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Un piano universale di sovversione / 5. Il sostegno di Francesco al governo mondiale unificato (e filocinese)

Cari amici di Duc in altum, l’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira ha pubblicato uno studio controcorrente sulle misure che sono state applicate per fronteggiare la pandemia da Covid-19. Lo studio, ricco di fonti verificabili, sfata numerosi dogmi della visione fondata sul terrore. Si tratta di un testo esaustivo ma, a causa della sua dimensione, non lo posso pubblicare integralmente sul blog. Ho deciso dunque di dividerlo in puntate. Qui trovate la quinta. Fornirò l’apparato delle note in occasione della sesta e ultima puntata. Buona lettura! 

di José Antonio Ureta e Frederico Abranches Viotti

Istituto Plinio Corrêa de Oliveira

Nel suo documento di un anno fa, l’Ipco avvertiva che i promotori di questa “nuova società” proclamavano una risposta coordinata e globale come unica soluzione alla pandemia, cosa che richiederebbe un organo esecutivo globale che imponesse, come primo passo, un coordinamento fiscale e monetario.

L’Unione europea è stata per diverse decadi un’iniziativa pionieristica per la graduale erosione delle sovranità a beneficio di un’entità sovranazionale. Il suo più grande passo in questa direzione fu la creazione di una moneta unica amministrata dalla Banca europea, a condizione che non ci fosse una mutualizzazione dei debiti dei paesi membri, in modo che i paesi nordici “frugali” non si vedessero costretti a pagare i disavanzi dei paesi “dispendiosi” del Sud.

Tuttavia, dopo i lockdowns e con il pretesto di evitare la recessione, quel diktat è caduto e una vera mutualizzazione del debito pubblico è stata inclusa nel bilancio settennale della Ue e nello strumento di recupero temporaneo denominato Next Generation Eu. 750 miliardi di euro di debito saranno emessi congiuntamente e trasferiti ai paesi dell’Ue sotto forma di sovvenzioni e prestiti, subordinatamente all’ottenimento dell’approvazione da parte della Commissione europea del piano nazionale per le riforme e gli investimenti (ennesima limitazione alla sovranità), il quale deve imperativamente dare priorità alla “transizione ecologica” e alla “transizione digitale”. L’Istituto Jacques Delors ha applaudito l’iniziativa, affermando: “È una delle più ambiziose di una lunga serie di proposte per la mutualizzazione del debito europeo” [72]. D’altra parte, alcuni analisti hanno considerato il fondo Next Generation Eu come un vero e proprio “socialismo di guerra” che blocca la società, in cui “gli Stati fanno un altro passo avanti rispetto alla società civile e sono essi stessi parzialmente superati da una governance europea rafforzata” [73].

Ma il progresso più grande verso gli “Stati Uniti d’Europa” – voluto dalla corrente federalista sin dal lancio, nel 1923, del Manifesto paneuropeo del conte Coudenhove-Kalergi – è avvenuto nel campo della sanità pubblica, nel senso di un graduale risucchio delle competenze degli Stati membri a favore della Commissione europea, che ha iniziato a coordinare una risposta europea comune all’epidemia da coronavirus. Nel Trattato di Lisbona (2007), l’Europa unita aveva acquisito le competenze per integrare in modo permanente le politiche nazionali attraverso la sua strategia sanitaria, così come per garantire “la sorveglianza di gravi minacce sanitarie transfrontaliere” e per combatterle.

