Lettera da Kiev / Tutto passa. Eccetto Dio e l’amore
Cari amici di Duc in altum, vi propongo una lettera da Kiev scritta alcuni giorni fa da un domenicano, padre Jaroslaw Krawiec, che vive lì. La presenza domenicana nella capitale ucraina è di antica data. La lettera racconta una passeggiata, nulla più. Ma a volte una semplice testimonianza come questa può dire più di tante cronache roboanti.
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di Jarosław Krawiec, OP
Care sorelle e cari fratelli,
ieri ho fatto una lunga passeggiata attraverso Kiev. Passeggiare mi è salutare, e la mia tentazione di abbreviare la distanza usando un autobus o una metropolitana, a cui spesso cedo, è scomparsa da sola. Il trasporto pubblico è pressoché inesistente. Proprio dinanzi alla porta del nostro convento c’è una fermata di autobus e filobus, il cui tabellone con l’orario elettronico riporta una frase suggestiva: “Ci scusiamo per il disagio temporaneo”. Disagio temporaneo… Quanto sarebbe bello poter pensare alla guerra in questo modo! Per quanto riguarda la richiesta di scuse, penso che essa dovrebbero piuttosto provenire dall’esercito russo e da coloro che hanno dato inizio a questo vero e proprio inferno!
Innanzitutto, sono andato a Podil, un vecchio quartiere sulla riva occidentale del Dnieper. Nel Medioevo, era la sede di un convento domenicano, ormai completamente scomparso; e più tardi – dopo la caduta del comunismo – è diventato la sede del nostro attuale convento, della casa editrice Kairos e dell’Istituto San Tommaso (Institute of Saint Thomas). Al cosiddetto Zhitnii Rynok (Mercato della segale), un mercato coperto inattivo durante la guerra il cui interno mantiene ancora il tipico stile dell’epoca sovietica, ho trovato un negozio aperto e straordinariamente ben provvisto di prodotti alimentari italiani. Spero che la cosa possa tornare utile, un giorno. Mi sono fermato poi presso l’edificio dell’ex porto fluviale di Kiev per guardare il fiume Dnieper. Questo è il luogo dove, secondo la tradizione agiografica, san Giacinto attraversò il fiume camminando su di esso a piedi asciutti mentre fuggiva dalla città, stringendo fra le sue mani il Santissimo Sacramento e l’effigie della Madonna.
Nella piazza antistante l’edificio si trovano collocate alcune statue che rappresentano bambini impegnati nel gioco. Sono particolarmente commoventi in questi giorni. Le guardavo mentre camminavo per le strade della città. È chiaro che ci sono meno bambini per le strade da quando molti, forse la maggior parte, se ne sono andati assieme ai loro genitori e ora si possono vedere solo di quando in quando. Passando, ho incrociato una ragazzina che camminava con suo padre, tenendolo per mano. La mia impressione è che, in particolare, quei bambini che stanno appena iniziando ad avvicinarsi all’età adulta, e che già comprendono ciò che sta accadendo, risultino profondamente feriti dalla guerra. La guerra ruba gli anni belli della gioventù nel modo più brutale. Era estremamente chiaro come avere la mano stretta in quella di suo padre fosse tutto ciò di cui questa giovane ragazza aveva bisogno. È fortunata, ho pensato, che suo padre le sia così vicino. Un’altra ragazza stava guidando uno scooter sull’ampio basamento di un monumento di Gregory Skovoroda, un importante pensatore ucraino. Le sue parole sono state citate da Giovanni Paolo II a Kiev nel 2001: “Tutto passa, ma è l’amore che, alla fine di tutto, rimane. Tutto passa, eccetto Dio e l’amore”.
Mentre continuavo a camminare, osservavo con attenzione i genitori, perlopiù madri. Erano chiaramente tristi, e in qualche modo assenti, come se i loro pensieri e i loro cuori fossero altrove. E probabilmente era proprio così. In quei pensieri erano forse a fianco dei loro mariti a difesa dell’Ucraina, o prese nella lotta con le affioranti preoccupazioni circa il futuro, con timori ed inquietudini. Mi ha commosso in particolare una povera donna che spingeva un carrello carico di due bottiglie d’acqua e altri oggetti a casaccio. Camminava tenendo la mano di un bambino che avrà avuto appena due anni. In momenti come questo, si avrebbe il desiderio di essere d’aiuto, ma allo stesso tempo ci si sente impotenti. Li seguivo con gli occhi, mentre passavano, il che ha attirato l’attenzione di un soldato che si trovava dall’altro lato della strada. In modo educato, ma deciso, mi ha chiesto di avvicinarmi a lui, ha controllato i miei documenti e poi mi ha suggerito di continuare lungo un’altra strada.
Sono salito, quasi senza fiato, da Podil a Vladimiro Kalva. È un bel parco che deve il suo nome al monumento di san Volodymyr, il sovrano che introdusse il cristianesimo nella Rus’ di Kiev. Il re è raffigurato su un alto piedistallo, con la croce stretta in mano, mentre guarda in lontananza oltre la riva occidentale del fiume. Da qualche parte, laggiù, stava venendo combattuta la battaglia per la città. Ieri il fragore dei combattimenti si poteva sentire, di tanto in tanto, anche dal centro di Kiev. Qui nel parco una giovane coppia stava facendo jogging, alcuni anziani passeggiavano tranquillamente, e io volevo godermi la vista del fiume dal Ponte di Vetro da poco costruito; tuttavia, l’accesso non era consentito.
