Cari amici di Duc in altum, un sacerdote (che ha scelto di non firmarsi) mi ha inviato il testo di questa sua omelia tenuta giorni fa nell’Attesa del Parto della Beata Vergine Maria, bellissima e antica festa che si celebrava nell’imminenza del Natale. Un invito a prepararci nel modo più adeguato alla nascita del Bambino Gesù, abbracciando la divina volontà.
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In Exspectatione Partus Beatae Mariae Virginis
Questa dell’Attesa del Parto della Beata Vergine Maria è un’antica festa, presente nei messali più vecchi, che si celebra proprio nell’imminenza del Natale. Sicuramente la preparazione che viene messa in atto in vista della nascita di un bambino è qualcosa di genuinamente umano. I genitori – in particolare la mamma – predispongono tutto il necessario per preparare l’arrivo della creatura che sta per venire al mondo e sono presi da una speciale sollecitudine e trepidazione, soprattutto se si tratta del primo figlio. Quando una donna si appresta al primo parto, ha un’apprensione particolare; tutto viene quindi predisposto perché la nascita avvenga nelle condizioni migliori.
Sul piano spirituale, questa festa ci rammenta la necessità, a pochi giorni dal Natale, di preparare la nostra anima come il luogo in cui deve nascere Gesù, la necessità di disporci interiormente, di purificare il nostro cuore, in modo tale da offrirgli una dimora per quanto possibile accogliente. Poi questa festa ci fa pensare anche alle condizioni storiche in cui venne al mondo il Figlio di Dio. Come abbiamo sentito nel racconto dell’Annunciazione, l’arcangelo Gabriele aveva affermato che il bambino che la Vergine Maria avrebbe partorito sarebbe stato il discendente di Davide, il Messia, che avrebbe regnato in eterno sulla casa di Giacobbe, portando così a compimento le antiche promesse. Di più: le modalità straordinarie della sua nascita ne avrebbero dimostrato l’identità divina (cf. Lc 1, 31-35).
Poi, di fatto, le circostanze si svilupparono in modo del tutto inatteso perché arrivò il censimento; i due sposi dovettero quindi affrontare un viaggio imprevisto da Nazareth a Betlemme, che era la patria di san Giuseppe, un viaggio così scomodo e lungo proprio alla fine della gravidanza… All’arrivo a Betlemme, furono costretti a trovare alloggio in una stalla, perché nella città non c’era posto per loro, come dice san Luca (cf. Lc 2, 7). Tutti i preparativi della nascita, in quel momento, saranno apparsi inutili: immaginate una mamma che sta per partorire e si ritrova d’inverno in mezzo alla campagna. Tuttavia san Giuseppe, come racconta una tradizione, conosceva un luogo dove da giovane, prima di trasferirsi a Nazareth, si rifugiava nei momenti difficili per meditare: proprio quella stalla appartata. Egli pensa allora di ricoverare lì la sposa che sta per partorire. Entrandovi, essi trovano due animali: un asino e un bue.
Come lo sappiamo? Non è soltanto una pia leggenda: è un dato presente nella tradizione sia occidentale sia orientale. Anche nelle icone bizantine della Natività ci sono l’asino e il bue; quindi è un dato molto antico, che precede la diversificazione del patrimonio liturgico. Lo sappiamo perché la tradizione cristiana ha applicato alla nascita di Gesù un versetto del profeta Isaia in cui Dio dice: «Anche il bue riconosce il suo possessore e l’asino la greppia del suo signore, ma Israele non mi riconosce e il mio popolo non comprende» (Is 1, 3). Il senso letterale è che il popolo eletto non è in grado di fare ciò che fanno perfino gli animali irragionevoli, cioè di riconoscere il proprio padrone. Se l’esegesi patristica ha applicato quel versetto alla nascita di Gesù, ci deve necessariamente essere un motivo; altrimenti non ci sarebbe alcun legame con quel passo biblico. L’unica ragione possibile è che in quella stalla c’erano veramente un asino e un bue.
Perché è importante questo dettaglio? La Vergine Maria conosceva molto bene le Sacre Scritture, come si deduce dal Magnificat, che è un testo intessuto di citazioni e allusioni bibliche (gli esperti ne hanno contato decine); nell’entrare in quella stalla, nel vedere l’asino e il bue, dev’essersi ricordata di quel versetto iniziale di Isaia – e allora deve aver capito. Certamente l’Immacolata non può aver dubitato, ma la sua fede fu messa alla prova; quest’ultima non può aver conosciuto crisi, ma certamente le circostanze la scossero, com’è successo ai grandi mistici che hanno attraversato la notte dello spirito.
Proprio in quel momento la Provvidenza le diede un segno che tutto era in ordine: tutto stava procedendo secondo le previsioni celesti, perché era scritto che sarebbe successo così. Immaginate la consolazione della Madonna: in quella fredda notte d’inverno, trovare una conferma che tutto stava avvenendo secondo i piani di Dio! Dal punto di vista umano, le circostanze sembravano completamente contrarie a quel che aveva predetto l’Angelo, ma in realtà il Signore stava dirigendo ogni cosa con sapienza infinita. Proprio così doveva accadere: Gesù doveva nascere lì, non in un palazzo reale, perché altrimenti i poveri si sarebbero sentiti esclusi; invece, venendo al mondo in quella stalla come un reietto, già dalla sua stessa nascita avrebbe dichiarato di esser venuto anche per gli ultimi, per i più derelitti, per i più abbandonati. Nessuno si sarebbe vergognato, nessuno si sarebbe dovuto trattenere dall’accostarsi a Lui, tant’è vero che i primi ad adorarlo furono i pastori, che non potevano neppure entrare in città in quanto considerati impuri.
Tutto è diretto dalla Provvidenza. Questa festa dell’Attesa del Parto, oltre a stimolarci a preparare il nostro cuore come una culla, come una mangiatoia dove deporre il Signore, dove Gesù Bambino possa venire e trovarsi a suo agio, questa festa ci assicura che la Provvidenza dirige in modo infallibile ogni avvenimento. Per chi crede in Dio, la Provvidenza è sempre all’opera; per chi si affida totalmente a Lui, alla fine tutto torna a beneficio; per coloro che amano Dio – dice san Paolo – tutto coopera al bene (cf. Rm 8, 28). Allora chiediamo alla Madonna e a san Giuseppe la grazia di saper leggere i segni della Provvidenza anche nelle situazioni più difficili, anche quando sembra non esserci via d’uscita. Chiediamo la grazia di poter vedere come Dio è presente qui e ora, come la Sua mano dirige ogni cosa per il nostro bene. Il Signore vuole la nostra salvezza: per salvarci è voluto nascere in una stalla e morire su una croce. Non abbiamo niente da temere.
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Nell’immagine, Taddeo Gaddi (1300 circa – 1366), Madonna del Parto.