di Nicola Porro
Ma guarda un po’: oltre la Manica, c’è qualcuno che ragiona. Mentre da noi ci si è arrovellati per tre giorni sul bollettino di contagi e ricoveri, per poi decidere di non decidere, cioè lasciarlo inalterato, in Gran Bretagna, dove il governo ha ormai deciso che il Paese è entrato nella fase in cui dovrà (anche coraggiosamente) convivere con il Covid, il ministro della Salute annuncia: goodbye green pass.
La decisione di Londra: addio green pass
Lo ha riferito ieri il Times, citando le dichiarazioni di Sajid Javid, pronto a liquidare il passaporto vaccinale all’inglese entro il 26 gennaio. In realtà, il certificato verde, nella terra di Sua Maestà la regina Elisabetta, serviva a poco e niente: utile solo per accedere ad attività ludiche. Di sicuro, non è mai stato necessario praticamente per vivere, come qui da noi. Ma cosa ha portato Londra a mandare in soffitta questo orpello burocratico? Semplice: un bagno di realtà. I consiglieri scientifici dell’esecutivo si sono limitati a osservare che il vaccino, in particolare se si hanno solo due dosi, serve a poco a niente, se l’obiettivo è limitare il contagio da Omicron. Esattamente il contrario di quanto, con una nobile menzogna o una colpevole presa per i fondelli (decidete voi), Mario Draghi disse la scorsa estate, presentando il nostro green pass: una “garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose”.
Calano i ricoveri in Gran Bretagna
Manco per idea… Javid, peraltro, ha subito intercettato la tendenza discendente dell’ondata di coronavirus e, pur riconoscendo che c’è una significativa pressione sugli ospedali, il ministro ha sottolineato che “ci sono segnali precoci che il tasso di ricoveri stia iniziando a rallentare”. Dunque, tanti saluti al documento che, in Gran Bretagna, serviva ai ragazzini per andare a ballare e che in Italia, invece, è il simbolo di una deriva illiberale e persecutoria, non giustificata da alcuna evidenza scientifica. Neppure se lo scopo reale della sua sconfinata estensione fosse quello di convincere la gente a vaccinarsi: tant’è che, per smuovere gli ultracinquantenni, il governo Draghi ha pensato bene d’introdurre direttamente un obbligo di legge.
Speranza insiste col green pass
Naturalmente, la ragionevolezza inglese non è l’unico esempio di risvegli alla logica. Persino la Spagna di Pedro Sánchez, che certo non è un liberalconservatore, ha annunciato un piano per trattare il Covid come un’influenza e, addirittura, è intenzionata a promuovere questo approccio in sede europea. E benché tedeschi, austriaci e olandesi abbiano introdotto una serie di misure draconiane, tra lockdown più o meno selettivi e obblighi vaccinali, il Paese più estremista rimane il nostro. Ostaggio di una banda di nostalgici di Berlino Est, come Roberto Speranza, l’uomo che godeva nel vedere le saracinesche dei bar abbassate alle 18, quello che sulla pandemia voleva ricostruire l’egemonia culturale della sinistra e che non fa nulla per impedire che i sanitari, con la scusa dei tamponi, rifiutino di visitare una donna incinta che accusa perdite.
A proposito: in Francia, il portavoce del partito di Emmanuel Macron, il presidente intenzionato a “rompere le palle ai no vax”, ha già giurato che il green pass non sarà una misura permanente. Da noi quello super doveva scadere il 15 gennaio, dopodiché abbiamo scoperto che dovevamo trascinarcelo fino a marzo e, visto che l’obbligo dura fino al 15 giugno, possiamo immaginare ulteriori proroghe fino a inizio estate. D’altronde, che fai? Non vorrai mica “abbassare la guardia” proprio nella stagione di massima mobilità? Ecco: qualcuno, in Italia, ci dice quando la finiremo, una volta per tutte, con green pass, obblighi vaccinali e stato d’eccezione?
Fonte: nicolaporro.it