base di un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro, il documento dell’Ipco prevedeva una perdita complessiva del 6,7% dell’orario lavorativo, equivalente all’intera giornata di 195 milioni di lavoratori, il che significava un numero molto maggiore di disoccupati, poiché molti di loro lavorano part-time. La realtà è stata molto peggiore: è andato perso l’8,8% dell’orario lavorativo globale, pari a 255 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Ciò ha comportato un calo dell’8,3% del reddito globale da lavoro, parzialmente compensato dagli aiuti di Stato. Anche così, secondo un recente studio della Banca mondiale [65], nel 2020 tra 119 e 124 milioni di persone sono cadute in condizioni di estrema povertà o è stato loro impedito di abbandonarla a causa della crisi globale (negli ultimi due decenni, 54 milioni di persone erano uscite ogni anno la povertà). L’aumento esponenziale della povertà nei paesi poveri ha, infatti, portato al previsto peggioramento della fame acuta e delle morti per malnutrizione nelle aree più misere del pianeta.
Quello che l’Ipco non poteva prevedere è che i massimi esponenti del macro-capitalismo globalizzato avrebbero approfittato della precaria situazione economico-finanziaria per proporre un grande re-inizio (da loro chiamato “Great Reset”) per trasformare radicalmente l’attuale sistema economico capitalista, basato sulla proprietà privata e la libera iniziativa.
Nell’edizione 2019 del World Economic Forum, a Davos, l’attivista verde Greta Thunberg aprì la pista su cui sarebbero andati a sciare gli uomini d’affari: “Non voglio che speriate, vi voglio vedere nel panico” [66]. Toccò al presidente fondatore del Forum, il dottor Klaus Schwab, concretizzare il desiderio della giovane attivista: “La pandemia rappresenta una rara e ristretta finestra di opportunità per riflettere, re-immaginare e resettare tutto e creare un futuro più sano, più equo e più prospero” [67]. Parole apparentemente simpatiche, ma che nascondevano l’enorme cambiamento sociale in atto a cui è stato dato il nome di “nuova normalità” e “Great Reset“.
Una finestra di opportunità che intendono sfruttare senza indugi e in modo efficiente, come auspicato da Jacques Attali nell’intervista al Clarín: “Quello che mi ha sorpreso di più è stato che, quasi dall’oggi al domani, più di 2,5 miliardi di persone hanno iniziato a lavorare da remoto. Questo dimostra che l’umanità, sotto pressione, può cambiare molto velocemente” [68].
Per avere un’idea più precisa di come potrebbe essere il futuro del mondo dopo il Great Reset sognato dalla Thunberg, Schwab & Co., basti citare alcuni passaggi di un articolo pubblicato sul sito WeForum, una delle piattaforme di discussione all’interno del World Economic Forum. La sua autrice, Ida Auken, ex ministro danese dell’Ambiente e attuale deputata socialdemocratica, sotto il titolo Ecco come potrebbe cambiare la vita nella mia città entro il 2030, inizia sottolineando che le sue parole non devono essere interpretate come “un sogno, un’utopia”: “È uno scenario che mostra dove siamo diretti”. Si tratta di un futuro ecologico, comunista e robotico, dove tutto è controllato da telecamere, in stile cinese: “Benvenuti nel 2030. Benvenuti nella mia città, o forse dovrei dire ‘la nostra città’. Non possiedo nulla. Non ho un’auto. Non ho una casa. Non posseggo alcun elettrodomestico o vestito. Potrebbe sembrarvi strano, ma tutto ciò ha perfettamente senso per noi in questa città. Tutto ciò che voi consideravate un prodotto, ora è diventato un servizio. Abbiamo accesso ai trasporti, agli alloggi, al cibo e a tutto ciò di cui abbiamo bisogno nelle nostre vite quotidiane. Poco per volta, tutte queste cose sono diventate gratuite, quindi non ha senso per noi averne tante. […] Quando l’energia pulita è diventata gratuita, le cose hanno iniziato a muoversi velocemente. Il prezzo dei trasporti è crollato. Per noi non ha più avuto senso possedere un’auto, perché in pochi minuti possiamo chiamare un veicolo a guida automatica o un’auto volante per i viaggi più lunghi. […] Nella nostra città non paghiamo alcun affitto, perché, quando non ne abbiamo bisogno, qualcun altro utilizza il nostro spazio libero. Il mio salotto viene usato per incontri di lavoro quando non ci sono”.
