Cari amici di Duc in altum, correva l’anno 1954 quando Giovannino Guareschi veniva condannato a un anno di carcere per diffamazione nei confronti del premier De Gasperi. Avrebbe potuto appellarsi, ma non lo fece. Prese la sua sacca – la stessa che aveva nel lager – e si avviò verso il carcere. Perché a un bel momento – commentò – per essere davvero liberi non resta che prendere la via della prigione. Parole attualissime, specie per chi, come Rita Bettaglio, ha scelto di pagare un prezzo pur di difendere la propria libertà di pensiero.
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di Rita Bettaglio
Il Consiglio di Stato, Sezione III, nella sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045, ha sancito l’ammissibilità del ricorso collettivo presentato da operatori sanitari della regione Friuli Venezia Giulia. È già qualcosa, visto che il Tar della stessa regione aveva invece dichiarato il ricorso inammissibile. Ma ha respinto l’oggetto del ricorso, il merito.
Quello che interessa a noi è proprio il merito della questione, cioè l’obbligo vaccinale imposto ai sanitari dal decreto-legge 44/2021, convertito nella legge 76/21.
Questa sentenza, come altre emesse in questo periodo, si caratterizza per un’inventiva tautologica e una disinvoltura etica che lascia allibiti. Volete un assaggio?
“30.1 Nell’odierna situazione emergenziale, almeno fino al 31 dicembre 2021, le misure per il contenimento del contagio richiedono alle autorità sanitarie un intervento pronto e risoluto, ispirato alla c.d. amministrazione precauzionale, la quale deve necessariamente misurarsi con quello che, in dottrina, è stato definito il c.d. ignoto irriducibile, in quanto ad oggi non si dispone di tutti i dati completi per valutare compiutamente il rapporto rischio/beneficio nel lungo periodo, per ovvi motivi”. E come si misura con questo? Ignorandolo o negando ciò che emerge nella realtà, cioè la comparsa di numerosi e gravi effetti collaterali.
Tutti i legali che hanno intentato cause che avessero come oggetto in senso lato la libertà di un cittadino di scegliere o meno un trattamento sanitario, si sono visti rispondere: è così perché è così. Una sorta di ipse dixit. Rricordate il marchese del Grillo? Io so’ io, quindi silenzio.
Il che è bello e istruttivo, diceva Giovannino Guareschi.
Era il 1954, ma quasi quasi potrebbe essere oggi. Dopo un processo farsa, in cui venne negata la perizia calligrafica sui documenti oggetto del contendere (le famose lettere con cui De Gasperi chiedeva agli alleati di bombardare Roma) Guareschi veniva condannato per diffamazione a un anno di carcere. Anche allora valse questo principio tautologico: è così perché De Gasperi è De Gasperi e non può mentire. Egli ha un “alibi morale”, perché lui è lui.
Guareschi rifiutò di ricorrere in appello e con grande dignità si presentò al carcere di Parma per scontare la pena e vi rimase dal giugno 1954 al luglio 1955. In quel momento scrisse parole che restano scolpite e che insegnano anche a noi, italiani del 2021, sanitari che da mesi siamo stati privati del lavoro e della possibilità di esercitare la nostra professione. Nessuno però potrà mai privarci della libertà e della dignità, come nessuno poté farlo nei confronti del nostro Giovannino, fatto d’aria e di sogni.
“No, niente Appello. È inutile che insistiate, amici. La mia dignità di uomo, di cittadino e di giornalista libero è faccenda mia personale e, in tal caso, accetto soltanto il consiglio della mia coscienza. Riprenderò la mia vecchia e sbudellata sacca di prigioniero volontario e mi avvierò tranquillo e sereno in quest’’altro Lager. Ritroverò il vecchio Giovannino fatto d’aria e di sogni e riprenderò, assieme a lui, il viaggio incominciato nel 1943 e interrotto nel 1945. Niente di teatrale, niente di drammatico. Tutto semplice e naturale. Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione”.
Collega Giovannino, siamo con te!