Non avremo nulla e dovremo essere felici. Dietro la facciata del Great Reset
di Aldo Maria Valli
«Ciò che a prima vista appare come un progetto inteso alla ridistribuzione della proprietà è, in realtà, un tentativo di sostituirla con l’uso precario dei beni “benevolmente” concesso, non in forma gratuita, dai padroni transnazionali del mondo che, in cambio, promettono all’umanità un avvenire di “giustizia ecologica”. Un esproprio universale di ogni proprietà, da parte del potere capitalistico finanziario mondiale. Siamo ancora al “Sol dell’avvenire”, ma in salsa capitalista».
Questa la tesi di fondo del libro di Luigi Copertino Cristianesimo, proprietà e Great Reset. Breve esame del “Mondo Nuovo” tra distopia e Tradizione (160 pagine, 16 euro), pubblicato dalla edizioni Radio Spada, con prefazione del presidente aggiunto onorario di Corte di Cassazione Francesco Mario Agnoli.
Il libro legge la realtà attuale aderendo all’idea, da Bauman in poi declinata in vari modi, secondo cui l’umanità sta vivendo un passaggio epocale: dalla modernità solida, ormai alle nostre spalle, stiamo transitando verso la postmodernità liquida. Un mare ignoto, dice Copertino, rispetto al quale gli strumenti di orientamento finora usati – quelli del vecchio razionalismo occidentale di matrice illuminista – non funzionano più. Tutto ciò sul piano meramente terreno, mentre in termini escatologici siamo di fronte all’ennesimo caso di hybris, quell’umana tracotanza che pretende di estromettere Dio mettendo al suo posto l’uomo stesso.
Il modello verso il quale stiamo procedendo a grandi passi, afferma l’autore, è quello del Great Reset sostenuto dai rappresentanti del Nuovo Ordine Mondiale. Sotto il profilo politico-economico consiste in un ampio processo di concentrazione capitalistica su scala globale, a danno delle classi medie. Si presenta come “capitalismo inclusivo” (una leggenda alla quale sembra credere anche l’attuale vertice della Chiesa cattolica), ma è in realtà una forma di esproprio. Perché l’inclusività – si vedano in proposito le linee indicate dal World Economic Forum, capofila del Nuovo Ordine Mondiale – non viene intesa come un aiuto ai più poveri, ma come un modo per sostituire la proprietà privata con forme di leasing e di sharing dei beni prodotti dalle grandi multinazionali e dei servizi concessi dalle stesse.
Nel libro si citano a questo proposito alcune eloquenti dichiarazioni di Ida Auken, già ministro dell’Ambiente della Danimarca, la quale, in un saggio che immagina il nostro modo di vivere nel 2030, scrive: “Benvenuti nella mia città, o dovrei dire “la nostra città”. Non possiedo nulla. Non ho un’auto. Non ho una casa. Non posseggo alcun elettrodomestico o vestito. Potrei sembrarvi strana, ma tutto ciò ha perfettamente senso per noi in questa città. Tutto ciò che voi considerate un prodotto ora è diventato un servizio. Abbiamo accesso ai trasporti, agli alloggi, al cibo e a tutto ciò di cui abbiamo bisogno nelle nostre vite quotidiane. Poco per volta, tutte queste cose sono diventate gratuite, quindi non ha senso per noi averne tante».
Presentato, inutile dirlo, in salsa ecologista, il progetto sembrerebbe coincidere con il paradiso in terra, e invece si prospetta come l’inferno. Perché “tutte queste cose”, ovviamente, non sono affatto gratuite. E sono in mano a un gruppo di padroni che, in questo modo, controllano tutto e tutti.
