Quarant’anni fa la legge marziale in Polonia / Quella candela accesa da Reagan
di Paul Kengor
Quarant’anni fa, il 13 dicembre 1981, a tarda notte, l’oscurità scese sulla Polonia, la patria di Giovanni Paolo II e unico paese del blocco sovietico in cui la guerra comunista alla religione non solo era fallita, ma si era ritorta contro il regime.
Fondamentale per quel fallimento fu non solo il papa polacco, ma anche il movimento Solidarnosc di Lech Walesa, che i comunisti, non senza riluttanza, avevano accettato come legale nell’agosto 1980.
Col senno di poi, per i comunisti fu un grave errore. Nel dicembre del 1981 quasi tutti polacchi appartenevano al sindacato indipendente, antisovietico e filo-cattolico. Era diventato un movimento di resistenza di massa al comunismo sovietico.
I comunisti decisero dunque che poteva bastare. Avevano già fatto tutto ciò che era in loro potere per fermare il papa polacco, che sette mesi prima, il 13 maggio 1981, nella festa della Madonna di Fatima, era stato quasi assassinato in piazza San Pietro. Il Cremlino era fortemente intenzionato a eliminare papa Giovanni Paolo II. Allo stesso modo, voleva eliminare Solidarnosc, e il 13 dicembre 1981 arrivò la grande occasione.
Quella notte, a mezzanotte in punto, in Polonia si scatenò l’inferno. A Varsavia, a Cracovia, a Danzica, nelle aree industriali e minerarie, risuonarono gli spari, apparvero i carri armati, ulularono le sirene, i camion della polizia sfrecciarono per le strade e i membri di Solidarnosc furono arrestati. Migliaia di leader sindacali, dissidenti e intellettuali vennero spediti nei campi di internamento.
Walesa e altre figure di Solidarnosc a Danzica furono isolate e nel quartier generale del sindacato le linee telefoniche furono interrotte. Walesa venne detenuto in una località sconosciuta, e si stima che tra le cinquemila e le 50 mila persone furono sequestrate senza processo. Le segnalazioni riferirono di centinaia di vittime.
Era una domenica, il giorno del Signore. Circostanza appropriata, dato che era proprio così, con la repressione, che i comunisti trattavano le cose di Nostro Signore.
L’intero paese fu messo sotto coprifuoco, con posti di blocco dell’esercito istituiti ovunque. I governatori di quattro province furono sostituiti da militari. Tutti i voli in entrata e in uscita dal paese furono cancellati, ad eccezione degli aerei sovietici. A tutti i cittadini fu ordinato di portare sempre con sé documenti di identità.
Fu una completa epurazione. I comunisti volevano massacrare gli operai. Fu la legge marziale.
“Fu un vero shock”, ricorda il cardinale Stanisław Dziwisz, segretario di Giovanni Paolo II, così vicino a lui da averlo letteralmente accolto nelle sue braccia quando il papa fu colpito il 13 maggio in piazza San Pietro.
“Ovviamente – ricorda il cardinale – eravamo spaventati. Il papa era angosciato. Fu una profonda umiliazione per la Polonia. Dopo tutto quello che aveva sofferto nel corso della sua storia, la nazione non meritava questo nuovo martirio. Non meritava di essere punita così severamente”.
Ugualmente angosciato era il presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, che nel suo diario scrisse: “È giunta voce che la Polonia è passata a Solidarnosc. I leader sono stati arrestati, riunioni e pubblicazioni sindacali vietate, dichiarata la legge marziale. La situazione è davvero grave”.
Solidarnosc fece del suo meglio per lanciare un appello agli amici di tutto il mondo, dalla Casa Bianca al Vaticano: “Ci appelliamo a voi: aiutateci nella nostra lotta con proteste di massa e sostegno morale. Non guardate passivamente i tentativi di strangolare gli inizi della democrazia nel cuore dell’Europa. Siate con noi in questi momenti difficili. Solidarietà con Solidarnosc. La Polonia non è ancora persa”.
In effetti, la Polonia non era ancora persa. In un certo senso, ironia della sorte, la repressione avrebbe aiutato la Polonia a trovare la strada verso la libertà più velocemente, con l’aiuto di alcuni amici esterni.
Gli appelli di Solidarnosc commossero i cuori di Giovanni Paolo II e Ronald Reagan.
“Il presidente era assolutamente furibondo”, ricorda Richard Pipes, vicino a Reagan in quanto consigliere per la sicurezza nazionale. Reagan disse: “Bisogna fare qualcosa. Dobbiamo salvare Solidarnosc”.
Per il presidente fu un momento triste, ma anche una straordinaria opportunità. Da quando, nel giugno 1979, aveva guardato i filmati sulla visita di Giovanni Paolo II in Polonia, Reagan aveva detto ai suoi consiglieri che il papa era “la chiave”. E adesso anche Solidarnosc lo era. Reagan era convinto che Solidarnosc fosse il cuneo per creare una crepa nella cotina di ferro e frantumare l’intero blocco sovietico da cima a fondo.
