Il 23 dicembre, come da tradizione, il papa ha rivolto un discorso alla curia romana riunita per gli auguri di Natale e fine anno. È stato il suo nono discorso e, una volta ancora, Bergoglio ne ha approfittato per rimproverare tutti coloro che lavorano al suo servizio. Niente di nuovo. Ma il problema è che il papa non ha speso nemmeno una parola per parlare della riforma della curia, ormai in cottura da ben otto anni ma mai sfornata. Eppure sarebbe stata l’occasione propizia. Un silenzio prontamente notato da Luis Badilla, osservatore delle cose vaticane che non può certamente essere accusato di pregiudiziale ostilità nei confronti del pontefice regnante. Con il suo “singolare silenzio – scrive Badilla – il papa ha assestato al suo pontificato un duro colpo”. Un giudizio corredato da molte altre frecciate all’indirizzo dell’inquilino di Santa Marta.
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di Luis Badilla
Con il suo nono discorso alla Curia Romana, in occasione degli scambi augurali per il Natale 2021, il Pontefice, come in numerose allocuzioni precedenti, è tornato a martellare sui difetti, vizi, insufficienze e malcostumi di centinaia di persone – in maggioranza preti, religiosi e religiose, tra cui cardinali, arcivescovi e vescovi – che sono tutti i suoi collaboratori nel governo universale della Chiesa che lui presiede nella carità. Si tratta di un discorso che Papa Bergoglio ribadisce dai lontani tempi in cui era, come successore del cardinale Antonio Quarracino, arcivescovo di Buenos Aires. Buona parte di tutto questo che Francesco va dicendo da due decenni è una forte denuncia che si colloca alla base della molto amplificata riforma della Chiesa che, oltre alla conversione dei cuori – cosa che diceva già Gesù oltre 2000 mila anni fa – passa attraverso il cambio radicale delle strutture e delle regole. In concreto, passa anche e in modo determinante attraverso una Costituzione Apostolica nuova, dinamica, arricchita dal mutare dei tempi, dopo i trent’anni della precedente di san Giovanni Paolo II chiamata Pastor Bonus. Sulla nuova, che sappiamo dal Papa stesso che si intitola o si intitolerà Evangelium praedicate, a otto anni dall’inizio della sua elaborazione da parte del Consiglio dei cardinali (prima nove e ora sette), davanti alla Curia, il Santo Padre non ha detto neanche una sola parola. Eppure Francesco il 1° settembre in un’intervista a tutto campo con la catena radiofonica spagnola Cope, parlò ampiamente sulla questione dicendo cose che non aveva mai detto. È chiaro che Papa Francesco privilegia i media in generale e poco o nulla rivela o anticipa agli organi competenti della Chiesa e nemmeno ai suoi media, ai vertici della gerarchia, che sono soventi gli ultimi a sapere le cose.
La nuova Costituzione Apostolica è una cosa molto seria, anzi serissima poiché la Chiesa oggi è senza una legge fondamentale. La vecchia Costituzione, decaduta nei fatti, non può essere applicata perché neutralizzata da decine di Motu Propri. La nuova, fino alla sua promulgazione, è come se non esistesse. Questa situazione è delicatissima e insidiosa, in particolare in un momento in cui all’interno della Chiesa e della stessa gerarchia crescono le divisioni, l’antagonismo e addirittura cresce anche l’odio reciproco fra le parti in disaccordo.
Oggi il Papa con riferimento alla Curia, al suo lavoro e al suo servizio, ha parlato di partecipazione, comunione e missione. Sono tutte cose sacrosante e ben proposte e ribadite, ma, cosa si dice della riforma specifica, della sua codificazione giuridica, dello spirito dei cambiamenti allo studio da otto anni? Cosa si dice sui cronogrammi e perché? Come sarà nel futuro questa diaconia e cosa possono attendere le Chiese particolari da questo servizio?
Oggi il Papa con il suo singolare silenzio ha assestato al suo pontificato un duro colpo di fronte al quale resta una sola speranza: che presto dica qualcosa al riguardo e chiarisca queste tenebre prima possibile. Anche in questo caso si può applicare un richiamo del Papa che sulla crisi ecologica ha detto a più riprese: in una crisi anche la tempestività è fondamentale. Non basta una buona soluzione. Occorre farla nei tempi giusti.
Non ci resta che aggiungere come ha detto il cardinale Pietro Parolin pochi giorni fa: la Chiesa non è del Papa e neanche dei vescovi o preti. È dei battezzati. Noi vogliamo ricordare che questi battezzati sono chiamati in base alla legge suprema e perfetta, Cristo, a essere suoi discepoli e non sudditi di un sovrano.
Fonte: ilsismografo.blogspot.com
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