di Francesco Balducci
Quando hanno sfogliato le pagine del Corriere della sera e si sono trovati sotto gli occhi l’articolo di don Julián Carrón, diversi ciellini sono sobbalzati sulla sedia. L’ex capo di CL, dimissionato dal Vaticano lo scorso novembre, si è inaspettatamente schierato sul fronte degli interventisti, e ha scelto le colonne di uno dei giornali più bellicisti d’Italia per portare avanti le sue posizioni. Che oltre a essere irragionevoli, contrastano in maniera insanabile con quelle del Papa, che nel conflitto russo-ucraino sta portando avanti, quasi in solitaria, una posizione nettamente e fieramente pacifista.
Una piccola “vendetta” del sacerdote spagnolo verso il Pontefice che lo ha disarcionato dalla guida di Comunione e Liberazione, che Carrón credeva di essere destinato a guidare a vita e di cui era convinto di dover nominare il successore, in barba al diritto canonico e alle leggi della Chiesa che regolano la prosecuzione di un carisma e di una famiglia religiosa una volta morto il fondatore? In molti lo hanno pensato ieri, sia dentro CL che in Vaticano. “La resistenza degli ucraini che tanto ci stupisce corrisponde all’impeto del cuore”, ha scritto Carrón in un afflato guerrafondaio, condendolo con citazioni decontestualizzate di don Giussani e del Papa: una sorta di marchio di fabbrica del sacerdote dell’Estremadura, quello di prendere pezzi di frasi di don Giussani, tagliarle al punto giusto e fuori contesto, e sostenere così le sue idee.
In realtà, l’articolo di ieri di don Carrón rientra in una sorta di strategia che lui e i suoi fedelissimi stanno portando avanti: una guerriglia volta a dividere CL e a contestare il Pontefice, reo di aver messo un freno alle cupole di potere insediatesi in diversi movimenti ecclesiali, una volta morto il fondatore. Carrón sta tenendo incontri con i gruppi rimasti a lui fedeli, in particolare a Milano. Ma non solo. L’11 marzo ha tenuto un incontro a Oropa, e altri ne sta tenendo. Le sue truppe scelte sono i Memores Domini, i laici consacrati che per primi hanno subito i provvedimenti vaticani, con lo scioglimento del direttivo e la nomina di un commissario. La maggioranza di loro, nei fatti, segue Carrón e non si riconosce nel nuovo corso del Movimento.
Il piano di Carrón e dei suoi era quello di aspettare con pazienza l’interim annuale del nuovo presidente della Fraternità di CL, Davide Prosperi, e poi “riprendere” il potere con uomini di loro fiducia, tramite le elezioni degli organi centrali della Fraternità, come previsto dalle nuove disposizioni del Dicastero per i laici. Un piano che è stato fermato dal prefetto del Dicastero, il cardinal Farrell, che nei giorni scorsi ha nominato Prosperi presidente per il prossimo quinquennio, fino al 25 novembre 2026. Una doccia fredda per la fazione carroniana.
L’ex capo di CL, che conta diversi amici nella stampa mainstream, sta usando tutti i mezzi a sua disposizione per portare avanti la sua strategia di riconquista, dominata da un desiderio di potere e di comando che, di giussaniano, non ha davvero nulla. Stupisce poi l’autonarrazione di Carrón, che nell’articolo sul Corriere invita a resistere al Potere, visto che da movimento amante della libertà, CL nel quindicennio carroniano si è trasformato in un’associazione ecclesiale impregnata di pensiero mondano e succube del potere politico: in molti ricordano con dolore il “no” di Carrón al Family Day, il suo via libera alla Legge Cirinnà, e un Meeting di Rimini sempre più schiacciato sulle posizioni del Pd e di Italia Viva.