Quando questa settimana Colin Carrie, il parlamentare canadese conservatore, ha chiesto al governo del primo ministro Justin Trudeau quanti ministri canadesi “facessero parte dell’agenda del forum economico mondiale” – prima che la sua connessione in videoconferenza saltasse – lui e i canadesi che rappresenta si meritavano una risposta onesta invece di essere etichettati come “complottisti”, come invece ha fatto Charlie Angus, l’MP [Member of Parliament] del nuovo sinistroide partito democratico.
Il World Economic Forum (WEF), colloquialmente conosciuto come “Davos”, per coloro che hanno familiarità con il pellegrinaggio annuale da parte dell’élite internazionale verso l’omonima città in Svizzera, è stato sulla bocca di molti negli ultimi due anni – in particolare nel contesto della crisi Covid 19.
Poco prima della pandemia Covid, il 15 ottobre 2019, l’organizzazione ha annunciato che stava tenendo “un’esercitazione di simulazione dal vivo per preparare leader pubblici e privati ad una risposta pandemica”. Se questo vi suona una strana coincidenza, allacciate le cinture, perché la cosa si fa sempre più strana.
Parlando in una videoconferenza delle Nazioni Unite nell’autunno del 2020, Justin Trudeau ha sollevato le sopracciglia, mostrando un suo potenziale collegamento tra la pandemia globale e il forum. “Questa pandemia ha fornito un’opportunità per un reset”, ha detto Trudeau. “Questa è la possibilità di accelerare i nostri sforzi pre-pandemici, di ri-immaginare i sistemi economici che affrontano ogni giorno le sfide globali come la povertà estrema, la disuguaglianza e il cambiamento climatico”, ha aggiunto, evocando un concetto di “reset” promosso dal WEF fin dall’inizio dell’insorgenza della pandemia, che mostra come la crisi sia una opportunità di cambiamento radicale del modo in cui si sviluppano le società.
Poi, nell’agosto 2021, il deputato olandese Gideon Van Meijeren ha chiesto al primo Mark Rutte di una lettera che aveva scritto al fondatore del WEF Klaus Schwab in cui affermava che il libro di Schwab, Covid-19. The Great Reset, pubblicato il 9 luglio 2020, nei primi mesi della pandemia, “lo avesse ispirato a ricostruire meglio la sua nazione“. La frase sembra essere anche il nome dell’agenda legislativa del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che tra le altre cose include anche un aumento del trasferimento di ricchezza nel torbido buco nero del cambiamento climatico e della “spesa sociale”.
Sarebbe facile attribuire il tutto a una raccapricciante coincidenza retorica se non ci fosse un legame reale tra Schwab, Davos e funzionari eletti come Rutte e Trudeau. È un legame di cui si è vantato anche lo stesso Schwab. Nel 2017, ha detto a un’udienza alla John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard: “Ciò di cui siamo molto orgogliosi sono le giovani generazioni, come il primo ministro Trudeau… noi penetriamo nei gabinetti”.
E non stava scherzando. L’attuale ministro delle finanze canadese e vice primo ministro, Chrystia Freeland, è nel consiglio di amministrazione del WEF, insieme all’ex governatore della Bank of Canada e Bank of England, Mark Carney. Freeland è stata vista l’ultima volta annunciare il congelamento dei beni, nonché misure di repressione contro camionisti e sostenitori per le strade del Canada che chiedevano la fine degli obblighi e delle restrizioni Covid. E Carney ha recentemente qualificato il Freedom Convoy come “sovversione” in un articolo isterico pubblicato sul quotidiano Globe and Mail.
È normale però che quando i cittadini iniziano a vedere il marchio del “World Economic Forum” abbinato a coloro che scelgono o sostengono pubblicamente, e che mettono in atto misure liberticide drastiche e senza precedenti contro di loro, inizino a porre e porsi domande sulla vera natura dell’influenza dell’organizzazione.
Nessun cittadino in nessun paese ha effettivamente votato affinché si adottasse l’agenda di Davos. E nemmeno si sa se questo lo farebbe mai nessuno. Secondo il proprio sito web, l’agenda del WEF include una maggiore integrazione e digitalizzazione, una risposta “urgente” ai cambiamenti climatici, e la visione di una “Quarta rivoluzione industriale” che è “caratterizzata da una gamma di nuove tecnologie che fondono il mondo fisico, digitale e biologico, che hanno un impatto su tutte le discipline, le economie e le industrie e sfidano persino il concetto di cosa significhi davvero essere umani”. L’organizzazione sta anche esplorando la nozione di “miglioramento umano“.
E questi sono solo gli aspetti pubblici. Tutto sembra avere il potenziale per dare origine a una realtà distopica, in particolare se unita a misure precedentemente inimmaginabili adottate dai governi democratici con il pretesto sanitario degli ultimi due anni. E chi, o cosa, influenza l’organizzazione stessa? Un enorme elenco di enti multinazionali con obblighi fiduciari per aumentare la ricchezza degli azionisti, secondo il sito Web dell’organizzazione. Il WEF vorrebbe che il cittadino medio credesse che tutto ciò che fa, lo fa per curare i nostri interessi.
Tuttavia è difficile immaginare cosa guadagnino effettivamente i sostenitori dell’organizzazione dando potere ai cittadini piuttosto che mantenendo il controllo su di loro.
Inoltre ciò che è palesemente ovvio è che il WEF serve da centro di compensazione e consolidamento per promuovere un’agenda globale adatta a tutti che è diventata perfettamente intercambiabile con lo status quo dell’establishment occidentale. Non c’è niente di più antidemocratico dei funzionari eletti che servono qualsiasi altro padrone al posto del loro popolo.
C’è bisogno di fare più luce su questo ente sovranazionale e su coloro che tirano le fila, nonché sulla misura in cui la loro agenda si riversa nelle nostre vite quotidiane.
Fonti:
Nella foto, Klaus Schwab, fondatore e presidente del World Economic Forum di Davos