Il colosso digitale Facebook ha collaborato con Ray-Ban (marchio americano ma divenuto proprietà dell’italiano Gruppo Luxottica) per lanciare un paio di occhiali smart che, secondo quanto raccontato dall’azienda di Menlo Park, sono «progettati pensando alla privacy».
In pochi, tuttavia, sembrano credere a questa promessa.
Gli occhiali consentono a chi li indossa di ascoltare musica, rispondere alle chiamate o catturare foto e brevi video per poi condividerli su Facebook utilizzando un’app complementare, ha annunciato dalla società stessa il 10 settembre scorso.
«Come con qualsiasi nuovo dispositivo, abbiamo la grande responsabilità di aiutare le persone a sentirsi a proprio agio e a fornire tranquillità, e questo vale non solo per i proprietari di dispositivi, ma anche per le persone che li circondano. Ecco perché abbiamo integrato la privacy direttamente nel design del prodotto e nella funzionalità dell’esperienza completa, fin dall’inizio», ha affermato la società tramite un video del CEO, Mark Zuckerberg, che discute alcune delle funzionalità del prodotto.
Zuckerberg ha mostrato presunte protezioni hardware come un interruttore di alimentazione per spegnere il microfono e la fotocamera, insieme a una luce pensata per avvisare le persone che gli occhiali sono in modalità di acquisizione di immagini e suoni.
«Abbiamo messo questa luce a led sulla parte anteriore degli occhiali in modo che le persone intorno a te sappiano quando stai scattando una foto o un video», ha detto Zuckerberg nel suo video illustrativo. «Si illumina per far sapere alle persone che la telecamera è accesa».
Nelle osservazioni per la testata americana Axios, Jeremy Greenberg, consulente per la privacy per il Future of Privacy Forum, ha notato che la luce è difficile da individuare a distanza o da persone con problemi di vista.
«Speriamo che non ci siano persone che usino gli occhiami per lo stalking», ha sottolineato il Greenberg.
Zuckerberg ha rimarcato nel video di presentazione che quando gli occhiali sono spenti lo sono «completamente» e che anche il «il microfono è spento e non si possono scattare foto o registrare video».
La cosa però non tranquillizza tutti: come sa chi ha visto il film Zero Days (un documentario sull’Nsa, l’agenzia segreta di raccolta dati negli Usa), agenti informatici hanno confessato che per loro è possibile registrare immagini e suoni da un apparecchio anche quando esso è spento.
Per Facebook, che con la sua app è in grado di raggiungerci ovunque grazie ai telefonini, si tratterebbe di un’estensione non da poco della sua piattaforma nel mondo reale, che Facebook punta a inglobare sempre più nel digitale, o a sostituire propriamente con qualcosa che ora chiamano il «metaverso», un universo parallelo fatto di realtà digitali.
Mark Zuckerberg parla sempre più apertamente del metaverso, un concetto al quale la pandemia ha dato certo una spinta.
Una delle ultime applicazioni Facebook per il suo visore di realtà virtuale Oculus è stato, appunto, un sistema per fare conferenze virtuali a distanza.
Nel metaverso avverranno gli eventi del futuro: il lavoro, le comunicazioni, le transazioni
Gli smart glass, come tutto il cosiddetto Internet of Things (concetto che esaltava Gianroberto Casaleggio), altro non sono che un tubo che il metaverso infila nel reale per succhiare dati e puntare a prenderne il posto.
Fonte: renovatio21
* * * * *
Sei un lettore di Duc in altum? Ti piace questo blog? Pensi che sia utile? Se vuoi sostenerlo, puoi fare una donazione utilizzando questo IBAN:
IT65V0200805261000400192457
BIC/SWIFT UNCRITM1B80
Beneficiario: Aldo Maria Valli
Causale: donazione volontaria per blog Duc in altum
Grazie!