di Paolo Gulisano
Il romanzo storico non è morto, grazie al Cielo. Da circa un secolo viene dato per fuori moda, per superato, per finito, ma continua ad affiorare come un fiume carsico tra le aride rocce della narrativa contemporanea. Il romanzo storico d’autore è una narrazione potente, di grande respiro. Basti pensare a Eugenio Corti con il suo Il cavallo rosso. Ora è in libreria uno di questi romanzi, un grandioso affresco su una pagina importantissima di storia europea ma anche una storia di piccoli grandi uomini, di eroi del quotidiano, in grado di esprimere in situazioni eccezionali una grandezza inimmaginabile. Questo libro è stato scritto da Silvana De Mari, una vera e propria maestra del genere neo epico e fantastico, a torto considerata una narrativa di genere, una narrativa minore, etichettata col nome di fantasy. Ma meglio si addice a questa narrativa il termine più nobilmente antico di letteratura neo epica. Il passaggio al romanzo storico è stato naturale e semplice: lasciate le creature immaginarie come elfi e orchi, si parla di personaggi storici, si sbarca nel XVII secolo, ma i valori e i temi di cui ci parla la scrittrice torinese sono quelli di sempre, quelli che le stanno profondamente a cuore.
Il romanzo ha come ambientazione la Battaglia di Vienna, che ebbe luogo l’11 e il 12 settembre 1683 e pose fine a due mesi di assedio posto dall’esercito turco alla città di Vienna. Vienna in quel momento era la trincea d’Europa. Se fosse caduta, tutto il continente sarebbe caduto nelle mani dei turchi, tra l’indifferenza di alcune grandi potenze, tra le quali l’Inghilterra. Lo scontro epocale per la difesa della Cristianità vide protagonisti austriaci, tedeschi e soprattutto polacchi.
L’assedio di Vienna fu posto a partire dal 14 luglio 1683 dall’esercito dell’Impero Ottomano, composto da circa 200 mila soldati. La battaglia decisiva cominciò l’11 settembre, quando a dare manforte agli assediati giunsero i rinforzi dalla Polonia, comandati dal re Giovanni III Sobieski stesso. Giunsero come una Legione di Angeli, e furono visti così dai difensori stremati, e non in senso simbolico. Tra i trentamila soldati dell’esercito polacco c’erano cinquemila ussari alati, l’èlite delle forze armate. Cavalieri che portavano sulla schiena dell’armatura candide ali, dando quindi l’impressione, caricando a cavallo, di essere non uomini, ma una schiera angelica. In pratica la battaglia fu uno scontro fra i polacchi, con gli ussari alati in prima linea, e la parte militarmente più capace dell’esercito del Gran Visir. La battaglia vera e propria, con il successo dello schieramento cristiano, segnò l’inesorabile declino dell’Impero Ottomano, lasciando libera l’Europa per oltre due secoli, fino all’abisso della Prima e Seconda Guerra Mondiale.
La battaglia ebbe inizio all’alba, subito dopo la Messa celebrata da Marco d’Aviano. Il titolo del romanzo, Ora pro nobis, echeggia la preghiera, la richiesta di aiuto, la fede espressa dai grandi cavalieri, dal re Giovanni Sobieski come da ogni affamato abitante di Vienna, come da ogni cristiano che chiese e chiede ancora oggi la protezione dal Male. Un’espressione umile, come molti dei protagonisti della storia sono umili credenti in Dio. Solo una cristiana dallo spessore antico poteva esprimere sentimenti, valori, umori, profondamente autentici. Nessuno meglio di Silvana De Mari poteva esprimere quella fede antica della fine del XVII secolo. Fede intrepida, di eroi segnati dal peccato, sia proprio sia di chi li aveva generati, e prima ancora carichi del passato drammatico di violenza, di stupro, di dolore tenuto nascosto. Silvana De Mari avverte in maniera eccezionalmente sensibile il grido di dolore di generazioni di uomini ma soprattutto di donne straziate dalla violenza, dall’ingiustizia, dal terrore. Sente in lei vibrante il desiderio e la volontà di curare, di riparare, di lenire, e quando non lo fa come medico lo fa mirabilmente come scrittrice. Una storia in cui sono presenti tutte le più alte virtù umane mescolate alla ferocia spietata della guerra. Un libro da leggere in tempi come questi, quando, da due anni in qua, sono tornate le tenebre che offuscano la ragione. Un libro per accendere una luce di speranza.
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