di Don Quijote
Sul vaccino Covid per i bambini c’è una dissonanza schizofrenica fra la narrazione trionfale dei media mainstream (La corsa all’immunità, titola Repubblica) e il reticente comunicato stampa con cui Pfizer BioNTech ha annunciato lunedì 20 settembre i risultati della sperimentazione nella fascia di età compresa fra i cinque e gli undici anni.
In quale misura il vaccino protegge effettivamente i bambini dal contagio e dalla malattia? È la cosa più importante: ma il comunicato stampa non ne parla. Dice invece che il vaccino “è sicuro” e “ben tollerato” e che, iniettato ai piccoli con la classica doppia dose e in quantità inferiore a quella per gli adulti e i ragazzi più grandi, ha prodotto una risposta immunitaria “robusta”.
Non fa male, insomma. Ma quanto fa bene? Quanti dei 2.268 bambini che hanno fatto da cavia si sono infettati, anche rimanendo asintomatici o con sintomi lievi, o si sono addirittura ammalati? E per quanto tempo dura la loro “robusta” risposta immunitaria?
Sarebbe importante saperlo, ma Pfizer non lo dice e i media non si preoccupano di approfondire. Perlopiù i bambini sviluppano l’infezione in modo meno grave rispetto agli adulti e per questo talvolta sono stati accusati di essere dei piccoli untori; la loro vaccinazione dovrebbe essere uno di quegli “atti altruistici” che limitano la diffusione del virus. Eppure, non sono stati diffusi dati neanche su questo punto fondamentale. L’Huffington Post annuncia la probabile vaccinazione già a novembre dei bambini con più di sei anni, la Lombardia aspetta solo il semaforo verde dell’ufficialità. Una timida nota dissonante viene dal Fatto Quotidiano, che nota come perfino secondo Burioni (secondo Burioni, addirittura!) i circa 2.200 bambini che hanno partecipato alla sperimentazione costituiscono un campione ridotto.
Inoltre, è una – diciamo – stranezza far conoscere al mondo i risultati di una sperimentazione attraverso un comunicato stampa, cioè una sorta di velina con la quale un’azienda fa sapere soltanto ciò che le interessa far sapere: oste, è buono il suo vino? Una stranezza alla quale, peraltro, assistiamo dall’inizio dello sviluppo dei vaccini Covid.
Se i risultati della sperimentazione fossero pubblicati per intero, la comunità scientifica avrebbe accesso ai cosiddetti dati grezzi. Potrebbe analizzarli e farsi un’idea indipendente dell’efficacia e della sicurezza.
Invece i dati, annuncia Pfizer, verranno comunicati “il più presto possibile” alla statunitense Fda e all’Ema dell’Unione europea, le due agenzie che autorizzano e monitorano l’uso dei medicinali e dalle quali dipende l’ok per la somministrazione del vaccino anche ai bambini.
A loro volta, Fda ed Ema non rendono pubblici i dati. Affinché qualcuno ci posi sopra gli occhi, bisognerà aspettare almeno due anni dopo la fine della sperimentazione. Bisognerà cioè aspettare fino a quando miliardi di persone (bambini probabilmente compresi) ormai avranno il vaccino in corpo. A quel punto, la comunità scientifica potrà solo – eventualmente – piangere sul latte versato.
Fonte: visionetv.it