Una risposta al seminarista scoraggiato: ecco tutte le ragioni per restare cattolico
Cari amici di Duc in altum, certamente ricorderete l’articolo, pieno di sconforto, scritto da un seminarista che si chiedeva per quali ragioni dovesse restare cattolico visto che la Chiesa ha sposato il pensiero del mondo (se lo volete rileggere, lo trovate qui: Io, seminarista, chiedo: “Ditemi, c’è qualche motivo per cui dovrei restare nella Chiesa cattolica?”). Qui Peter Kwasniewski gli risponde con un contributo nel quale mi identifico pienamente. Sottolineo la parte in cui l’autore afferma che occorre più che mai non lasciare che sia il neo-modernismo imperante a dettare i termini del dibattito.
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Mi ha profondamente commosso l’articolo apparso su questo sito, intitolato “Seminarian: Is There Any Reason Why I Should Remain Catholic?” (Io, seminarista, chiedo: “Ditemi, c’è qualche motivo per cui dovrei restare nella Chiesa cattolica?”).
Quella che segue è la mia risposta affermativa. Non mi illudo che sia una risposta esauriente o convincente per tutti, ma è la risposta sincera di una persona che è stata ferita a sua volta dai membri della gerarchia, una persona alla quale sono state negate possibilità di intervento a causa della sua fede tradizionale, e che ha anche guardato nell’abisso della corruzione e dell’apostasia che segnano la Chiesa sulla terra nei nostri tempi. Eppure, chi crede trova ragioni per credere e, in effetti, trova ragioni per sperare.
Se prendiamo la stima più prudente, anche senza considerare la “fabbrica dei santi” negli anni Ottanta sotto Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica venera almeno seimila santi ufficialmente riconosciuti come tali (alcuni potrebbero dire che sono più del doppio, a seconda di come li conteggi). Ognuno di questi santi è un capolavoro della grazia di Dio che trionfa nella fragilità e nella frattura della natura umana caduta. Ognuno è una luce brillante nell’oscurità che li circonda. Ciascuno ci dice ciò che il cristiano è chiamato a essere e può, in effetti, diventare per fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo. Ognuno smentisce fatalismo, nichilismo e cinismo. E ognuno è un argomento inesorabile per la verità della fede cattolica.
Decenni fa, Joseph Ratzinger fece la seguente osservazione: “L’unica apologia veramente efficace per il cristianesimo si riduce a due argomenti, vale a dire i santi che la Chiesa ha prodotto e l’arte che è cresciuta nel suo grembo. Meglio testimoniare al Signore lo splendore della santità e dell’arte sorto nella comunità dei credenti che non le scuse intelligenti che l’apologetica ha escogitato per giustificare i lati oscuri che, purtroppo, sono così frequenti nella storia umana della Chiesa” (Rapporto sulla fede).
Si potrebbe forse amplificare ciò dicendo che c’è una triplice apologia, formata dai santi, dalla civiltà prodotta dal cattolicesimo e dall’intima cogenza e coerenza della teologia cattolica tradizionale, che mostra una solidità monumentale e una coerenza profonda.
Se qualcuno mi chiedesse “perché essere cattolico?”, risponderei: per i santi, gli apostoli come Pietro, Giovanni e Paolo; i martiri da Lorenzo e Stefano fino a Massimiliano Kolbe e Franz Jägerstätter; i confessori come Atanasio il Grande e Basilio il Grande; i religiosi come Benedetto, Francesco, Domenico, Giovanni della Croce, Chiara d’Assisi, Caterina da Siena, Teresa d’Avila e Teresa di Lisieux; i sacerdoti come san Giovanni Vianney e san Pietro Giuliano Eymard; i missionari come san Francesco Saverio, sant’Edmund Campion, sant’Isacco Jogues e padre Damiano di Molokai; i re e le regine, semplici facchini e fratelli laici. L’elenco potrebbe continuare all’infinito, e conosco a malapena una frazione della mia famiglia celeste, che non vedo l’ora di incontrare di persona (per favore, Dio!), ma con la quale sono già legato da una mistica comunione in Cristo nostro Capo. Lui, ovviamente, è il motivo della grandezza di questi eroi della fede e della carità che adornano il suo Corpo mistico. Egli è il loro Modello e Creatore. Se loro sono così meravigliosi, Lui come deve essere? Si è donato a noi nella Santissima Eucaristia, sotto i veli del pane e del vino, perché ci prepariamo a vederlo a volto scoperto nel Regno dei cieli.
