I teneri coniglietti e il lupo cattivo. Ovvero il conflitto tra Ucraina e Russia visto con la lente dei reportage occidentali
di Gilbert Doctorow
Come tutti sappiamo, l’Ucraina è oggi il ragazzo copertina della “comunità internazionale”, cioè gli Stati Uniti e i loro alleati. Tradotto in immagini da fumetto, l’attuale conflitto militare tra l’Ucraina e la Russia contrappone un tenero gruppo di coniglietti (Ucraina) al lupo cattivo (voi sapete chi è).
Purtroppo, questo è il livello intellettuale che caratterizza la maggior parte delle reazioni occidentali circa gli sviluppi della tragedia in corso. Quasi tutto quello che le presunte vittime innocenti dicono a proposito dei loro aggressori viene diffuso all’istante, come oro colato. L’eccezione sono i numeri. Generalmente le cifre delle vittime citate da Kiev, sia per le loro perdite civili e militari sia per quelle riguardanti i soldati russi che dicono di aver ucciso, sono precedute sui nostri giornali e nelle nostre tv da definizioni come “non verificate” o “non confermate”.
Ora, l’ultima notizia da prima pagina riguardante il presunto bombardamento russo di una centrale nucleare a Zaporozhye, nel Sud-Est dell’Ucraina, è un perfetto banco di prova per vedere chi è veramente il cattivo della storia, se i coniglietti o il lupo.
Il presunto bombardamento ha innescato un incendio vicino a un reattore principale, ma fortunatamente le fiamme sono state spente rapidamente, nessuna perdita di radioattività è stata segnalata dagli ucraini e non c’è stata alcuna interruzione delle funzioni critiche del reattore. Lo scopo dell’incidente era da un lato mostrare che i russi sparano indiscriminatamente sulle infrastrutture, peggio ancora sugli impianti nucleari, con un incalcolabile potenziale di danni, dall’altro dimostrare che hanno violato le regole internazionali stabilite per salvaguardare il funzionamento degli impianti nucleari.
L’intento era quello di internazionalizzare il conflitto militare russo-ucraino, così come avvenne nel 2018 in Gran Bretagna per il presunto avvelenamento degli Skripals [l’ avvelenamento di Sergei Skripal, ex ufficiale militare russo e doppio agente per le agenzie di intelligence britanniche, e di sua figlia, Yulia Skripal, il 4 marzo 2018 nella città di Salisbury, N.d.T.], trasformando quello che per il diritto inglese sarebbe stato un tentato omicidio in una violazione delle norme internazionali che regolano l’uso degli agenti nervini e di altre armi chimiche proibite. La logica è la stessa usata per trasformare i presunti attacchi con armi chimiche sui civili in Siria da parte del regime di Assad da una guerra civile a una intollerabile violazione del diritto internazionale. La stessa, ancora, impiegata per trasformare la distruzione di un aereo di linea sopra la zona di guerra in Ucraina orientale nel 2014, il caso MH17, in un incidente internazionale che meritava la condanna di tutto il mondo civilizzato e l’imposizione di sanzioni sul presunto colpevole, il lupo, che stava favorendo il conflitto locale.
Ognuno di questi tre grandi incidenti del recente passato è stata un’operazione “false flag” [sotto falsa bandiera, falsa pista, N.d.T.] condotta dai nemici della Russia per il bene di obiettivi geopolitici chiaramente definiti. In questa sede non ruberò tempo al lettore con le prove della mia affermazione. La letteratura pertinente a favore dell’interpretazione “false flag” è ampia. Quello che voglio fare qui è semplicemente notare perché le accuse di oggi riguardo a Zaporozhye puzzano da morire e mostrare perché i conigli coccolosi sono i veri cattivi.