La Commissione europea ha approfittato della crisi del virus cinese per imporre un’autentica mutualizzazione della risposta sanitaria attraverso:

  • Negoziazione e acquisizione di attrezzature mediche, test, medicinali e vaccini, facendo dell’Unione europea il principale negoziatore e acquirente (comprese transazioni estremamente costose per farmaci inefficaci contro il Covid-19 e con gravi effetti collaterali, come il Redemsivir, del laboratorio Gilead);
  • Investimenti diretti dell’Ue in progetti di ricerca e sviluppo per diagnostica e trattamenti attraverso l’Iniziativa sui medicinali innovativi;
  • Adozione di regole per l’uso, la convalida e il riconoscimento reciproco tra i paesi membri dell’Ue dei test antigenici rapidi e la standardizzazione dei certificati di vaccinazione per scopi medici;
  • Lancio del programma “Hera Incubator”, in collaborazione con ricercatori, aziende biotecnologiche, produttori ed enti pubblici, finalizzato a rilevare nuove varianti, sviluppare nuovi vaccini adattati e accelerarne il processo di approvazione;
  • Sponsorizzazione, in collaborazione con l’Oms, di riunioni dell’High Level Facilitation Council, con l’obiettivo di accelerare, su scala mondiale, lo sviluppo e l’impianto di vaccini, test e trattamenti, nonché per migliorare i sistemi sanitari;
  • Contributo finanziario al meccanismo Covax per garantire un equo accesso a vaccini, test, cure e organizzazione di una campagna di raccolta donazioni a favore del Coronavirus Global Response, che ha raccolto 15,9 miliardi di euro a favore del medesimo obiettivo [74].

Se alziamo lo sguardo dal piano regionale europeo a quello globale, scopriamo che l’Organizzazione mondiale della sanità non solo ha svolto un ruolo di primo piano nel creare il clima di panico che ha condizionato le risposte dei governi, ma ha anche acquisito un’importanza crescente nel determinare le politiche di lotta mondiale all’epidemia, con danni alla sovranità sanitaria delle nazioni.

L’Oms ha raggiunto una vera governance de facto attraverso le dichiarazioni dei suoi alti funzionari, i suoi documenti-guida, le sue piattaforme di apprendimento online, il suo Piano strategico di preparazione e risposta, i suoi protocolli di test e trattamento, nonché la certificazione di vaccini e missioni congiunte o di verifica in Cina e altrove [75]. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Salute tedesco Jens Spahn nell’atto di annunciare la creazione a Berlino di un nuovo centro mondiale per la raccolta di dati sulle pandemie in collaborazione con l’Oms, la lotta contro i nuovi virus richiede un “Global Reset”.

“È un fatto naturale che appariranno più virus con il potenziale per innescare epidemie o pandemie”, ha detto Tedros Adhanom Ghebreyesus, capo dell’organizzazione [76]. L’Oms diventerà così una sorta di Pontifex Maximus di riferimento nella nuova “guerra santa” contro le pandemie emergenti.

L’Oms e l’Unione europea sono diventati, nei rispettivi livelli, gli esecutori pionieri del sogno formulato da Jacques Attali nell’articolo del 2009 già citato: “Si dovrà organizzare una polizia mondiale, un sistema mondiale di stoccaggio (delle risorse) e quindi una fiscalità mondiale. Si arriverebbe allora, molto più rapidamente di quanto avrebbe permesso la sola ragione economica, a mettere le basi di un vero governo mondiale” [77].

Con grande dolore e stupore, abbiamo constatato che un nuovo e decisivo sostegno alla germinazione di un governo mondiale unificato è venuto da papa Francesco. Non solo per le sue continue critiche alla gestione delle crisi sanitarie rispettose della sovranità dei paesi e le sue dichiarazioni secondo cui la pandemia avrebbe richiesto una risposta globale [78], ma soprattutto per la pubblicazione della sua controversa enciclica Fratelli tutti.

Per il pontefice la crisi sanitaria del Covid-19 è stata la grande opportunità per uscire da una “autoprotezione egoistica”: “Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più ‘gli altri”’, ma solo un ‘noi’” affinché “l’umanità rinasca con tutti i volti, tutte le mani e tutte le voci, al di là delle frontiere che abbiamo creato” (Fratelli tutti, 35), perché “la vera qualità dei diversi Paesi del mondo si misura da questa capacità di pensare non solo come Paese, ma anche come famiglia umana” (Ft, 141).

