Seconda puntata dell’intervista integrale di Edward Pentin al professor Liberato De Caro, del Cnr, che dopo aver preso in esame le più recenti ricerche per stabilire la data di nascita di Gesù si occupa oggi della stella seguita dai magi.
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Professor De Caro, le ricerche astronomiche giungono davvero alla conclusione che c’era una stella sopra Betlemme al momento della nascita di Gesù? Cosa poteva essere esattamente la stella e come avrebbe portato a Cristo nella mangiatoia?
Esiste una vasta letteratura sulla Stelle di Betlemme (cfr. Mt 2,1ss) che avrebbe illuminato i cieli della Terra Santa in concomitanza della nascita di Gesù. Ed è una letteratura che ha visto presto gli albori nella storia della cristianità. Alcuni dei primi commentatori del Vangelo secondo Matteo rigettavano l’ipotesi di un fenomeno naturale e propendevano per un intervento divino. È sufficiente citare Agostino d’Ippona che nel IV-V secolo condanna con forza l’interpretazione astrologica della Stella di Betlemme, nelle sue dispute teologiche con i Manichei. Altri, invece, come Origene, nel III secolo, affermavano che si trattava di un fenomeno naturale, una nuova stella simile a una cometa o a una meteora, ma di buon auspicio. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che le comete in antichità erano considerate simili a fenomeni atmosferici particolari, legate al mal tempo e a cattivi presagi. In ogni caso, sino all’Alto Medioevo, tra i commentatori cristiani prevalse l’interpretazione miracolistica della Stella di Betlemme, rispetto alla spiegazione legata ad un fenomeno naturale. Soltanto dopo iniziarono a diffondersi ipotesi che tentavano di spiegare il passo di Matteo (cfr. Mt 2,1ss) ricorrendo a fenomeni naturali di natura astronomica.
Nella mentalità del passato, infatti, era comune attendersi l’influenza degli astri sulle vicende più importanti della vita e della storia. Era assai diffusa la credenza che in coincidenza della nascita di ciascun uomo si accendesse in cielo una stella. Nell’ipotesi che quanto riportato da Matteo non sia soltanto un topos letterario – utilizzato per motivi teologici – ma che ci sia, sullo sfondo della narrazione, un evento astronomico realmente accaduto, che per caso sia stato concomitante con la nascita di Gesù e che tale coincidenza sia stata notata ed annotata, allora si potrebbero avere delle informazioni cronologiche riguardo a tale nascita attraverso l’Astronomia.
L’ipotesi di base è che astrologi orientali, i Magi del vangelo di Matteo, a conoscenza delle attese messianiche israelitiche, in seguito a contatti con gli ebrei della diaspora, possano aver voluto verificare sul posto quanto dedotto scrutando i cieli notturni, e si sarebbero diretti proprio verso la Giudea unico regno di tutta la Siria-Fenicia e la Palestina.
Date queste premesse, se escludiamo le comete perché considerate in antichità foriere di cattivi presagi, tutte le stelle perché fisse anche se variabili in luminosità, e gli asteroidi perché troppo poco luminosi da essere visibili con facilità ad occhio nudo, non rimangono che i pianeti da associare alla stella di Betlemme. In particolare, è possibile associare alla Stella di Betlemme il fenomeno astronomico delle congiunzioni di pianeti, in cui essi si possono allineare così bene tanto da sembrare un unico corpo celeste, molto più luminoso nel cielo e mobile. L’etimologia stessa della parola rivela che gli antichi li consideravano come “stelle vagabonde”. Infatti, pianeta nella lingua greca sta ad indicare il vagabondare, lo spostarsi di questi corpi celesti nel cielo notturno, una volta che si è preso come riferimento proprio lo sfondo delle stelle fisse. A riguardo, però, si osservi che non tutte le congiunzioni planetarie possono essere interpretate come Stella di Betlemme. Infatti, non sempre esse permettono ai pianeti di essere prospetticamente così vicini tra loro da sembrare un unico corpo celeste. E il testo di Mt 2,1ss parla di un singolo corpo celeste e non di più corpi celesti. Questa semplice condizione dovrebbe far escludere, a rigore di logica, gran parte delle congiunzioni planetarie poiché molto raramente due pianeti sono angolarmente così vicini l’uno all’altro da sembrare che formino prospetticamente un unico corpo celeste, come richiesto dalla narrazione dell’evangelista Matteo.