Torniamo all’inizio della “operazione militare speciale” russa in Ucraina. Uno dei primi atti delle forze russe, dopo aver attraversato il confine bielorusso con l’Ucraina, è stato quello di impadronirsi del sito del disastro nucleare di Chernobyl, dove c’è il sarcofago dell’unità che è esplosa e ci sono altre unità ancora operative. Le forze russe sono entrate immediatamente in collaborazione con il personale ucraino per garantire che la struttura rimanesse sicura. Perché l’hanno fatto? Proprio perché non volevano che qualche milizia radicale ucraina avesse accesso alle scorie nucleari sepolte nel sito per costruire una o più bombe sporche, o comunque per mettere in pericolo le stazioni di lavoro.
Queste milizie, tra cui il famigerato battaglione Azov, che ha concentrato i suoi combattenti a Mariupol e in altre località nel Sud-Est dell’Ucraina, sono le stesse forze che hanno trasformato le manifestazioni di piazza del Maidan in un colpo di stato che nel febbraio 2014 ha rovesciato il presidente legittimo del paese. E da allora sono il potere occulto che sta dietro il trono di Kiev.
C’è voluto un po’ di tempo perché le forze russe si muovessero lungo la fascia meridionale dell’Ucraina, prendendo gradualmente il controllo di tutta la costa del Mar Nero per chiudere la navigazione commerciale ucraina, strangolare l’economia e forzare la capitolazione del regime di Kiev. Su questa strada si sono avvicinate alle centrali atomiche di Zaporozhye con l’intenzione di catturarle e tenerle fuori pericolo. In queste condizioni poteva avere senso che i russi bombardassero quell’impianto? Assolutamente no. Poteva invece esserci qualche motivo per i radicali ucraini di inscenare un’esplosione vistosa ma non troppo rischiosa contro l’impianto? Mi baso sul ragionamento cui bono, che è del tutto sufficiente per il momento e fino a quando un lavoro forense completo potrà essere eseguito da investigatori indipendenti.
Ora rivolgo l’attenzione alla nomenclatura. Il Cremlino ha scelto di chiamare i nazionalisti radicali in Ucraina “neonazisti”. All’interno della Russia, questa designazione ha senso. Tra gli arci-nazionalisti ucraini ce ne sono molti che venerano come eroe nazionale Stepan Bandera, leader politico e militare di ultradestra che collaborò attivamente con le forze di Hitler. La memoria di Bandera è viva in Ucraina come parte dell’identità nazionale, con un odio quasi razziale per la Russia (sovietica) o, per usare il linguaggio popolare, per i moskali, i moscoviti.
Fuori dalla Russia, la denominazione “neonazisti” non risuona allo stesso modo. Questo è il motivo per cui il cancelliere tedesco Scholz è stato così sprezzante a proposito del termine, che ha trovato “ridicolo”, suscitando lo sdegno dei suoi ospiti a Mosca durante la conferenza stampa congiunta con il presidente Putin un paio di settimane fa.
A volte, tuttavia, Putin parla dei nazionalisti radicali in Ucraina come “terroristi”, e questo è davvero il termine che dovrebbe essere usato quando ci si rivolge alla comunità internazionale, che sa poco di Bandera, ma molto di terroristi. A questo proposito, il Cremlino ha sottolineato nei giorni scorsi che le milizie nazionaliste hanno usato la popolazione civile come scudo umano per la propria protezione. I russi dicono che i radicali si sono finora rifiutati di permettere ai civili nelle città assediate di avvalersi dei corridoi di fuga che l’esercito russo stava mettendo a loro disposizione. I militanti ucraini hanno piazzato armi negli edifici residenziali e sparato sulle unità russe nella speranza di attirare il fuoco di ritorno per causare morti civili da segnalare alle organizzazioni umanitarie internazionali. E io sostengo che l’attacco all’impianto nucleare di Zaporozhye è stato quasi certamente l’opera di questi stessi terroristi che dicono di essere patrioti ucraini.
Cari giornalisti occidentali, per favore, cercate di essere più perspicaci e smettete di raccontare favole a base di coniglietti coccolosi e un grande lupo cattivo.
©Gilbert Doctorow, 2022
Fonte: gilbertdoctorow.com