Cari amici di Duc in altum, ricevo dal lettore Vincenzo Rizza la lettera che qui vi propongo. Segnala il caso del vescovo di Noto Antonio Staglianò, che in un articolo per l’Osservatore romano ha tessuto le lodi di Imagine, la canzone di John Lennon, sottolineando che da due anni egli la usa per fare gli auguri di Natale ai fedeli della diocesi. Come dite? Volete sapere se parliamo proprio della canzone che dice “Immaginate che non ci sia alcun paradiso, nessun inferno sotto di noi”, “Immaginate che non ci siano patrie… ed alcuna religione… Immaginate che non ci siano proprietà”? Sì, è proprio quella. E infatti il lettore Rizza, memore della vecchia rubrica Uomini giusti ai posti giusti, propone una menzione speciale per l’ineffabile vescovo.
***
di Vincenzo Rizza
Caro Valli,
mi ha colpito, di recente, un articolo del vescovo di Noto (diocesi in cui sono stato battezzato e ho ricevuto la prima formazione cattolica), pubblicato sull’Osservatore romano, che tesse le lodi della canzone Imagine di John Lennon. La canzone piace così tanto al presule da essere utilizzata da due anni a questa parte per i suoi auguri natalizi al popolo di Noto.
Non discuto sul valore artistico della melodia e sul generico messaggio di pace proposto dalla canzone. Quello che francamente trovo inaccettabile è la sostanziale assunzione a preghiera universale (tanto che, testuale, “anche Gesù avrebbe cantato questa canzone con convinzione e senza timore della ideologia sottostante”) di un motivo che auspica un mondo senza paradiso e senza religione.
Il vescovo tenta una singolare esegesi del testo per giustificarne una lettura cristianamente orientata: “Il paradiso dei kamikaze va immaginato inesistente per guadagnare la pace: bisogna negare un paradiso per cui si uccide e si muore” e “anche su Dio (oltre che sulla religione)” dovremmo “fare assoluta chiarezza e togliere tutti gli equivoci del passato sull’uso della violenza per propagare la fede”. La forzatura è, tuttavia, evidente, anche perché l’ex Beatles non invoca certo un diverso paradiso o una diversa religione, compatibili con il mondo cristiano, ma immagina, con compiacimento, la loro inesistenza tout court.
Il vescovo, peraltro, si avventura anche in considerazioni sulla dottrina sociale della Chiesa e sulla proprietà privata che sarebbe “in funzione della solidarietà e della distribuzione universale dei beni” per concludere che “immaginare che non esistano confini, per creare una fraternità-sonorità capace di condividere tutto (share all the world), alle mie orecchie cattoliche suona bene (sounds good)”.
Peccato non la pensasse così san Giovanni Paolo II, che nell’enciclica Centesimus annus ammoniva quei credenti che hanno tentato un impossibile compromesso tra idee collettivistiche (marxiste) e cristianesimo: “Quando gli uomini ritengono di possedere il segreto di un’organizzazione sociale perfetta, che rende impossibile il male, ritengono anche di potenziare tutti i mezzi, anche la violenza o la menzogna per realizzarla. La politica diventa allora una ‘religione secolare’, che si illude di costruire il paradiso in questo mondo”. In altre parole, come sosteneva Paul Claudel, “quando l’uomo tenta di immaginare il paradiso in terra, il risultato immediato è un molto rispettabile inferno”.
A ben vedere, purtroppo, la richiamata esegesi si adatta perfettamente al nuovo magistero, che con la Dichiarazione di Abu Dhabi sancisce la perfetta uguaglianza delle religioni, le quali condurrebbero tutte indistintamente alla salvezza (quindi non si vede perché anche il rifiuto della religione non debba condurre al medesimo risultato) e con l’enciclica Fratelli tutti sembra assumere la fratellanza come valore in sé, a prescindere dall’adesione ai valori del cristianesimo che invece, citando Benedetto XVI, “è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale” (Caritas in veritate).
Non stupisce, pertanto, che l’articolo sia stato pubblicato sull’Osservatore romano, quotidiano della Santa Sede; spero solo che Imagine non sarà in un prossimo futuro recitata durante la Messa al posto del Credo.