Non è certo un caso che la Chiesa cattolica, pur mettendo in guardia dalle forme estreme di egoismo e accumulazione, abbia sempre difeso la proprietà privata come un diritto da cui dipende la dignità della persona. Ma oggi anche gli uomini di Chiesa sembrano obnubilati dalla distopia sostenuta e propagandata dai profeti del Nuovo Ordine Mondiale, alla quale si affianca, come necessario complemento, il Nuovo Culto Mondiale, debitamente unificato, normalizzato e reso funzionale a tutto il resto.
Ancora oggi, spiega Copertino, quando pensano all’abolizione della proprietà privata molti fanno un collegamento automatico con il comunismo. Ma i nemici della proprietà hanno cambiato pelle. Sono i neocapitalisti delle multinazionali e della finanziarizzazione dell’economia.
Ciò che vale per i beni vale anche per il lavoro: addio posto fisso, addio stabilità. Tutto deve essere transeunte, mobile, liquido. Da diritto che era, il lavoro deve diventare concessione, benignamente erogata dall’altro, secondo tempi e modi rispetto ai quali il comune mortale non può e non deve dire nulla. Non fossilizzarsi, non limitare gli orizzonti, non restare ancorati a vecchi modelli: questa la favola raccontata dai profeti del Nuovo Ordine Mondiale. Ma, dietro tutto ciò, non è difficile intravvedere nuove forme di sfruttamento e di controllo, ovviamente funzionali ai progetti (e ai conti in banca) degli “illuminati”, i pochi ottimati che hanno attribuito a loro stessi il compito di guidare le masse. Per il nostro bene, ça va sans dire.
La nuova realtà non può non coinvolgere la politica, e alcuni sintomi della situazione che si va delineando li abbiamo vissuti sulla nostra pelle in questi ultimi due anni “pandemici”, quando i diritti fondamentali della persona sono stati sospesi in nome del “bene comune” e sulla base di atteggiamenti paternalistici che hanno nascosto un sostanziale autoritarismo. E anche in questo caso occorre riflettere sulla frequenza con cui l’esecutivo ha usato il verbo “concedere”. Ciò che prima era diritto inalienabile è diventato concessione.
E come dimenticare la “scienza”? Come dimenticare quel transumanesimo che, postulando il superamento dell’umano anche attraverso l’ibridazione uomo-macchina, ci espropria del nostro stesso corpo esponendoci a ulteriori forme di controllo e condizionamento?
Lo stato di emergenza, qualunque ne sia la causa scatenante (pandemia, guerra o altro) è funzionale all’intero progetto. E decisiva è la narrativa sostenuta dai mass media controllati. Tutto si tiene.
Considerato che anche il cristianesimo è stato ridotto a mero umanitarismo, dobbiamo dunque concludere che non c’è speranza e che il destino è ineluttabilmente quello delineato per noi dai vari Klaus Schwab?
No. La scelta tra il bene e il male è ancora possibile. Ma occorre rendersi consapevoli del quadro generale e della manovra alla quale siamo sottoposti. Ecco perché un libro come quello di Luigi Copertino è consigliabile.
Il Leviatano paternalistico è già al lavoro e dispone di enormi risorse, ma ha un punto debole: è fondato sulla menzogna. Come molte altre costruzioni del passato, questa che sta procedendo davanti ai nostri occhi rinnega Dio e, così facendo, si autocondanna al fallimento. Potrà sembrare vincente, potrà apparire indistruttibile, ma crollerà.
Il neocapitalismo dei profeti del Nuovo Ordine Mondiale sembra l’antitesi del vecchio comunismo materialista: invece ne è soltanto l’evoluzione. Come nel caso del comunismo materialista, il risultato è la distruzione della persona. Tutto ciò che è personale (proprietà, coscienza, giudizio) va superato. Per far questo occorre disgregare l’immagine di Dio impressa sul volto dell’uomo. Ecco perché il Nuovo Ordine Mondiale ha tanto bisogno di snaturare e annichilire la vera religione trasformandola in un proprio strumento. Ed ecco perché la battaglia che siamo chiamati a combattere è eminentemente religiosa.
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