Secondo Francesco, è necessario “pensare e generare un mondo aperto” (è il titolo del terzo capitolo dell’enciclica), dove vigano “diritti senza frontiere” (è il sottotitolo di una sezione), perché “nessuno può rimanere escluso” e “i confini e le frontiere degli Stati non possono impedire che questo si realizzi” (Ft, 121). Tuttavia, “per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale” (Ft, 154), è necessario “far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente” (Ft, 165).

In questo contesto è indispensabile – prosegue il papa – “lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate, con autorità designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare”. Una “autorità mondiale” che non risiede in una persona, ma in istituzioni “dotate di autorità per assicurare il bene comune mondiale” (Ft, 172) [79].

Questa autorità mondiale voluta da papa Francesco non sembra essere lontana dal sogno illuminista di una Repubblica Universale incubata nelle logge massoniche già prima della Rivoluzione francese. Non sorprende, quindi, che la Gran Loggia di Spagna abbia pubblicato la seguente dichiarazione: “L’ultima enciclica di Papa Francesco dimostra quanto sia lontana l’attuale Chiesa cattolica dalle sue precedenti posizioni. In Fratelli tutti il Papa abbraccia la Fraternità Universale, il grande principio della moderna Massoneria” [80].

In questa grande fratellanza universale, però, la Cina intende assumere il ruolo di Grande Fratello. Nonostante sia stata il centro dell’inizio della peste e, irresponsabilmente, non abbia avvertito gli altri paesi di quanto stava accadendo, è passata a essere considerata un modello da imitare, vista la presunta efficacia delle sue drastiche misure di contenimento [81]. Inoltre, con invii massicci di mascherine e respiratori a un gran numero di paesi, i leader comunisti cinesi hanno conquistato la simpatia di popolazioni che hanno creduto ingenuamente a un loro presunto disinteresse, mentre le altre nazioni si disputavano questi materiali e innalzavano barriere protezionistiche [82].

Uno dei fattori che maggiormente hanno contribuito a questo cambiamento di atteggiamento è stato il rifiuto dei media e dei leader politici di chiamare il Sars-Cov-2 con il nome di “virus cinese”, mentre – senza remore di incitare al razzismo – hanno riempito i loro giornali e i loro discorsi di riferimenti alle varianti inglese, brasiliana, indiana o sudafricana.

Un sondaggio della società Swg, realizzato in Italia poco dopo che il paese era stato colpito dal coronavirus e soccorso dai cinesi, mostrò che in quella congiuntura l’ex Impero Celeste era salito al primo posto sul podio dei paesi “amici”, con il voto del 52% degli intervistati, seguita dalla Russia con il 32%, mentre gli Usa si erano piazzati al terzo posto con il voto del solo 17% degli interpellati. Al contrario, all’inizio della pandemia, i vicini europei erano considerati “ostili” (Germania 45%, Francia 38% e Regno Unito 17%) [83].

Un sondaggio condotto lo scorso gennaio – quasi un anno dopo – da Datapraxis e YouGov, su quindicimila intervistati in undici paesi europei, ha mostrato che il 59% di questi crede che tra dieci anni la Cina sarà una potenza più forte degli Stati Uniti. I tassi più elevati sono stati registrati nei paesi del Sud: spagnoli (79%), italiani e portoghesi (72%) e francesi (62%). Risultato di questa percezione geopolitica: il 60% degli intervistati pensa che in caso di disaccordo tra Stati Uniti e Cina, il proprio paese dovrebbe rimanere neutrale; il resto si è diviso tra chi pensa di dover seguire gli Stati Uniti (22%), chi pensa di dover seguire la Cina (6%) e chi non sa rispondere (12%); i più favorevoli alla neutralità sono gli ungheresi (68%), i portoghesi (67%) ei tedeschi (66%) [84].

