di Camillo Langone
Ci voleva un mangiapreti per scoprire il vero ispiratore del capo di tutti i preti ossia Papa Francesco: un prete eretico nato a Roma nel 1881. Ci voleva Giordano Bruno Guerri per identificare in Ernesto Buonaiuti la fonte segreta di tante arcinote prese di posizione del pontefice argentino. Lo scrive in Eretico o santo (La nave di Teseo, pagine 400, euro 24; in libreria dal 21 aprile) che è l’aggiornamento di un libro uscito nel 2001 con il titolo Eretico e profeta. Nuovissimo, ovviamente, il capitolo sulle scelte moderniste, dunque buonaiutiane, di colui che ventun anni fa era solo un cardinale di Buenos Aires.
Bene, ma tutto questo con Papa Francesco cosa c’entra? Secondo Guerri c’entra moltissimo. Nel capitolo intitolato pari pari Francesco, papa gesuita e modernista vengono elencate le idee e le espressioni del prete eretico condivise dal pontefice argentino. Non sono poche, in effetti. Gli strali contro la «religione convenzionale, esteriore, formale». La svalutazione relativista dei Comandamenti, non più ritenuti principi assoluti. L’insistere sulla libertà di coscienza, lasciando al singolo non la scelta fra bene e male ma, estremo soggettivismo, la definizione di bene e male. La transitorietà dei dogmi, da considerarsi legati a contingenze storiche. L’accondiscendenza nei confronti del paganesimo. Eccetera. «Benché non lo abbia mai citato Papa Francesco sembra incarnare lo spirito più profondo del messaggio buonaiutiano». Guerri sottolinea onestamente che Bergoglio, che pure è uomo assai loquace, il nome del prete modernista non l’ha fatto mai. Ed è strano. Non può essere un silenzio opportunistico, dettato dal timore di venire associato a un eretico patentato e recidivo, visto che il Papa ha citato tante volte, e non per condannarlo, lo scismatico Lutero. Io francamente non credo che un gesuita abbia bisogno di Buonaiuti per cedere al mondo, essendo questa una specialità dell’ordine almeno dal Seicento, dall’epoca in cui i padri della Compagnia andarono in Cina per evangelizzare e ne vennero sinizzati. Non vorrei risalire fino a Pascal (anche se Pascal quando si parla di gesuiti fa sempre gioco, ci prende sempre), rimango nell’ambito della filosofia francese ma arrivo ai nostri giorni e cito Chantal Delsol: «Papa Francesco è influenzato dai tempi, cosa non insolita storicamente per i gesuiti, che sono sempre sotto la seduzione delle mode e delle atmosfere». Quelli di Buonaiuti e di Bergoglio possono essere pertanto due percorsi paralleli, vicini ma indipendenti, sebbene guidati da comuni sensibilità (al mondo) e insensibilità (al sacro).
Un lettore con sensibilità diversa, magari un lettore conservatore, leggendo il libro di Guerri cosa può estrarre di buono dalla vicenda del prete eretico? Senz’altro la libertà intellettuale. Buonaiuti nel 1931 fu uno dei pochissimi professori universitari che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo, perdendo immantinente posto e stipendio. In seguito, con una coerenza che non si può non ammirare, si rifiutò di abbandonare ufficialmente la Chiesa che pure lo aveva scomunicato, ed era la precondizione per ottenere la cattedra di Storia del cristianesimo alla facoltà teologica di Losanna. In un periodo in cui i franchi svizzeri gli avrebbero fatto molto comodo.
Fonte: ilgiornale.it