Se qualcuno mi chiedesse “perché essere cattolico?”, risponderei: per la gloriosa civiltà che la Chiesa cattolica ha ispirato e costruito, la cultura delle belle arti e delle scienze che non ha eguali, figuriamoci rivali, in nessuna parte della storia umana, perché la rivelazione divina illumina e alimenta lo sforzo umano. Ha attratto e motivato i più alti voli del genio così come la più vasta filantropia; ha ospitato epifanie di bellezza che raggiungono l’eternità e l’infinito, sollevandoci al di sopra della nostra visione terrena e del marasma quotidiano. La musica, l’architettura, la pittura, la poesia: il canto gregoriano, Palestrina e Byrd, Haydn e Bruckner; basiliche romaniche e cattedrali gotiche; Giotto, Beato Angelico, Raffaello, Michelangelo, Tiziano, El Greco, Bernini, van Eyck; Dante, Cervantes, Shakespeare, Manzoni, Hopkins, Chesterton, Waugh… Ancora una volta, l’elenco potrebbe continuare praticamente all’infinito. Dal monte santo di Cristo scende un torrente di delizie e intuizioni, consolazioni e provocazioni, tutte testimoni dello splendore dell’Incarnazione che abbaglia lo spirito umano e lo sostiene sacramentalmente.
Se qualcuno mi chiedesse “perché essere cattolico?”, risponderei: per la teologia della Chiesa nella sua pienezza apostolica, patristica e scolastica, una grande quercia nata da una piccola ghianda, che mostra nel suo tronco possente e nella sua vasta chioma la potenza dei principi posti alle radici. Come John Henry Newman vide e descrisse così bene nello scrivere l’opera che accompagnò il suo ingresso nella Chiesa romana, An Essay on the Development of Christian Doctrine, la verità si dispiega con forza e stabilità attraverso le età della fede. Che si tratti della formidabile Summa theologiae di san Tommaso d’Aquino con le sue serie di sillogismi o semplicemente di qualsiasi catechismo standard dalla Controriforma fino alla vigilia del Concilio Vaticano II, troveremo una sola e medesima Fede cattolica, che confessa sempre la Santa e indivisa Trinità, la perfetta umanità e divinità di Gesù Cristo, la maternità verginale di Maria, la venerazione dei santi, la vita di grazia, virtù, preghiera, culto e sacramenti, promessa di vita eterna nella beatitudine della visione beatifica. Non c’è deviazione, distorsione, abbandono nella Fede della Chiesa; è lì, è conoscibile, è vivibile, è amabile. Quando lo conosciamo, tutto ciò possiamo viverlo, e mentre lo viviamo arriviamo ad amarlo, a farne tesoro; non sceglieremmo di vivere senza questa Fede più di quanto sceglieremmo di vivere senza la sanità mentale o la salute del corpo.
I trascendenti sono inseparabili, ma uno può predominare in questa o quella materia. La gloriosa compagnia dei santi mostra il Bene; i grandi artisti, architetti, musicisti e scrittori mostrano il Bello; i teologi mostrano la Verità. Insieme danno testimonianza al Padre (“nessuno è buono se non Dio solo”), al Figlio (“immagine [eikon] del Dio invisibile”) e allo Spirito Santo (“Egli ti guiderà a tutta la verità”) (Mc 10,18, Col 1,15, Gv 16,13). Mi viene in mente il proverbio: “Sebbene un uomo possa prevalere su uno solo, due gli resisteranno. Una triplice corda non si spezza presto” (Ec 4,12).