La persistenza dell’inganno di ampi settori della popolazione occidentale nei confronti della Cina comunista non deve sorprendere. È il risultato non solo della propaganda cinese, ma anche dell’atteggiamento compiacente dei governi e degli uomini d’affari dell’Occidente, per i quali il mercato cinese è la loro ancora di salvezza per uscire dalla recessione, oltre a credere ingenuamente nella futura democratizzazione di quel paese. Ciò, tuttavia, non impedisce a settori sempre più ampi dell’opinione pubblica di riconoscere con crescente sfiducia le vere intenzioni degli eredi di Mao, manifestatesi nella persecuzione degli oppositori interni e nel neocolonialismo della politica estera.

L’attuale competizione globale per i vaccini sta offrendo un’opportunità per rafforzare questo soft power cinese, specialmente nei paesi meno sviluppati, attraverso donazioni e partnership commerciali [85]. In un articolo per il Financial Times intitolato L’Occidente deve prestare attenzione alla diplomazia dei vaccini di Russia e Cina, Moritz Rudolf, dell’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza, ha affermato: “La salute era uno dei tanti argomenti secondari dell’iniziativa Belt & Road [la cosiddetta “nuova via della seta”, la più grande iniziativa geopolitica della Cina in questo secolo]. Con la pandemia, è diventato l’obiettivo principale” [86].

L’America Latina è particolarmente presa di mira dalla diplomazia cinese e, secondo People’s Daily, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese, “sotto lo speciale contesto dell’epidemia, il presidente Xi Jinping ha mantenuto stretti contatti e comunicazioni con i leader di molti paesi latinoamericani, inclusi Brasile, Argentina, Cuba, Messico, Cile e Venezuela, tra gli altri, che hanno consolidato le basi per lo sviluppo delle relazioni tra Cina e America Latina nella nuova situazione e aperto la strada a relazioni future” [87].

Il riferimento alle relazioni di Xi Jinping con il Brasile non riguarda ovviamente il presidente Jair Bolsonaro – che ha manifestato severe restrizioni all’agenda ideologica del Partito comunista cinese -, ma ad alcuni governatori, come a quello dello Stato di San Paolo, che hanno contattato direttamente le autorità cinesi.

Se, all’inizio dell’epidemia, le autorità cinesi erano viste dalla popolazione della regione come responsabili delle difficoltà che stavano vivendo, dopo l’ampia distribuzione di vaccini cinesi l’immagine pubblica della Cina è migliorata agli occhi dei latinoamericani [88]. Questo cambio di atteggiamento ha indotto alcuni governi a invertire la propria posizione di fronte ai massicci investimenti cinesi nella regione e, soprattutto, a eliminare le barriere alla partecipazione della controversa azienda Huawei alle aste di rete 5G dei rispettivi paesi, nonostante i rischi per la sicurezza dei dati trasmessi in rete e per quelli relativi allo spionaggio [89].

Nel confronto con gli Stati Uniti, la Cina si presenta nei forum internazionali come vittima dell’egemonia americana e grande sostenitrice di un mondo “multipolare” fondato sul primato delle organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione mondiale della sanità e le Nazioni Unite, viste come l’asse del vagheggiato Nuovo Ordine Mondiale [90].

In un discorso pronunciato lo scorso 20 aprile al Boao Forum for Asia Annual Conference 2021 – una sorta di “Davos cinese” – il presidente Xi Jinping ha affermato che è necessario “sconfiggere la pandemia attraverso la solidarietà, rafforzare la governance globale e continuare a cercare una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”, perciò si renderebbe necessario “salvaguardare il sistema internazionale incentrato sull’Onu”. Abbiamo bisogno – ha aggiunto – di sviluppare “pienamente il ruolo chiave dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)”, adottando misure ampie “per migliorare la governance globale nella sicurezza della salute pubblica” e creare così “una comunità sanitaria globale per tutti”.

