Cari amici di Duc in altum, l’arcivescovo Viganò ha scritto a padre Janvier Gbénou (pseudonimo: padre Jesusmary Missigbètò), il sacerdote africano che ha rivolto critiche esplicite a papa Francesco (ad esempio qui, qui e qui) e per questo è stato espulso dall’Opus Dei. Il 5 luglio abbiamo pubblicato la risposta di padre Janvier all’ultimo decreto che gli vieta di predicare, confessare e celebrare la Messa sia in pubblico sia in privato. Scrive monsignor Viganò: “Si rallegri, caro e reverendo Padre, perché se i nemici di Dio non trovassero in Lei alcun motivo per perseguitarLa, significherebbe che Ella non dà testimonianza della Sua fedeltà al Signore”.
***
Amen dico vobis: tolerabilius erit
terræ Sodomorum et Gomorræorum
in die judicii, quam illi civitati.
Mt 10, 15
Reverendo Padre Janvier,
Caro padre Jesusmary Missigbètò,
ho appreso dalla stampa (qui) la notizia della Sua sospensione a divinis e dell’espulsione dall’Opus Dei, comminataLe dalla Congregazione dei Vescovi come sanzione canonica per esser venuto meno al «rispetto e obbedienza al Sommo Pontefice».
Mi permetta di esprimerLe la mia spirituale vicinanza, in un momento di grande prova per Lei: come battezzato e come Ministro di Dio, dev’essere doloroso vedersi accusato da colui che, con la misericordia che ne contraddistingue ogni atto, riceve in udienza abortisti notori, pubblici concubinari, travestiti, sodomiti, chierici ribelli, eretici, usurai e affamatori del popolo.
Immagino sia di grande sconforto vedersi rimproverare ciò che in altri tempi meritò l’elogio – se non addirittura la gloria degli altari – ai Santi e alle Sante che non esitarono a redarguire, anche aspramente, la corruzione della Corte papale. Un san Pier Damiani, una santa Caterina da Siena sarebbero oggi scandalizzati dalla doppiezza di chi non perde occasione per denigrare i buoni cattolici e per compiacere i nemici di Cristo e della Sua Chiesa.
Quanto Ella affronta per la Sua fedeltà al Magistero e per vero ossequio alla Sede del Beatissimo Pietro è un’occasione per espiare le colpe e gli scandali degli ecclesiastici, nello spirito di espiazione e riparazione che unisce noi, membra del Corpo Mistico, a Nostro Signore, suo Capo, immolatoSi sulla Croce per riparare le offese degli uomini alla Santissima Trinità.
La Sua prova, caro e reverendo don Gbénou, La accomuna ad altre tribolazioni, spesso più dure da sopportare, cui sono sottoposti molti Suoi confratelli dai loro Superiori: sacerdoti cacciati dalle parrocchie e costretti a vivere e a dormire in auto o in alloggi di fortuna; parroci rimossi perché non disposti a rinunciare alla celebrazione del Santo Sacrificio nel rito apostolico; religiosi allontanati dai Monasteri e dai Conventi perché non vogliono rinnegare la fedeltà al carisma dell’Ordine; seminaristi che si vedono impedita la formazione sacerdotale solo perché non accettano la dissipazione e le mondanità loro imposte.
Se mai Ella avesse dei dubbi circa le intenzioni di quanti, usurpando un’autorità contro lo scopo per cui essa è stata istituita da Cristo, si accaniscono contro i buoni, La invito a considerare come la loro severità si dissolva dinanzi alle mancanze ben più gravi di chierici fornicatori, di prelati corrotti, di cardinali molestatori e ladri.
La Sua colpa, reverendo, è di aver creato un pericoloso termine di paragone con costoro, scoprendo il sepolcro brulicante di vermi della chiesa bergogliana. Se Ella avesse partecipato al Gay Pride pubblicando le Sue foto in atteggiamenti indegni non dico di un ecclesiastico, ma anche di un pagano; se avesse dato scandalo abbandonandosi a vergognosi amplessi con un altro sacerdote; se avesse negato le Verità cattoliche o contestato la Morale cristiana, Ella sarebbe ora a capo di un dicastero romano, o di una prestigiosa diocesi, e comparirebbe in veste filettata proprio assieme a colui che L’ha privata della facoltà di celebrare, ascoltare le Confessioni e predicare. Come Lei, tanti altri sacerdoti e non pochi vescovi e qualche cardinale si vedono invece derisi, offesi, ingiustamente puniti solo perché troppo cattolici.
Mi chiedo se, dinanzi alla vergogna della corruzione del clero traviato che tanto piace a Bergoglio al punto da circondarsene fino nelle stanze di Santa Marta, Ella non debba considerare come un motivo di vanto le sanzioni che Le sono state comminate. L’esilio che m’è dato, onor mi tegno. Se la casa di Dio è divenuta spelonca di ladri, chi vuole rimanere vicino al Signore deve scuotere la polvere dai propri calzari (Mt 10, 14), e non degnare di saluto quanti rinnegano Cristo e Lo crocifiggono quotidianamente con la loro condotta.
Si rallegri dunque, caro e reverendo Padre, perché se i nemici di Dio non trovassero in Lei alcun motivo per perseguitarLa, significherebbe che Ella non dà testimonianza della Sua fedeltà al Signore. Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato Me (Gv 15, 18), ha detto la Sapienza incarnata. Le prove presenti siano quindi un motivo di spirituale consolazione, un’occasione di santificazione, un’opportunità di edificazione per i semplici. Cento volte La ricompenserà il Signore per quanto Ella sta sopportando.
A Lei, caro Padre, e a tutti coloro che come Lei sono perseguitati propter justitiam (Mt 5, 10), vada il mio ricordo orante nel Santo Sacrificio della Messa.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
6 luglio 2022