Un soldato mi ha chiesto una sigaretta. Sfortunatamente non fumo. Prima della guerra, incontrare uomini in uniforme in Ucraina non era sempre molto piacevole, soprattutto quando si veniva fermati dalla polizia stradale. Ora, come tutti, guardo questi uomini con ammirazione. Ci difendono veramente. La gente spesso offre loro cose da mangiare e da bere. Molti di loro rifiutano educatamente per motivi di sicurezza, specialmente i soldati. Padre Thomas mi ha raccontato di aver dato una scatola di cioccolatini a un soldato che in uno dei posti di blocco aveva controllato i suoi documenti e la sua auto. Così, semplicemente. Ha visto spuntare delle lacrime negli occhi di quel ragazzo; quel gesto deve aver toccato il suo cuore. Purtroppo, ieri non avevo sigarette. Avrei voluto acquistarne alcune e portarle a quel “ragazzo con la pistola”, ma tutti i negozi nei dintorni erano chiusi. Forse dovrei tenerne con me un pacchetto, nel caso qualcuno mi chiedesse ancora di fumare.
Ho deciso dunque di camminare attorno alla cattedrale di Santa Sofia: è la chiesa più importante di Kiev. Ora è un museo, ma il suo patrimonio spirituale è considerato un vero e proprio punto di riferimento per tutte le chiese bizantine. Qualche giorno fa, padre Peter, il nostro priore a Kiev, è stato invitato a partecipare a una preghiera ecumenica per la pace, celebrata tra le mura di questa chiesa. La presenza di un frate con l’abito bianco e la cappa nera è un’espressione simbolica della presenza dei domenicani nella capitale dell’Ucraina fin dai tempi di san Giacinto. I domenicani sono di casa a Kiev, e i primi vescovi che hanno prestato servizio sulle rive del Dnieper erano membri del nostro ordine. Ieri, guardando le cupole dorate e il campanile della cattedrale di Sofia, pensavo che chiese così maestose e belle sono altrettanto indifese contro i razzi e le bombe russe quanto noi abitanti di Kiev, in questo tempo di guerra. Poco lontano mi sono messo a osservare, sopra il cancello laterale che usavo spesso per entrare nella cattedrale, una statua dorata di san Michele Arcangelo, con scudo e spada in mano. Brillava immersa negli ultimi raggi del tramonto. Forse non siamo del tutto impotenti, pensavo. Il comandante delle schiere angeliche è il patrono di Kiev e anche il patrono del nostro vicariato domenicano d’Ucraina.
Ieri sera ho ricevuto una bellissima lettera da padre Timothy Radcliffe, il nostro ex maestro dell’ordine. Pochi giorni prima, padre Timothy mi aveva inviato una e-mail esprimendo solidarietà e assicurandoci la sua preghiera. Ha scritto che era molto dispiaciuto di non poter essere con noi ora in Ucraina. Mi ha chiesto se poteva fare qualcosa per noi. Ho risposto un po’ audacemente che poteva, e gli ho chiesto di scrivere una lettera alla famiglia domenicana in Ucraina. Quando Timothy era maestro dell’ordine, alcuni dei nostri fratelli che ora lavorano in Ucraina erano ancora studenti in formazione a Cracovia. Le sue lettere erano sempre colme di speranza e luce di Dio, ed ora abbiamo molto bisogno di entrambe le cose. Padre Timothy ha dato un grande contributo alla ricostruzione della missione dell’ordine dei predicatori nei paesi dell’ex Urss. La sua lettera è giunta il giorno successivo. Timothy ha ragione: in tempo di guerra, ogni momento è importante. L’intero testo della lettera è consultabile in lingua polacca e inglese al seguente indirizzo web:
https://info.dominikanie.pl/2022/03/list-do-rodziny-dominikanskiej-w-ukrainie/
Dal momento che stiamo costruendo il bene insieme, e poiché molti di voi e di coloro che leggono queste mie missive sostengono costantemente noi e l’Ucraina sofferente così generosamente e in così tanti modi, vorrei concludere con questa citazione, tratta dalla lettera stessa: “Talvolta ci si può chiedere quale bene stia effettivamente venendo realizzato. Come possono queste piccole azioni avere importanza di fronte alla massiccia potenza distruttiva di missili, carri armati e aerei? Ma il Signore della messe farà in modo che nessuna buona azione vada sprecata. Come tutti i frammenti vennero raccolti dopo il pasto dei cinquemila, così nessun atto di gentilezza andrà sprecato. Egli susciterà frutti che non potremmo mai immaginare”.
Con cordiali saluti e richieste di preghiera,
Jarosław Krawiec, OP
Kiev, 22 marzo 2022, ore 19
Traduzione di fr. Marco Meneghin