Dopo aver ricordato ai partecipanti che “l’anno 2021 segna il centenario del Partito comunista cinese”, Xi Jinping ha affermato che il suo paese “continuerà a portare avanti la cooperazione anti-Covid con l’Oms e altri paesi, onorerà il suo impegno a rendere i vaccini un bene pubblico globale e farà di più per aiutare i paesi in via di sviluppo a sconfiggere il virus” [91].

È importante sottolineare il continuo uso, da parte della propaganda cinese, così come di altri, di “parole talismaniche” (“multipolare”, “solidarietà”, “governance globale”, “futuro condiviso” ecc.), che assumono un significato diverso e vengono utilizzate per favorire un trasbordo ideologico del pubblico in maniera che accetti in modo sottomesso un’autorità sovranazionale irrispettosa della sovranità di ogni paese. Questo programma ha guadagnato un nuovo alleato nella persona del presidente Joe Biden, che si manifesta favorevole a togliere i brevetti sui vaccini [92] e promette di rafforzare l’Oms [93].

Questa visione “multipolare” coincide in molti punti con il desiderio di papa Francesco di contribuire alla costruzione della sua sognata “globalizzazione poliedrica” [94], che vedrebbe la fine dell’“ordine atlantico” – in vigore dalla fine della Seconda guerra mondiale e dove è rimasto un certo primato dei resti della civiltà occidentale e cristiana. Questa convinzione del pontefice argentino che il XXI secolo sarà il secolo dell’Asia per il trasferimento in Estremo Oriente del polo di progresso dell’umanità, è uno dei motivi che spiega il riciclaggio dell’Ostpolitik e l’avvicinamento del Vaticano alla Cina, culminato nella firma di un accordo sulla nomina dei vescovi.

Tale attrazione per l’Estremo Oriente appare anche nelle nomine cardinalizie, con la concessione, nei sette concistori del suo pontificato, di tredici berrette a prelati della regione asiatica. E si è manifestata ugualmente nell’enciclica Fratelli tutti, come rileva Piero Schiavazzi in un articolo che parla di “una traslatio imperii vera e propria quindi, che il pontefice non ha soltanto assecondato, bensì anticipato, pigmentandola di porpora e ponendo la berretta, o se vogliamo il cappello, sui futuri equilibri planetari”. Secondo l’analista, “il ‘pivot to Asia’ di Francesco […] consiste in una conversione a Est dell’asse preferenziale di politica estera. […] Un ‘libretto rosso’, che si propone alla stregua di un vaccino e antidoto al virus, mutante, dell’individualismo e mercatismo esasperati, nei nuovi scenari del mondo a trazione – e attrazione – orientale” [95].

La conseguenza pratica dell’accordo Cina-Vaticano è che la gerarchia cattolica ufficiale, sottomessa al governo, non solo rimane sotto le grinfie delle autorità cinesi, ma ha anche iniziato a contribuire alla glorificazione del Partito comunista cinese, in preparazione alla celebrazione del suo primo centenario nel prossimo luglio. Monsignor Ma Yinglin – presidente della Conferenza episcopale (della cosiddetta Chiesa patriottica) e uno dei vescovi la cui scomunica è stata sospesa da papa Francesco a seguito dell’accordo -, ha sottolineato in un simposio a Pechino che “senza il Partito comunista non ci sarebbero la Nuova Cina, nessun socialismo con caratteristiche cinesi e nessuna vita felice per noi oggi”. Pertanto, “la comunità cattolica in Cina dovrebbe rispondere attivamente all’iniziativa di amare il Partito, amare la patria, amare il socialismo, sostenere fermamente la leadership del Partito comunista cinese, sostenere il sistema socialista con caratteristiche cinesi, seguire con fermezza la via del patriottismo e amare e adattarsi attivamente alla società socialista” [96].

Ovviamente, questo discorso pro-comunista e la sottomissione alle imposizioni dittatoriali del regime sono respinti da vescovi, sacerdoti e fedeli dell’eroica Chiesa clandestina, che non accettano la posizione scismatica del clero registrato nella Chiesa patriottica, riconosciuta dalle autorità.

