di Alberto Quagliotto
Caro Aldo Maria,
quale diluvio di parole in questo inaspettato tempo di guerra! Davvero nessun comune mortale l’aveva previsto. Dopo la peste, ecco la guerra: come è sempre stato e, purtroppo, sempre sarà, finché il sole sorgerà sulle sciagure umane.
Mi siano concesse alcune semplici e brevissime considerazioni sulle vicende belliche in atto, a qualche settimana dal loro inizio; sono considerazioni di una persona disorientata nell’attualità, ma che ha sempre coltivato ed approfondito gli studi storici.
- La prima. Siamo difronte ad un avvenimento storico, che però spesso ci viene propinato con le ricette mediatiche di un evento di cronaca, con gli usuali e fallaci strumenti dell’emotività. Siamo al tremendo cospetto della Storia (con la S maiuscola) che, per sua natura, non ammette cesure, ma evoluzioni; evoluzioni che esigono – a loro volta – fredda, seria, equilibrata e competente capacità di analisi, soprattutto da parte delle diplomazie internazionali. Una capacità di analisi che sia proporzionata, quanto meno, al difetto di preveggenza ed alla mancata capacità di far precipitare eventi che, solo ora, sappiamo essersi da più di un decennio sviluppati in quella parte d’Europa (in altre parole, quella sorta di irredentismo russo che si è espresso nei confronti dell’Ucraina, con una guerra già in atto da parecchio tempo). Ciò al fine di riportare in equilibrio qualcosa che in precedenza e per troppo tempo deve essere sfuggito alla comprensione.
- La seconda. Ancora una volta si conferma che la prima vittima delle guerre è la verità ed il suo uccisore la propaganda. In questo tempo di Quaresima non può non risuonare, vieppiù angosciosa, la domanda di Pilato: cos’è la verità? Dove sta oggi la verità? Una domanda che il procuratore romano ha formulato a nome degli uomini di tutti i tempi, soprattutto i nostri.
- La terza. Si è rivelata (unico fattore positivo) tutta l’inconsistenza delle bandiere arcobaleno. Ne vedo poche in giro: erano invece tante in tempore pacis. Poche, al confronto, in tempore belli.
Già! Quando tutto andava bene era facile schierarsi con un’indistinta pace, espressa dai tanti colori, e trasformata in facile pacifismo. Era un pacifismo molto facile e senza conseguenze in termini di repressione (come invece avveniva in altre parti del mondo) perché a senso unico, diretto verso forze politiche e Nazioni, che la pace davvero l’avevano tutelata – bene o male – per almeno mezzo secolo, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Quando invece le bronzee porte del tempio di Giano si aprono, gli animi inevitabilmente si accendono; ed una bandiera dai colori precisi bisogna sceglierla, e magari difenderla, e (horribile dictu ! per certi delicati padiglioni) magari morire per essa. É l’animo umano, sempre uguale a stesso nei secoli. Forse al pacifismo è mancato il senso della storia e dell’animo umano (nel quale bene e male confliggono da sempre).
Ironia della sorte: quel pacifismo – un tempo, e per immemorabile tempo – al novanta per cento diretto contro gli Stati Uniti, le sue Forze Armate, le sue basi sparse in Italia ed in Europa (spesso meta di manifestazioni comuni alle forze di sinistra ed a frange di cattolici adulti), è diventato afono. O meglio: i loro esponenti – come certi tenori, che invecchiando tendono a scendere a note baritonali – si sono trasformati da squillanti cantori del Do di petto anti Nato, a baritoni dell’Atlantismo adamantino, proprio contro quella Russia, che era stata, per loro e per i loro padri, paradigma indiscusso dell’unico auspicabile paradiso in terra.
Per dirla con don Lisander “Così va spesso il mondo…voglio dire, così andava nel secolo decimo settimo!”
Dio, Signore della Storia, abbia davvero pietà di noi e soprattutto conceda ai reggitori delle Nazioni: lumen sensibus et amorem cordibus.