Assistere prima chi è vaccinato? Risposta alla tesi di un teologo moralista
“In caso di scarsità di mezzi è giusto assistere prima chi è vaccinato”. Questa la tesi sostenuta da monsignor Mauro Cozzoli in una lettera al quotidianosanità.it. Una presa di posizione che, soprattutto perché arriva da un teologo moralista che insegna in un ateneo pontificio ed è assistente spirituale dei medici di Roma, ha suscitato stupore e perplessità fra i lettori di Duc in altum. Come spiega il contributo che qui vi propongo.
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di padre Attilio F. Fabris
A una prima lettura veloce mi era sembrata una dichiarazione degna di qualche conduttore televisivo, poi, con incredulità, ho letto il nome dell’autore: Mauro Cozzoli, professore di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense, docente al master di bioetica, nonché assistente spirituale dei medici di Roma.
Che cosa afferma l’autore? Sostiene il diritto dei vaccinati ad avere la precedenza nelle cure in caso di ricovero, in ossequio alla indicazione etica del “favor vitae”. Al che mi sono sorte alcune perplessità.
La prima riguarda l’opportunità di inserire nel dibattito una problematica di questo tipo in un momento di massima confusione: perché invece di parlare di chi ha la precedenza nella cura l’autore non denuncia i tagli di miliardi alla Sanità operati da questo governo, la drastica riduzione dei posti letto negli ospedali e la situazione critica a causa del personale insufficiente e orari di lavoro esasperanti? Perché non parla di una burocrazia che da tempo ha ormai perso ogni sintomo di buon senso? Perché insistere sulla contrapposizione vaccinati – non vaccinati quando ormai è evidente che i vaccini non sono né sicuri né efficaci e quando ormai diversi Stati stanno eliminando ogni tipo di green pass? Perché non denunciare la sconcezza e la malafede all’origine della “tachipirina e vigile attesa” che, questa sì, ha procurato innumerevoli morti? Perché il monsignore professore non afferma il sacrosanto diritto dei medici (dato che ne è guida spirituale a Roma) di assicurare in “scienza e coscienza” le cure a casa, liberando così gli ospedali dall’intasamento?
Ecco, mi sono fatto queste domande. E spero che altrove il docente ne abbia parlato.
Ma vengo alla domanda centrale: a chi dare la precedenza nel ricovero ospedaliero? Se il criterio è il “favor vitae” (ovvero la ricerca del bene migliore) siamo sicuri che tra i criteri da adottare ci possa essere il fatto di essere o non essere vaccinati?
Non vi vedo una logica sana. In modo malizioso l’autore propone un paio di esempi: darò la precedenza – si chiede – “al vigile del fuoco incorso in un incidente durante il suo lavoro o a chi ha scelto di praticare sport estremi, esponendosi consapevolmente a rischi anche gravi per la propria salute”? Ma sono esempi che non calzano. Bisognerebbe chiedersi: darò la precedenza all’ottantenne con più patologie e vaccinato o al padre di famiglia quarantenne etichettato come no vax?
Il criterio sì vax – no vax non regge ed è pericoloso, perché apre la porta alla discriminazione.
Di questo passo entriamo in una logica perversa. Con la stessa logica potremmo chiederci: perché curare in ospedale, con il conseguente onere finanziario pubblico e occupazione di letti, i fumatori, gli alcolizzati e i drogati? Alla fin fine se la sono voluta, la società non ne è responsabile e loro sono solo un problema!
Eccoci così aggrovigliati ben bene, come rane bollite, nella logica dei “crediti sociali”.
Ancora più grave è quando queste tesi vengono sostenute da chi si dice cattolico. Spero di sbagliarmi, ma mi sembra che ormai tra i cattolici sia evidente una deriva che, tra le altre cose, sta pure esaltando il diritto all’autodeterminazione in caso di eutanasia (vedi La Civiltà Cattolica). Ma per chi decide, in libera scelta, di non vaccinarsi c’è solo condanna e disprezzo.
Perché il diritto all’autodeterminazione, tanto esaltato come conquista civile, non vale dinanzi al rifiuto del siero anti Covid? Come non vedere che questa linea conduce a considerare alcune vite come indegne di essere vissute?
Siamo ben lontani dalla chiarezza di quella teologia morale cattolica che autorevolmente afferma(va): “Il rispetto della persona umana implica il rispetto dei diritti che scaturiscono dalla sua dignità di creatura. Questi diritti sono anteriori alla società e ad essa si impongono. Essi sono il fondamento della legittimità morale di ogni autorità: una società che li irrida o rifiuti di riconoscerli nella propria legislazione positiva, mina la propria legittimità morale” (Giovanni XXIII, Pacem in terris, 65). “Se manca tale rispetto, un’autorità non può che appoggiarsi sulla forza o sulla violenza per ottenere l’obbedienza dei propri sudditi (Catechismo della Chiesa cattolica, 1930). E ancora: “Questo stesso dovere comprende anche coloro che pensano o operano diversamente da noi” (1933).
Tranne chi non si vaccina?