In sintesi, il Great Reset (grande riavvio) post-pandemia ha buone possibilità di finire nel declino dell’Occidente, in particolare degli Stati Uniti, e nell’estensione del modello cinese a tutto il mondo: una dittatura digitale centralizzata ispirata a Mao Zedong e con la benedizione di Papa Francesco…

Digitus Dei est hic” (Ex 8, 15) [97]

Questo esaustivo aggiornamento della tesi dell’Ipco, ovvero che in occasione dell’epidemia di Covid-19 abbiamo assistito “al più grande trasbordo ideologico e di ingegneria sociale della storia” potrebbe indurre il lettore a immaginare che riteniamo l’attuale congiuntura esclusivamente come l’esecuzione di un piano puramente umano. Tuttavia, una tale percezione sarebbe fuorviante.

Naturalmente, tutti i dati sopra forniti dimostrano abbondantemente che dietro la dittatura sanitaria e la marcia verso una Repubblica Universale c’è un gruppo di pressione discreto che ha una grande influenza sulle più alte autorità internazionali e nazionali e – quanto è triste dover dirlo! – anche sulle autorità religiose.

Poco importa se il Sars-Cov-19 sia stato deliberatamente preparato come arma di guerra biologica in un laboratorio altamente specializzato a Wuhan, se sia sfuggito involontariamente o se sia il risultato di una mutazione naturale in un animale che in seguito lo ha trasmesso agli esseri umani [98]. Ciò che conta davvero per il futuro dell’umanità è che la sua comparsa ha aperto la finestra di opportunità di coloro che sognavano un Great Reset. La parte dell’uomo nella drammatica situazione in cui vive il mondo è, quindi, innegabile, anche se non fosse stato lui il responsabile dell’evento che è servito da occasione per crearlo.

Una visione cattolica, tuttavia, deve elevarsi al di sopra delle realtà naturali e umane, fino alle realtà più elevate, e chiedersi in che misura e in che modo questo cambiamento di situazione interferisce con la grande battaglia che si svolge nel corso della storia nel mondo soprannaturale. Ovvero la battaglia tra Dio e Satana, tra la Città di Dio e la Città dell’Uomo, per impiegare il paragone di sant’Agostino.

Questa visione della realtà – che non prescinde dalla Fede per analizzare i dati concreti della vita umana – non potrebbe non esaminare il fatto, difficilmente spiegabile in base a circostanze puramente naturali, che, ordinando i paesi in base al tasso di morti per milione di abitanti, appare qualcosa di sorprendente: degli ottantuno paesi il cui tasso è superiore alla media mondiale, sessantacinque di loro (80%) sono di tradizione cristiana, e i primi quarantotto sono tutti paesi cristiani, delle tre Americhe, dei Caraibi e dell’Europa [99].

Allo stesso tempo, la sospensione, per diversi mesi, delle Messe pubbliche in quasi tutti i paesi occidentali, con la triste complicità di molte autorità ecclesiastiche, più attente alla cura del corpo che a quella dell’anima, ha lasciato innumerevoli fedeli orfani, molti dei quali sono morti senza accesso ai sacramenti. La situazione è tanto più grave per il fatto che l’aumento delle restrizioni è avvenuto proprio in occasione delle celebrazioni liturgiche più importanti, come la Pasqua e il Natale.