Una delle prime azioni di Reagan in risposta alla legge marziale fu telefonare direttamente a Giovanni Paolo II in Vaticano. Espresse chiaramente la sua disapprovazione, cercando anche di incoraggiare il papa: “Il nostro Paese – gli disse – è stato ispirato quando lei ha visitato la Polonia e nel vedere il vostro impegno per la religione e la fede in Dio. Tutti noi eravamo molto elettrizzati”.
Il presidente chiese di poter incontrare il papa e due giorni dopo accolse alla Casa Bianca il cardinale Agostino Casaroli, il segretario di Stato vaticano.
Nelle due settimane successive al Natale le comunicazioni si fecero più intense. Con due lettere a Giovanni Paolo II Reagan consigliò al papa di sollecitare il leader comunista polacco, il generale Wojciech Jaruzelski, perché avesse un incontro con Walesa e l’arcivescovo di Varsavia Józef Glemp. Inoltre illustrò le contromisure che la sua amministrazione stava prendendo contro l’Urss e chiese al papa di usare la sua influenza per convincere le autorità civili a revocare la legge marziale e ottenere il rilascio dei detenuti. L’obiettivo comune era “mantenere viva la speranza di libertà in Polonia”.
Reagan avrebbe ribadito gli stessi concetti quando lui e il Santo Padre si incontrarono faccia a faccia in Vaticano nel giugno 1982, ed entrambi si dissero convinti che Dio li aveva risparmiati dai tentativi di omicidio subiti nel marzo e nel maggio 1981 per uno scopo speciale. Credevano che sconfiggere il comunismo sovietico ateo fosse parte di questo scopo.
Potrei aggiungere molto altro, avendo scritto un lungo libro sull’argomento. Voglio solo citare un elemento correlato a quanto avvenne quarant’anni fa.
Il 22 dicembre 1981, Reagan tenne un incontro privato alla Casa Bianca con l’ambasciatore polacco, Romuald Spasowski, e sua moglie, Wanda, cattolica da sempre. Entrambi avevano appena disertato drammaticamente e ora erano seduti nello studio ovale con il presidente degli Stati Uniti e il vicepresidente. La coppia era sconvolta. Wanda tenne la testa tra le mani per tutto il tempo, mentre il vicepresidente George Bush l’abbracciava. In lacrime, l’ambasciatore fece una richiesta speciale: “Posso chiederle un favore, signor presidente? Accenderebbe una candela e la metterebbe alla finestra stasera per i polacchi?”.
Senza esitazione, ricorda l’aiutante di Reagan Mike Deaver, il presidente si alzò, andò al secondo piano della Casa Bianca, trovò una candela, l’accese e la mise sul davanzale della finestra della sala da pranzo, un gesto tipico dei cattolici polacchi per Natale.
Quella candela significava molto. Ricordava quella accesa dopo la Messa da un giovane Karol Wojtyla per la conversione della Russia.
Ma Reagan fece più che accendere quella candela. La sera successiva, il 23 dicembre, tenne un discorso televisivo nazionale in cui collegò lo spirito del periodo natalizio con gli eventi in Polonia.
“Per mille anni – disse agli americani – il Natale è sempre stato celebrato in Polonia, terra di profonda fede religiosa, ma questo Natale porta poca gioia al coraggioso popolo polacco, che è stato tradito dal suo stesso governo”. Poi chiese a tutti gli americani di accendere una candela a sostegno della libertà in Polonia.
Fu un gesto che portò tutti gli americani dalla parte della libertà e per la Polonia, dalla parte di papa Giovanni Paolo II e contro i sovietici e i comunisti.
Quarant’anni fa, nel dicembre 1981, i comunisti cercarono di spegnere le luci in Polonia. Ma Ronald Reagan, Giovanni Paolo II e il popolo polacco mantennero vivo un barlume di speranza.
Nel giugno 1989 la Polonia tenne elezioni libere ed eque, e nel novembre dello stesso anno il muro di Berlino collassò e cadde. E il giorno di Natale del 1991 Mikhail Gorbaciov si dimise da presidente dell’Unione Sovietica e l’Urss si dissolse. La guerra fredda era finita, pacificamente, senza sparare un colpo, proprio come avevano voluto il popolo polacco, Solidarnosc, il papa e il presidente americano.
Può sembrare molto tempo fa. Ma fu un punto di svolta cruciale per il mondo, la libertà e la fede. Una lezione di storia stimolante che vale la pena prendere a cuore, specialmente in questo Natale 2021, in un momento in cui molte delle notizie sono deprimenti. Ecco qualcosa di veramente edificante per coloro che amano la fede e la libertà. A volte c’è davvero un lieto fine.
Fonte: ncregister.com