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La maledizione di Papa Francesco (I)

di The Wanderer

Papa Francesco ha una maledizione. Così come re Mida aveva la maledizione di trasformare in oro tutto ciò che toccava, tutto ciò che tocca Bergoglio, invece, si trasforma in chincaglieria, oggetti rovinati, unti e inutili. Gli esempi si moltiplicano. All’inizio del suo pontificato, ha annunciato in pompa magna che avrebbe modificato la Curia romana, e nessuno poteva dissentire da tale proposito. Tutto il contrario: la Curia è — ed è stata per secoli — uno dei problemi più gravi della Chiesa. E cosa abbiamo dopo più di otto anni di pontificato? La Curia continua a essere corrotta come prima, e quando Bergoglio se ne andrà, lascerà un carcere più grande come unica testimonianza della sua riforma. Qual paradosso che il pontificato della misericordia sarà caratterizzato dall’aver ampliato le segrete pontificie!

Ma voglio soffermarmi su due dei danni causati da Francesco: la sinodalità e la cura dell’ambiente.

La Chiesa, pur essendo sempre stata un’istituzione gerarchica governata dai vescovi, ha avuto anche una struttura sinodale che ha svolto un ruolo fondamentale nel corso della sua storia. Si potrebbero citare molti casi. Il concilio di Elvira, tenutosi nel primo decennio del IV secolo, convocò la chiesa di Hispania Bética (che oggi, a grandi linee, sarebbe l’Andalusia), riunì 19 vescovi e 26 sacerdoti, ed ebbe l’assistenza di diaconi e laici (“adstantibus diaconibus et omni plebe”). Lì furono stabilite per queste chiese l’indissolubilità del matrimonio (DzSch 117) e il celibato dei chierici (DzSch 118). I sinodi o concili di Arles, che riunirono i vescovi della Gallia, furono molto importanti per combattere le eresie come il donatismo o il catarismo.

Ma ancora più interessante è che i sinodi — diocesani o provinciali — sono esistiti fino al XX secolo inoltrato, e per la semplice ragione che sono stati imposti dal Concilio di Trento. Infatti, secondo i canoni di quel concilio, i sinodi diocesani dovevano essere annuali, e i concili provinciali dovevano tenersi ogni cinque anni. San Carlo Borromeo, il grande artefice dello “spirito” di Trento, applicò subito questa disposizione nella sua chiesa milanese, e lì, durante il suo pontificato, si tennero sei concili provinciali e undici sinodi diocesani.

D’altra parte, questi incontri non erano finzioni o avvenimenti di facciata. Il sinodo della diocesi di Calahorra del 1698, ad esempio, convocato dal vescovo Pedro de Lepe, chiede che “quelli che sono giudicati, e sono considerati più prudenti, di zelo, di virtù e di cultura, siano mandati come deputati, secondo quanto si trova in ciascun Partito, Arcipretura o Vicariato. Devono essere scelti con spirito indifferente, senza pressioni, attenti al bene del Vescovado e non con fini umani e di parte”.  Tra le qualità richieste ai deputati vi sono la mansuetudine, la giustizia e lo zelo per l’onore di Dio e il bene pubblico. “Devono saper esprimere la loro opinione nell’assemblea sinodale con modestia, pace e compostezza, evitando contenziosi, che danneggiano più che edificare”. Si stabilisce che per ogni Arcipretura o Vicariato partecipino al Sinodo due deputati, oltre all’Arciprete. Inoltre, partecipano anche le due università che erano nella diocesi (Calahorra e Vitoria). E il risultato fu un grande tomo pubblicato a Madrid nel 1700, che comprende 790 pagine e si compone di cinque Libri suddivisi in Titoli e questi, a loro volta, in Costituzioni.

Un’altra caratteristica richiesta è che nei sinodi o nei concili, in cui si dovevano discutere questioni dottrinali o disciplinari, fossero presenti tutte le parti. E ognuna di loro aveva il diritto di esporre la propria posizione e difendersi. Per esempio, sia Lutero sia Melantone furono invitati al Concilio di Trento.

Ma cosa sarà dei sinodi franceschisti? Il Papa ha già detto cosa pretende: “Padre Congar, di santa memoria, ricordava: ‘Non bisogna fare un’altra Chiesa, ma, in un certo senso, è necessario fare una Chiesa altra, diversa’”. I sinodi, lungo tutta la storia della Chiesa, si prefiggevano di fare una chiesa migliore e più cattolica. A quelli attuali viene chiesto di fare una chiesa “diversa”. Qual è la distanza che separa “una chiesa diversa” da “un’altra chiesa”?

Le definizioni dottrinali dei sinodi, quando comparivano, non erano altro che spiegazioni di quanto già contenuto nel Depositum fidei, nella Tradizione. Questo è ciò che Newman chiama “sviluppo della dottrina cristiana”. Cosa accadrà con questi nuovi sinodi imposti da papa Francesco a tutte le diocesi del mondo? Se l’esempio è il sinodo tedesco, temo che la chiesa che ne risulterà sarà così diversa che, di fatto, sarà un’altra chiesa: una chiesa più preoccupata di prendersi cura della “madre terra” piuttosto che di amministrare i sacramenti; così premurosa con gli sbandati di ogni genere, tanto che i peccati personali scompariranno, specialmente se sono contro il sesto comandamento; così attenta a “non giudicare” da  benedire le unioni di coppie omosessuali e così ecumenica che, in pratica, professare un credo o un altro sarò lo steso, o anche non professarne alcuno, purché si sia educati e buoni cittadini del mondo.

In sintesi, una venerabile istituzione, come quella dei sinodi, radicata nella tradizione della Chiesa, e capace di provocare il necessario bilanciamento del potere episcopale, sarà frantumata e screditata dalla goffaggine di Bergoglio.

Un dubbio: dicevamo che i sinodi erano sempre veramente rappresentativi, tanto che vi partecipavano anche coloro che dissentivano dal potere episcopale. Accadrà lo stesso anche in questa occasione? Saranno chiamati a partecipare ai sinodi diocesani anche i fedeli rigidi e semi-pelagiani? Mi chiedo se, ad esempio, monsignor Marcelo Colombo, così entusiasta delle iniziative del Sommo Pontefice, inviterà a partecipare al sinodo l’Arcidiocesi di Mendoza, la comunità parrocchiale più attiva e importante del suo territorio in termini di numero di sacerdoti e fedeli, delle attività e della celebrazione dei sacramenti. Mi riferisco al priorato della Fraternità San Pio X.

Temo molto che la sinodalità, le aperture e le accoglienze non arrivino a tanto.

Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com

Traduzione di Valentina Lazzari

Titolo originale: La maldición del Papa Francisco (I)

Testo rivisto dall’autore

Aldo Maria Valli:
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