Cari amici di Duc in altum, in merito all’articolo Le proteste per il raid ai funerali di Shireen Abu-Akleh, pubblicato nel blog il 1° giugno, ricevo e vi propongo queste riflessioni critiche inviate da una gentile lettrice.
***
di Ariel Shimona Edith Besozzi
Gentilissimo dottor Valli,
Le scrivo in merito al recente articolo Terra Santa / Le proteste per il raid ai funerali di Shireen Abu-Akleh apparso sul suo blog nel quale viene narrato quanto sarebbe avvenuto ai funerali della giornalista Shireen Abu Akleh.
Mi permetto, apprezzando molto il Suo lavoro, di riportate un articolo nel quale i fatti vengono descritti in maniera leggermente diversa: Una folla di palestinesi cercò di sequestrare la bara di Shireen Abu Akleh perché non sembrasse “il funerale di una cristiana”.
Purtroppo da decenni assisto alla modalità con cui vengono riportati molto spesso gli eventi che coinvolgono Israele, eventi ai quali in alcuni casi (non questo) mi è capitato di assistere personalmente, eventi che vengono quasi sempre descritti come se qualunque conflitto, anche quando esplicitamente provocato o iniziato dai palestinesi, fosse sempre colpa degli israeliani. Sapendo quanto lei sia equilibrato ed attento alle informazioni riportate vorrei semplicemente invitarla a prendere in considerazione il fatto che forse le cose non sono andate esattamente come la maggior parte dei media riporta. Mi riferisco in particolare ai funerali a Gerusalemme, ma anche alla necessità di lasciare che si compia una indagine prima di decidere che un cecchino israeliano ha volutamente e deliberatamente, per ordini ricevuti, ucciso questa donna.
Sarebbe anche importante sottolineare il numero e la violenza degli attentati che hanno colpito i cittadini israeliani in tutta Israele negli ultimi mesi e che, le operazioni compiute a Jenin, sono state rese necessarie a seguito di questi attentati, compiuti da terroristi che lì vivono, come ben sapeva la giornalista che si era recata in quella città per questo motivo.
Mi sembra che, la diminuzione del numero dei cristiani nelle zone gestite dall’anp e la pressoché totale assenza di cristiani nella striscia di Gaza gestita da Hamas, diversamente dalla condizione di libertà e rispetto che contraddistinguono la gestione israeliana, dovrebbero far comprendere che il problema per la sopravvivenza cristiana in Medio Oriente non sono certo i pochi ebrei ultra ortodossi, ben tenuti a freno, ma se mai la maggioranza degli islamici.