Come insegna il Catechismo della Chiesa cattolica, “il Male non è un’astrazione; indica invece una persona: Satana, il Maligno, l’angelo che si oppone a Dio. Il ‘Diavolo’, diá-bolos, è colui che ‘si getta di traverso’ al disegno di Dio e alla sua opera di salvezza’ compiuta in Cristo” (n. 2851). Nel Padre nostro, “chiedendo di essere liberati dal Maligno, noi preghiamo nel contempo di essere liberi da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui egli è l’artefice o l’istigatore” (n. 2854). Questi mali sono principalmente spirituali, ma possono anche essere fisici, comprese le malattie, come si vede nella vita di Gesù, in alcuni racconti della Scrittura (in particolare nel Libro di Giobbe) e nei racconti degli esorcisti. In quanto angeli caduti, difatti, i demoni hanno potere sulla materia. Pertanto, nulla impedisce loro di partecipare, per permessione divina, allo scoppio o alla diffusione di Sars-Cov-19.

Dal punto di vista del male spirituale promosso dai demoni, il documento dell’Ipco sosteneva che, senza un’infestazione preternaturale collettiva, sarebbe stato difficile spiegare l’estrema passività dell’opinione pubblica di fronte alle gravi limitazioni alla sua libertà e alle violazioni dell’ordine democratico, così come la disponibilità a lasciarsi trasbordare ideologicamente. Peggio ancora, la stragrande maggioranza della popolazione è stata solidale con i suoi carcerieri, come se fosse vittima della “sindrome di Stoccolma” [100].

Nonostante le proteste che hanno mobilitato migliaia di persone in molti paesi, i sondaggi di rispettabili società di sondaggi continuano a mostrare una grande accettazione da parte della maggioranza della popolazione delle decisioni dei governi e persino dei piani per imporre controlli ancora più severi e invasivi.

Ad esempio, in relazione agli ultimi dodici mesi dal primo lockdown nel Regno Unito, un sondaggio Ipsos in collaborazione con il King’s College di Londra ha mostrato che “un terzo degli intervistati (32%) afferma che per loro personalmente l’anno passato è stato simile o migliore della media [degli anni precedenti], mentre la maggioranza (54%) afferma che rimpiangerà almeno alcuni aspetti delle restrizioni del Covid-19 e uno su cinque (21%) afferma che le proprie finanze alla fine saranno migliori di quelle che sarebbero state se non ci fosse stata la pandemia”. Il paradosso è che una buona parte riconosce che “la pandemia peggiorerà la sua salute mentale” (43%) e che “nel suo insieme, è stata peggiore del previsto per il paese” (57%) [101].

Un altro sondaggio Ipsos – questa volta per il World Economic Forum – ha rilevato che, in media, “circa tre adulti su quattro in ventotto paesi concordano sul fatto che i passaporti vaccinali Covid-19 dovrebbero essere richiesti ai viaggiatori per entrare nel loro paese e che sarebbero efficaci per rendere sicuri i viaggi e i grandi eventi”. E “circa due su tre affermano che [essi] dovrebbe essere obbligatori al fine di avere accesso a grandi luoghi pubblici, e un numero uguale si aspetta che siano ampiamente utilizzati nel proprio paese”. L’approvazione scende alla metà dei ventunomila intervistati solo in termini di accesso a negozi, ristoranti e uffici [102].

Qualunque sia la preponderanza del fattore paura nelle popolazioni, che le porta ad accettare limitazioni che normalmente non accetterebbero, non è possibile ignorare la presenza di una componente preternaturale in tale sorprendente passività della maggioranza.

Qualsiasi sia l’equilibrio tra elementi umani e preternaturali nella creazione della situazione attuale e nell’atteggiamento enigmatico di gran parte delle autorità e di buona parte della popolazione, un cattolico non può negare che tutto ciò è stato permesso da Dio, che abitualmente governa la Storia attraverso le cause seconde, ossia attraverso l’azione delle sue creature, che possono essere virus, demoni, uomini o tutte e tre contemporaneamente.

Pertanto, se l’origine dell’epidemia fosse puramente naturale, sarebbe chiaramente una grande punizione per l’umanità iniziata da Dio stesso, che potrebbe intensificarla attraverso nuove varianti del virus e del caos sanitario, economico e sociale che nuove ondate della pandemia porterebbero con sé.

