Il dispotismo papale non nasce oggi. Il caso di Pio XI e dell’Action Française
di The Wanderer
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La rimozione dell’arcivescovo Daniel Fernández dalla sua sede da parte del romano pontefice, senza giusta causa (al contrario di quanto affermano i suoi fratelli vescovi portoricani) e senza possibilità di difesa, non smette di scandalizzarmi. Com’è possibile che Francesco, per quanto romano e pontefice, commetta questo ennesimo atto di potere assoluto e totalizzante con un successore degli apostoli? Come è possibile che nessuno dica niente? Com’è possibile che, a eccezione di monsignor Héctor Aguer, il resto del collegio episcopale permetta docilmente questo oltraggio? Non siamo forse nella Chiesa della sinodalità, dell’ascolto e della misericordia? Non c’è nessuno capace di reagire a una tale e palese ipocrisia?
Si dice che la storia sia fonte di grande consolazione. Infatti, leggendo l’ultimo ed eccellente libro di Yves Chiron, Histoire des tradionalistes, ho scoperto quello che per me è l’inconcepibile potere dispotico esercitato dai papi moderni, e dai vescovi, non solo verso i chierici ma anche verso i laici, molte volte per ragioni prudenziali e che nulla avevano a che fare con la fede e con il dogma.
Propongo un esempio, forse uno dei più clamorosi, che ha come protagonista papa Pio XI, considerato “liberale” come Bergoglio. Mi riferisco alla sua condanna dell’Action Française.
Sebbene sia vero che l’ideatore di questo movimento monarchico, Charles Maurras, fosse un agnostico, l’Action Française era composta perlopiù da cattolici sinceri e impegnati. In quanto tale, era certamente un sasso assai fastidioso nella scarpa della Repubblica francese, e la Chiesa romana contribuì a rimuoverlo.
Nel 1926 Pio XI condannò Action Française adducendo ragioni religiose poiché la sua dottrina e la sua prassi aderivano a un naturalismo, o “modernismo politico”, che ignorava l’insegnamento tradizionale della Chiesa in quella materia. Il pontefice si riferì a quanto egli stesso aveva insegnato nella sua enciclica Ubi arcano Dei: tutti gli ambiti della vera pace vengono solo da Cristo e dalla sua Chiesa, ed è necessario instaurare il Regno di Cristo nella famiglia, nella scuola e nella società.
Più o meno la stessa cosa diceva e praticava l’Action Française, ma la sua dottrina, secondo papa Ratti, ignorava i necessari rapporti di dogma e morale con la politica.
Al di là di quanto più o meno corretto potesse essere il giudizio pontificio, la verità è che si trattava di una questione prudenziale e che si muoveva nell’ambito proprio dei giudizi prudenziali dei laici, ma il papa, con un atto semplicemente volontaristico, stabilì che l’Action Française fosse contraria al dogma e alla morale cattolica e, di conseguenza, i cattolici non potessero aderirvi. E la Repubblica francese, ovviamente, ne fu molto felice e riconoscente.
I francesi in realtà non obbedirono docilmente e l’applicazione della sentenza di Pio XI fu dolorosa e traumatica, oltre che crudele. La vittima più nota fu il cardinale Louis Billot. Gesuita, illustre teologo tomista e molto vicino a san Pio X (si dice che sia stato lui a scrivere l’enciclica Pascendi), fu creato cardinale da papa Sarto. Sosteneva l’Action Française e rivendicava per essa “libertà di azione nella sfera politica”. E certamente il teologo più illuminato di quell’epoca ne aveva di argomenti teologici per farlo! Ma Pio XI gli fece tale pressione che il cardinale Billot rinunciò alla porpora, tornò a essere un semplice sacerdote gesuita soggetto all’obbedienza e, perché fosse tenuto d’occhio, fu mandato dal superiore generale a trascorrere i suoi ultimi anni in un’isolata casa religiosa vicino a Roma. Molti affermano che, in realtà, il Sommo Pontefice lo abbia decardinalizzato in un’udienza (proprio come ha fatto Francesco con Becciu) e che, per insabbiare la vicenda, abbiano poi simulato le sue dimissioni.
Ma ciò che più sconcerta è la crudeltà pontificia verso i laici. I fedeli che continuavano a leggere L’Action française, il giornale del movimento, furono privati dei sacramenti ed esclusi dalle organizzazioni cattoliche. Tra l’autunno del 1927 e il 1940 più di centoventi sepolture furono eseguite senza messa funebre perché ai moribondi aderenti all’Action Française la Chiesa negò gli ultimi sacramenti. Molti matrimoni di lettori del giornale furono celebrati in sacrestia, come si faceva allora nel caso in cui un cattolico sposasse un non battezzato: infatti, coloro che aderivano a quel gruppo erano equiparati ai non battezzati.
I seminaristi che simpatizzavano per l’Action Française furono a lungo considerati “inadatti allo stato clericale”, mentre per i sacerdoti era prevista una serie di sanzioni. Una di queste, ad esempio, stabiliva che coloro che continuavano ad assolvere i fedeli simpatizzanti del movimento commettevano un peccato mortale e potevano essere assolti solo dal papa.
Le sanzioni contro coloro che aderivano all’Action Française furono revocate da papa Pio XII nel 1939. Sembrò che in fin dei conti non fosse poi così male farne parte. Ma, nel frattempo, più di cento cattolici morirono senza i sacramenti e migliaia di altri furono privati per più di dieci anni della confessione, della comunione e del resto dei sacramenti, essenziali per la vita cristiana. E tutto per capriccio o convenienza politica di Pio XI.
Tutti questi provvedimenti, presi da un papa meno di un secolo fa, ci sembrano oggi assurdi, altrettanto assurdi e irritanti dei provvedimenti presi da Francesco. Il che ci dice che la Chiesa ha gravissimi problemi da molto prima del Vaticano II, evento che non ha fatto altro che esporli alla luce del giorno e innescare la debacle che era stata contenuta da strutture antiche e forse un po’ stagnanti, ma comunque efficaci. Un’efficacia che però non sarebbe durata ancora a lungo.
Ecco perché i provvedimenti vessatori che oggi vengono presi da papa Francesco, e che sono letti attraverso un’ermeneutica gesuita e peronista, vanno anche letti mediante un’ermeneutica della continuità: dopo tutto, egli fa né più né meno di quanto fecero i suoi predecessori.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Traduzione di Valentina Lazzari
Titolo originale: Despotismo papal y una hermenéutica de la continuidad
Nella foto all’interno dell’articolo, il cardinale Louis Billot