L’orologio della Chiesa, come quello della storia, non può tornare indietro
Il blog di Wanderer (“un cristiano in comunione con Roma”, come lui stesso si definisce) prosegue con questo articolo l’analisi dei problemi del post Bergoglio.
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di The Wanderer
Come stanno già affermando molti media cattolici di diverse tendenze, non c’è dubbio che siamo di fronte a un pontificato finito, che lascia una Chiesa morente a testimoniare la lapide sotto la quale sarà definitivamente sepolto l’esperimento iniziato negli anni Sessanta con il Concilio Vaticano II. Non ci si poteva aspettare altro da Bergoglio, che noi argentini conoscevamo molto bene come arcivescovo di Buenos Aires.
Di fronte a un simile disastro, paradossalmente, penso che dovremmo rendere grazie a Dio, perché è il modo più efficace per convincere tutti che la Chiesa conciliare ha fallito. Sarebbe un grave errore presumere che l’attuale crisi sia opera di Francesco, il quale si è limitato a proseguire, in modo brutale e volgare, ciò che avevano iniziato Paolo VI e Giovanni Paolo II. Non dimentichiamo Montini che si butta ai piedi di un arcivescovo ortodosso nel 1975 (qui) o Wojtyla che organizza lo scompiglio di Assisi nel 1986, per fare solo qualche esempio. Il problema non è Bergoglio; il problema è il Vaticano II che ha provocato un caos senza precedenti nella Chiesa cattolica. E i successivi tentativi di salvarla attraverso una “ermeneutica della continuità”, ovvero la promozione della “riforma della riforma” promossa da Benedetto XVI, non hanno avuto successo.
Proprio per questo, papa Francesco si è comportato come un grande immunizzante, ovvero come un vaccino capace di neutralizzare in futuro qualsiasi variante progressista, poiché sappiamo già come andrà a finire; il Papa argentino ha “bruciato” il progressismo, ha svelato in cosa consiste l’esperimento di assimilazione della Chiesa al mondo con le sue aperture e i suoi ponti: in una Chiesa sbiadita, nel sale che ha perso sapore, in una terra di desolazione in cui le correnti di un vento gelido soffiano tra le rovine di conventi vuoti, di scuole cattoliche e università cattoliche non più cattoliche, di cerimonie volgari con la pretesa di essere sacre e di una casta sacerdotale dedita ai vizi più abietti e spregevoli.
È, credo, una situazione ovvia che solo il progressista più cieco o ebete può negare. Va detto più e più volte: il Vaticano II è stato un fallimento ed è inutile continuare con la pretesa di applicarlo e continuare a respirare il suo spirito che, più che aria rinnovatrice e salutare, si è rivelato iprite. Non pretendo, ovviamente, che tutti i documenti siano bruciati in una solenne cerimonia in piazza San Pietro. La cosa migliore da fare con loro è tacere; lasciarli all’oblio.
Ma questa situazione solleva una grande domanda: cosa accadrà nell’era post-Bergoglio, che sarà anche l’era post-Vaticano II? L’indicazione dei settori più tradizionalisti sarà sicuramente quella di tornare a ciò che la Chiesa era prima degli anni Sessanta, posizione di fronte alla quale ho due obiezioni. La prima è che la Chiesa aveva molti e seri problemi ed è stolta la pretesa di cucinare di nuovo nello stesso brodo. E lo si può affermare con certezza perché sono stati proprio i capi di quella Chiesa a imbarcarci in questa catastrofe. Coloro che hanno alzato con gioia la mano, e applaudito rabbiosamente alle proposte preparate da Congar o Rahner e presentate nell’aula conciliare dal piccolo club dei vescovi progressisti, erano più di tremila prelati di tutto il mondo formati da quella Chiesa che oggi molti rivorrebbero. Il verificarsi di tali sciocchezze è un segno evidente che qualcosa di importante non stava funzionando. Abbiamo già discusso abbondantemente su questo argomento nel blog, e chi vuole fare un bilancio dello stato di quella Chiesa decadente può leggere il breve ma geniale libro di Louis Bouyer Cattolicesimo in decomposizione.
La mia seconda obiezione alla pretesa di far tornare indietro l’orologio della Chiesa deriva dalla lezione che ci dà la storia: una volta terminate le catastrofi che annientano le società umane, è impossibile tornare allo status quo ante. Dopo le guerre di religione, la pace di Westfalia del XVII secolo ha dovuto disegnare una nuova mappa e l’Europa non è tornata a essere come era stata per quasi mille anni. Dopo le guerre napoleoniche, anche volendo e con figure conservatrici come von Metternich e Castlereagh, il Congresso di Vienna non è riuscito a tornare all’Europa precedente alla Rivoluzione francese e alle successive scorribande del Corso. E il Trattato di Versailles, dopo la Prima guerra mondiale, con l’aiuto dell’incapacità dei suoi protagonisti, in particolare del presidente Wilson, distrusse l’Europa tradizionale, sostituendola con un puzzle razionalista che durò solo pochi decenni.
La Chiesa, alla morte di Bergoglio, non celebrerà una conferenza di pace, ma un conclave, a proposito del quale pochissimi osano presagire qualcosa di buono, poiché i suoi protagonisti saranno, per la maggior parte, cardinali scelti dal papa defunto e creati a sua immagine e somiglianza, cioè mediocri e incompetenti. Tuttavia, la vicinanza dell’abisso può farli retrocedere. Ma retrocedere dove? In che modo si può’ retrocedere in situazioni come questa? Qual è l’obiettivo da porsi e come ci si arriva? Il prossimo Papa dovrà essere, oltre che un santo, un uomo di raffinata prudenza, uno stratega e un esecutore con il polso da neurochirurgo.
Chi vivrà vedrà, ma ciò che è nostro dovere in questo momento —e pongo l’accento sulle ore cruciali che stiamo attraversando, di cui ci verrà chiesto conto— è pianificare quali posizioni e quali bastioni occuperemo. E in questo panorama ognuno ha delle responsabilità: in maggiore o minore misura, siamo tutti responsabili. I cardinali che conservano ancora la fede cattolica, o i superiori delle poche congregazioni e istituti religiosi veramente cattolici ancora esistenti, non avranno lo stesso ruolo dei semplici preti di parrocchia, né quello dei fedeli.
Parlando della necessità di occupare roccaforti e difendere posizioni non intendo incoraggiare fantasie militaristiche o promuovere discorsi altisonanti in difesa della tradizione. Tutto ciò ha già dimostrato sufficientemente che nelle circostanze attuali non funziona. Al contrario, ciò che si è dimostrato veramente efficace nel preservare e conquistare posizioni sono state azioni discrete e pianificate che evitano inutili conflitti senza rinunciare a una sola iota di principi non negoziabili.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
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