L’articolo a cui sto rispondendo soffre di un fatale errore logico che corre dall’inizio alla fine: l’anonimo seminarista lascia che sia il nemico a dettare i termini dell’intero dibattito. Lascia che sia la distorsione postconciliare del cattolicesimo a fissare l’ordine del giorno della discussione, ed è per questo che egli è disgustato e non ha via di scampo: si è dedicato per un decennio a ciò che ora può vedere come menzogna, ma non sembra vedere che l’esistenza di una falsità implica la corrispondente esistenza della verità, poiché l’errore è parassitario della verità, come il male lo è del bene. La menzogna che odia e contro cui si dibatte non è il cattolicesimo, ma il neo-cattolicesimo o il Modernismo (come riconosce obliquamente quando dice che l’unico crimine punibile oggigiorno è aderire alla tradizione). Ad esempio, scrive: “Non potrei dirti un insegnamento della fede cattolica che non cambia sempre. Non credo che abbiamo nemmeno cominciato a riconoscere fino a che punto il modernismo ha minato le fondamenta della fede. La Chiesa si sta sgretolando nelle sabbie mobili, e siamo rimproverati fino alla nausea in base all’idea che la Chiesa deve cambiare ancora di più con i tempi”.
Ma quello che sta succedendo in realtà è questo (modifiche in corsivo): “Non potrei indicarti un insegnamento della fede cattolica che secondo i modernisti di oggi nella Chiesa non debba sempre cambiare. Non credo che abbiamo nemmeno cominciato a riconoscere fino a che punto il modernismo abbia tentato di minare i fondamenti della fede, anche se sappiamo che non potrà mai farlo, poiché la verità di Dio è indistruttibile e il coerente insegnamento della Chiesa su qualsiasi questione importante è facilmente accessibile. L’elemento umano della Chiesa (non certo quelli in grazia o i santi in gloria) si sta sgretolando nelle sabbie mobili, e siamo rimproverati fino alla nausea dai progressisti e liberali secondo i quali la Chiesa deve cambiare ancora di più con i tempi, anche se questa visione è stata ripetutamente condannata dall’autorità della Chiesa”.
Si potrebbe fare questo lavoro: “spulciare” ogni frase. Lasciare che i modernisti nella gerarchia della Chiesa definiscano il significato dell’essere cattolico equivarrebbe a lasciare che i giacobini della Rivoluzione definiscano il significato dell’essere francesi, o che i democratici del 2021 definiscano il significato dell’essere americani. I lupi travestiti da pecore di oggi deformano l’insegnamento del cattolicesimo per mezzo di una “teologia ufficiale” che non ha e non può avere uno statuto magisteriale, anche se lo vorrebbe. Come facciamo a sapere che non ha valore? Per una semplice ragione: la Fede non può contraddirsi. Come spiega classicamente san Vincenzo di Lérins, la crescita nel tempo nella comprensione della religione non significa mutazione o cambiamento sostanziale. Il cattolicesimo è una religione di fede e ragione, dove l’una non contraddice mai l’altra.
Mi dispiace per questo seminarista. È stato sottoposto alla macchina del neo-cattolicesimo, che lo ha ridotto in poltiglia. Il suo articolo è il grido angosciato di un uomo che è stato abusato spiritualmente dalla “Squishy Church” (Chiesa molliccia, ndt) con tutti i suoi fasti e le sue opere, un simulacro del cattolicesimo che non cerca più di nascondersi ma ostenta apertamente la sua perversità. Il seminarista riconosce che la reinvenzione modernista del cattolicesimo in ascesa dopo il Concilio conduce a un vicolo cieco: le ragioni tradizionali addotte per essere cattolico non sono più accettate dagli stessi modernisti, che si sono praticamente espulsi dalla Chiesa. La Chiesa di Cristo è stata occupata da impostori, da modernisti che non sono credenti. Indossano i vestiti, ricoprono gli uffici, ma non detengono la Fede, e non la trasmettono. I seminari di questi impostori sono allucinanti luoghi di manipolazione mentre cercano di risucchiare lo spirito del giusto giudizio e l’amore per la tradizione.
