Cari amici di Duc in altum, ricevo dal maestro Aurelio Porfiri queste considerazioni riguardanti il Vaticano II e alcune interpretazioni e deformazioni del Concilio. La visuale di Porfiri è quella del maestro di musica sacra, ma le sue valutazioni possono estendersi a tutti la liturgia.
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di Aurelio Porfiri
Voglio raccontare una storia che credo sia istruttiva. Ricordo che molti anni fa, al tempo in cui frequentavo una parrocchia romana, ebbi occasione di dialogare con un diacono che era stato assegnato a quella parrocchia insieme al responsabile del coro, che non ero io. Il responsabile del coro informò il diacono che desiderava insegnare al piccolo coro della parrocchia la messa De Angelis. Il diacono quasi si risentì per questa affermazione dicendo al maestro di coro che il Concilio Vaticano II aveva abolito il latino nella liturgia. Il maestro di coro rimase un po’ spiazzato da questa affermazione ma non io, che già al tempo avevo letto i documenti conciliari. Non solo il Concilio Vaticano II non ha abolito il latino, ma anzi ne ha consigliato l’uso per i riti latini, e io lo dissi a tutti e due. Naturalmente il diacono non fu contento di trovare un laico che sapeva ciò che i documenti conciliari dicono veramente, ma questa situazione che vi ho appena raccontato accade in molti altri ambiti e in molte altre situazioni. Esiste un Concilio dei documenti e ne esiste uno che viene plasmato dai desiderata di alcuni che, interpretando un certo “spirito del Concilio” di cui essi soli possiedono le chiavi ermeneutiche, gli fanno dire quello che a loro più aggrada.
Non dimentichiamo che il Concilio non è un evento che può essere compreso facendo riferimento solamente a quanto accaduto fra il 1962 e il 1965. C’erano fermenti di rinnovamento già da molti decenni, alcuni legittimi altri molto meno. In campo teologico certe teorie erano già state affrontate con forza da Pio XII in vari documenti. Proprio per ribadire la divina missione della Chiesa e la sua necessaria lotta contro l’errore e per la verità, papa Pacelli in un discorso affermò tra l’altro: “Non è forse la Chiesa stessa il progresso divino nel mondo e la madre del più alto progresso intellettuale e morale dell’umanità e del vivere civile dei popoli? Ella si avanza nei secoli, maestra di verità e di virtù, lottando contro gli errori, non contro gli erranti, non distruggendo ma edificando, piantando rose e gigli senza sradicare olivi e lauri. Custodisce e, più volte, santifica i monumenti e i templi della pagana grandezza romana e greca. Se nei suoi musei non hanno più cultori Marte e Minerva, nei suoi monasteri e nelle sue biblioteche parlano ancora Omero e Virgilio, Demostene e Tullio; né disdegna che accanto alla aquila d’Ippona e al sole di Aquino stiano Platone e Aristotele. Ogni scienza essa invita nelle Università da lei fondate; chiama intorno a sé l’astronomia e le matematiche a correggere l’antica misura del tempo; chiama ogni arte, segnata dallo splendore del vero, ad emulare in onore di Cristo le basiliche dei Cesari e a superarle con cupole vertiginose, con ornamenti, con immagini, con simulacri che eternano il nome di chi le compie” (Discorso in occasione della solenne inaugurazione del IV anno della Pontificia Accademia delle Scienze 1939). Ma se l’errore non poté essere accettato per la salvaguardia di certi documenti, si fece in modo che esso potesse entrare nel Tempio malgrado i documenti,
Ora, ciò che è stato prodotto dal Vaticano II non è tutto oro, ma nel corso degli anni abbiamo assistito allo scatenarsi di forze che se, a parole, dichiaravano la loro adesione al concilio nei fatti introducevano innovazioni che con il concilio nulla avevano a che fare, facendo dire al concilio, come nell’esempio del diacono, quello che esso non aveva mai detto. Lo “spirito del Concilio” è così diventato, misteriosamente, anti-conciliare, smentendo quegli stessi documenti che si vantava di promuovere.
Non sono in grado di enumerare tutte le volte che mi sono trovato ad affrontare sacerdoti che contraddicevano palesemente il Concilio e la prassi della Chiesa. Penso al rettore di una Chiesa che davanti a me parlava al telefono con un altro sacerdote vantandosi del fatto che lui era riuscito a estromettere i cori dalla liturgia. Penso al parroco di una basilica romana che mi rimproverò in quanto sostenevo che l’organo nella liturgia si può suonare anche quando non accompagna i canti. Di esempi potrebbero esserne fatti molti.
Non solo nel mio campo, la musica sacra, ciò che spesso ci viene propinato come risultato del concilio si muove fra verità e menzogna, perché spesso il Vaticano II non ha mai detto le cose che gli vengono fatte dire ed anzi ha detto proprio il contrario. Poi, non dimentichiamolo, il Vaticano II non è l’inizio di una nuova Chiesa. Esso, come ci ha insegnato, va visto in continuità con gli insegnamenti precedenti, specialmente in caso di dubbi o ambiguità. Ma i paladini del rinnovamento temono tutto questo, perché una lettura corretta del concilio mette in discussione tutto ciò sui cui è fondata la loro ideologia e, in definitiva, la loro vocazione.
Quando nelle nostre parrocchie vediamo Messe celebrate sciattamente, senza curare la dignità dei gesti, del linguaggio, delle preghiere, dobbiamo chiederci: possibile che un concilio abbia voluto proprio questo? Del concilio, inoltre, occorre poter parlare liberamente, non come se fosse un super-dogma indiscutibile, intoccabile, irraggiungibile.
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