In definitiva, sebbene in linea di principio ci possano essere tanti differenti fenomeni astronomici che potrebbero aver attirato l’attenzione degli osservatori dei cieli notturni di duemila anni fa, se deriviamo da Mt 2,1ss due semplici proprietà che dovrebbero caratterizzare la Stella di Betlemme – nell’ipotesi che si sia trattato di un fenomeno astronomico reale –, la prima concernente il suo movimento rispetto alle stelle fisse e la seconda quella di apparire come un unico corpo celeste nel cielo, allora le possibilità si riducono notevolmente. Alla luce dei nostri recenti studi sulla possibile storicità della nascita di Gesù all’inizio dell’inverno dell’1 a.C., in accordo con la data della Tradizione cristiana e con il calcolo effettuato da Dionigi il Piccolo nel VI secolo, siamo andati alla ricerca di un evento astronomico da potersi correlare con questa datazione, vincolato dalle precedenti condizioni del movimento e di un unico astro o di più astri allineati prospetticamente da sembrarne uno solo. Il particolare dell’età dei due anni dei bambini betlemmiti trucidati dai soldati di Erode (cfr. Mt 2,16), posto in correlazione con l’altra informazione deducibile dalla narrazione di Matteo – «allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella» (Mt 2,7) – potrebbe contenere un’indicazione cronologica circa l’ampiezza dell’intervallo temporale da considerare nella ricerca di eventuali fenomeni astronomici correlabili con la nascita di Gesù. Se essa è avvenuta alla fine dell’1 a.C., come poc’anzi discusso, la ricerca astronomica si dovrebbe collocare in un intervallo temporale di più o meno un anno intorno a tale data, cioè dal 2 a.C. all’1 d.C.
In effetti, nel 2 a.C., il 17 giugno per la precisione, ci fu un’eccezionale congiunzione Giove-Venere, che si trovarono così vicini tra loro da apparire come un unico corpo celeste, come dimostrato per la prima volta dall’astronomo R. W. Sinnot. Rafforzandosi la luminosità a vicenda, la magnitudine apparente dei due pianeti in perfetta congiunzione diventò circa 200 volte più luminosa di Regolo, cioè della stella più luminosa della costellazione del Leone, la cui etimologia significa, per giunta, “piccolo re”.
Per capire quanto raro sia questo insolito comportamento di Venere e Giove abbiamo ricercato tutte le congiunzioni di pianeti con caratteristiche simile a quelle del 17 giugno 2 a.C., visibili dalla Palestina e regioni limitrofe. Estendendo la nostra analisi astronomica in un arco temporale superiore ai 2500 anni, dal 500 a.C. ad oggi, siamo giunti alla sorprendente constatazione che soltanto nel 2 a.C. Giove e Venere sono stati visibili a occhio nudo come se fossero un unico astro, per un certo periodo di tempo, mentre prima e dopo sono stati ancora visibili ma separati l’uno dall’altro. Si tratta, quindi, di un evento astronomico molto raro.
In definitiva, l’aver assistito ad un fenomeno astronomico così singolare dovrebbe aver lasciato memoria storica negli antichi astronomi, testimoni oculari di un così raro evento. Ed è molto probabile che sia stato associato alla nascita di un re poiché Giove era considerato l’astro del re. Oggigiorno, per noi e per l’Astronomia si tratta di una correlazione tra un fenomeno celeste ed avvenimento storico del tutto casuale, ma per gli uomini di duemila anni fa, per i quali il cielo sempre raccontava in anticipo ciò che poi sarebbe avvenuto in Terra, questo tipo di associazione tra evento celeste e storia era del tutto normale. Ed è quello che potrebbe essere successo nel 2 a.C. per la congiunzione Giove-Venere del 17 giugno posta, in seguito, in una lettura retrospettiva degli avvenimenti storici, in relazione con la nascita di Gesù avvenuta all’inizio dell’inverno dell’1 a.C.
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Per saperne di più:
La Greca e L. De Caro, Approfondimenti sulla nascita di Gesù nell’1 a.C. e sulla datazione della crocifissione nel 34, Annales Theologici 34 (2020), 13-58: https://www.ifpress-ecommerce.com/ojs/index.php/ATh/article/view/450
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