Quello che vedo gravemente mancante in questo articolo – anche se, di nuovo, il mio cuore sanguina per questa vittima di un mostro burocratico succhiasangue – è la consapevolezza che c’è qualche alternativa, ma c’è , e, come Cristo, è la stessa ieri, oggi, per sempre: il cattolicesimo tradizionale. Indipendentemente da ciò che possono fare o dire gli uomini di Chiesa che occupano posti ecclesiali, la Fede cattolica è ancora creduta, praticata, vissuta, in tutto il mondo, nei luoghi dove si trovano ancora l’autentica liturgia romana, i catechismi affidabili, la vera devozione alla Madonna e ai santi e l’amore per la cultura cattolica. Esistono, qui e là, sulla mappa, come gocce d’acqua santa spruzzate da un aspersorio cosmico, in numero maggiore di quanto si possa pensare possibile in un’epoca di tale decadenza. Che si tratti di un sacerdote devoto in un villaggio rurale fuori mano o di una parrocchia gestita da un ordine religioso in una metropoli di milioni di abitanti, tali circoli, o oserei dire cenacoli, di fedeli cattolici non scompariranno mai. Se cinquant’anni di implacabile ostilità e mancanza di sostegno non sono stati in grado di schiacciare i cattolici amanti della tradizione, i quali, pur essendo una minoranza, sono oggi più numerosi, ben informati e impegnati che in qualsiasi momento dopo il Concilio, niente li schiaccerà in futuro. La Divina Provvidenza non lo permetterà, perché la vera Fede deve durare fino alla fine dei tempi. La Fede è viva e, in modo umile, prospera: ma raramente troverai tali prove di vita soprannaturale nelle parrocchie, nelle cancellerie e nei seminari principali.
Come i lettori possono vedere, sono d’accordo con la drammatica fotografia della situazione scattata dal seminarista, ma divergo quando si tratta della decisione cruciale che deve essere presa: sto ai piedi della Croce con San Giovanni e la Madonna e perseverare nella promessa di risurrezione, non importa quanto le cose sembrino squallide. O me ne vado scuotendo la testa perché il Messia non era quello che ci aspettavamo che fosse, e la sua missione sembra che sia finita? Sicuramente, quel cencioso coetus di discepoli è uno spettacolo patetico: da loro non ci si può aspettare nulla di grande. Il primo, con gli occhi della fede e della ragione, vede ciò che deve essere così, attende, opera e non vacilla; quest’ultimo, chiudendo quegli occhi, vede ciò che il Nemico vorrebbe fargli vedere, e così si arrende, smette di funzionare e cade.
A proposito della Madonna… c’è un barlume di fede alla fine del cri de coeur del seminarista quando si rivolge alla Beata Vergine Maria. Lei è la Stella Maris, la stella che guida il marinaio disperato in mare verso la salvezza del porto. Al di fuori di Gesù Cristo, c’è oscurità e naufragio. “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.
Fonte: onepeterfive.com
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Cari amici di Duc in altum, è disponibile il mio nuovo libro: La trave e la pagliuzza. Essere cattolici “hic et nunc” (Chorabooks).
Uno sguardo sulla situazione della Chiesa cattolica e della fede. Senza evitare gli aspetti più controversi e tenendo conto dell’orizzonte dei nostri giorni, segnato dalla vicenda del Covid. Un diario di viaggio in una realtà caratterizzata da profonde divisioni, ma con la volontà di costruire, non di distruggere. E sapendo che il processo di conversione riguarda tutti, a partire da se stessi.
Il volume prende in esame questioni disparate (dal Concilio Vaticano II al pontificato di Francesco, dalla vita spirituale in regime di lockdown alle vicende vaticane, dal great reset alle questioni bioetiche) ma con un filo conduttore: l’amore per la Chiesa e la Tradizione, unito a una denuncia chiara sia delle derive moderniste sia delle nuove forme di dispotismo che limitano o negano le libertà fondamentali.
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