Lettera ad Aldo Maria Valli sul peccato e il peccatore
di Aurelio Porfiri
Caro Aldo Maria,
osservo sempre più come il modernismo abbia trionfato ai tempi nostri, instillando nelle persone l’idea che la verità si identifichi con la persona che la propugna. L’immanentismo kantiano ha vinto ed è entrato a pieno regime nella Chiesa. Se la verità è vera, lo è a prescindere da chi la propugna. Se Adolf Hitler o Mao Zedong mi dicessero che Cristo è risorto, questo fatto non sarebbe meno vero perché lo hanno propugnato persone con cui vorrei non avere nulla a che fare.
Ricorderai la distinzione, che mi sembra risalga a Giovanni XXIII, tra il peccato e il peccatore: si lotti senz’altro contro il peccato, si abbia misericordia del peccatore. Questo non significa che non deve scontare la sua colpa, ma significa che spesso è una vittima della sua debolezza e va aiutato. Quelli che fanno più paura sono coloro che cercano di adattare la verità ai propri peccati, non coloro che riconoscono i propri limiti. Cristo, medico delle anime, lotta contro la malattia, non contro il malato. Ma se il malato dice di star bene e rifiuta le cure, allora si condanna con le sue mani.
Bisogna stare attenti a non proporsi come modelli, perché tutti abbiamo le magagne. Le persone non devono guardare a noi, ma alla verità vera che annunciamo: non nobis Domine, sed nomini Tuo da gloriam. Se si va a sfruculiare, non si salva nessuno. Non siamo noi la verità. Essa è qualcosa che ci supera e che quindi ci può salvare. Non ci salviamo da noi stessi e con noi stessi.
Ecco perché per me fanno bene coloro che guardano alla Verità e non si propongono come modello di qualcosa, che sia familiare o personale. Se una persona è consapevole del suo peccato e chiama le cose con il suo nome, può, malgrado le sue debolezze, ancora servire la buona battaglia. Pensiamo a grandi nomi, come Costantino, che nonostante la sua vita non esemplare sono stati fondamentali per lo sviluppo della Chiesa cattolica. Si potrebbero fare innumerevoli esempi.
Sulla mia carta d’identità di cristiano, per entrare in paradiso, vorrei che alla voce caratteristiche fosse scritto “peccatore”. Io immagino e spero che Dio non guardi al braccio ma all’animo, sappia leggere nel profondo e vedere come, anche quando cadevo, cercavo sempre di volgermi a Lui.