Se, d’altra parte, l’epidemia – indipendentemente dal fatto che sia naturale o artificiale – è stata meticolosamente adoperata allo scopo di produrre la “nuova normalità” dittatoriale verso la quale il mondo sembra dirigersi, anche questo potrebbe essere un mezzo usato da Dio per infliggere una grande punizione all’umanità che avrebbe acconsentito di diventare schiava per paura di morire.

In questa prospettiva, la punizione divina e l’azione soprannaturale e umana non si escludono a vicenda.

A Fatima, la Madonna spiegò ai pastorelli che la Grande Guerra, ancora in corso nel 1917, era una punizione per i peccati degli uomini. Ma questa punizione della brillante e corrotta società della Belle Époque arrivò dalla mano di uomini che avevano piani precisi, la cui esecuzione portò al massacro del fior fiore della gioventù, alla caduta delle monarchie negli Imperi centrali, alla perdita dell’influenza politica e culturale dell’Europa e all’ascesa del modello liberal-egualitario pubblicizzato da Hollywood, e – soprattutto – all’ascesa del comunismo in Russia e alla creazione della Società delle nazioni, antenata dell’Onu.

Pertanto, le punizioni di Dio possono venire per mano di malvagi macchinazioni degli uomini.

Analoga riflessione si può fare su un aspetto particolarmente doloroso della situazione attuale: la manifestazione della crisi interna alla Santa Chiesa, in cui si vedono anche la mano dell’uomo, gli artigli del diavolo e il “dito di Dio” (Es 8, 15) che punisce le infedeltà.

La docilità della stragrande maggioranza dei pastori di fronte a imposizioni arbitrarie e illegali da parte delle autorità; la sua conformità nel sospendere atti di culto divino e grandi feste e nell’impedire o limitare l’accesso dei fedeli alle chiese; la fretta di favorire cerimonie penitenziali generali, senza confessione individuale dei peccati, e di vietare il modo riverente di ricevere la Santa Comunione, in ginocchio e sulla lingua; la malevolenza verso sacerdoti zelanti che eludevano regole assurde per l’amministrazione dei sacramenti; la voglia di difendere tali misure e le autorità civili che le hanno imposte; e, infine, lo sforzo per convincere i fedeli a farsi vaccinare, nonostante non vi siano ragioni proporzionalmente serie per farlo, tutto ciò ha reso pubblico e notorio che questi prelati sostituiscono la fede nel soprannaturale con un’adesione incondizionata al “medicalmente corretto” e lo zelo pastorale con la sottomissione al mondo e ai suoi capricci del momento.

Ma come non vedere che con questo atteggiamento i prelati lasciano entrare, attraverso le fessure delle porte e delle finestre delle chiese chiuse, ventate di “fumo di Satana” modernista che da tanti decenni inquina l’interno degli ambienti cattolici?

In questo palesarsi agli occhi di tutti, anche dei più semplici fedeli, del processo di autodemolizione della Chiesa cattolica, con occhi soprannaturali è possibile discernere il dito di Dio. L’atteggiamento di gran parte della gerarchia cattolica ha permesso di rivelare agli occhi dei piccoli la decadenza di gran parte del clero, di cui la Madonna pianse nell’apparizione de La Salette.

Ancora una volta, si può dire che le punizioni di Dio a volte arrivano attraverso le malvage macchinazioni degli uomini.

5.Continua

Le precedenti puntate sono state pubblicate il 24 (qui), 25 (qui), 26 (qui) e 27 (qui) maggio 2021.

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Uno sguardo sulla situazione della Chiesa cattolica e della fede. Senza evitare gli aspetti più controversi e tenendo conto dell’orizzonte dei nostri giorni, segnato dalla vicenda del Covid. Un diario di viaggio in una realtà caratterizzata da profonde divisioni, ma con la volontà di costruire, non di distruggere. E sapendo che il processo di conversione riguarda tutti, a partire da se stessi.

Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.

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