“[…] Shopping? Non riesco a ricordare cosa sia. Per molti di noi, si è trasformato nello scegliere le cose da usare. A volte lo trovo divertente, altre voglio che sia l’algoritmo a farlo per me. Conosce i miei gusti meglio di me. Quando l’IA (intelligenza artificiale, ndr) e i robot ci hanno sostituito nella maggior parte dei nostri lavori, abbiamo improvvisamente avuto tempo per mangiare bene, dormire e trascorrere tempo con altre persone. […] Per un po’, tutto si è trasformato in puro intrattenimento e le persone non hanno più voluto preoccuparsi delle questioni complesse. Soltanto all’ultimo abbiamo scoperto come utilizzare tutte queste tecnologie per scopi migliori e non solo per ammazzare il tempo”.
“[…] Di tanto in tanto mi infastidisce il fatto di non avere una vera privacy. Non posso andare da nessuna parte senza venire registrata. So che, da qualche parte, ogni cosa che faccio, penso o sogno viene registrata. Spero soltanto che nessuno la usi contro di me. Tutto sommato, è una bella vita. Di gran lunga migliore rispetto alla strada che stavamo percorrendo, quando è diventato chiaro che non potevamo continuare con lo stesso modello di crescita” [69].
Le forze “progressiste” sognano di fatto di imporre questa distopia al mondo intero, seguendo lo stesso metodo di paura indotta attraverso cui hanno già imposto la dittatura sanitaria. Durante una riunione dei presidenti dei parlamenti dei paesi del G7, organizzata dalla signora Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti negli Stati Uniti, sir Lindsay Hoyle, attuale presidente della Camera dei Comuni britannica, ha chiesto: “Se la grande lezione della pandemia è stata che la chiave è intraprendere azioni serie in modo tempestivo, perché ciò non sarebbe altrettanto vero per il cambiamento climatico?” E ha aggiunto: “Nessuno poteva mai immaginare che avremmo indossato così facilmente le mascherine e che saremmo stati anche così accomodanti” [70].
Mariana Mazzucato, professoressa di Innovazione economica all’Università di Londra, prevede che “proteggere il futuro della civiltà richiederà interventi drammatici” e che “nel prossimo futuro il mondo potrebbe dover ricorrere di nuovo ai lockdowns, questa volta per affrontare un’emergenza climatica”. E ha aggiunto: “Sotto un ‘blocco climatico’, i governi limiterebbero l’uso dei veicoli privati, vieterebbero il consumo di carne rossa e imporrebbero misure estreme di risparmio energetico, mentre le compagnie di combustibili fossili dovrebbero smettere di perforare”. E, adottando una posizione simile a quella di Klaus Schwab, suggerisce che “per evitare uno scenario del genere, dobbiamo rimodellare le nostre strutture economiche e rendere il capitalismo diverso”, andando verso “una trasformazione economica verde”. Per ottenerla, gli Stati dovrebbero subordinare al rispetto di rigorosi obblighi sociali ed ecologici la concessione di ingenti aiuti economici alle imprese beneficiarie. E “dato che i mercati non guideranno da soli una rivoluzione verde”, ciò “richiederà uno Stato imprenditore che innovi, si assuma rischi e investa accanto al settore privato” [71].
Benvenuti nel Socialismo del XXI secolo che ha portato il Venezuela alla bancarotta e sei milioni di cittadini a emigrare.
4.Continua
Le precedenti puntate sono state pubblicate il 24 (qui), il 25 (qui) e il 26 (qui) maggio 2021.
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Cari amici di Duc in altum, è disponibile il mio nuovo libro: La trave e la pagliuzza. Essere cattolici “hic et nunc” (Chorabooks).
Uno sguardo sulla situazione della Chiesa cattolica e della fede. Senza evitare gli aspetti più controversi e tenendo conto dell’orizzonte dei nostri giorni, segnato dalla vicenda del Covid. Un diario di viaggio in una realtà caratterizzata da profonde divisioni, ma con la volontà di costruire, non di distruggere. E sapendo che il processo di conversione riguarda tutti, a partire da se stessi.
Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.
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