di Antonio Polazzo
Carissimo Aldo Maria Valli,
vorrà scusarmi, ma non c’è volta ch’io legga su Duc in altum una presa di posizione di The Wanderer e riesca a condividerla. Ed è verissimo, come Lei dice, che egli tocca sistematicamente punti cruciali riguardanti la crisi della Chiesa. Ma per “stabilire” ogni volta con grande precisione il contrario di quello che insegnano il magistero e la teologia cattolica comune e persino di ciò che riconosce l’istinto dei fedeli.
L’ultima presa di posizione [qui] riguarda “la nascita” dell’“ecclesiologia del potere”, ch’egli afferma risalire al volontarismo scotista e nominalista ed essere tipica del cattolicesimo post-tridentino.
Il problema è che però non esiste una sola parola del magistero della Chiesa o dei Romani Pontefici che attribuisca alla Chiesa e al Papa stesso il potere assoluto nel senso nominalista e volontarista di cui parla l’autore argentino, un potere tale da mutare il bene in male e non legato alla natura delle cose.
L’autorità della Chiesa e del Romano Pontefice è sempre stata custode e interprete fedele della verità rivelata, scritta e orale. E non ha mai rimpiazzato la Tradizione, la quale per la Chiesa, anche post-tridentina, altro non è che “l’insegnamento di Gesù Cristo e degli Apostoli, fatto a viva voce, e dalla Chiesa trasmesso fino a noi senza alterazione” (Catechismo di San Pio X).
Quello che sembra non andar giù a The Wanderer, e che gli impedisce di cogliere il senso delle parole di Pio IX al cardinale Guidi e, in generale, il senso del rapporto tra chiesa docente e discente, è che nel sistema cattolico, da San Pietro ad oggi, il magistero della Chiesa e quello del Vicario di Cristo sono la regola prossima della nostra fede, mentre la Scrittura e la Tradizione ne sono la regola remota. Noi cattolici non crediamo quello che vogliamo, ma soltanto quello che la Chiesa ci propone a credere.
Senza una infallibile regola prossima, voluta da Dio a tutela di quella remota, non ci sarebbe alcuna roccia a fermo sostegno della fede. Ogni anima, come nel protestantesimo, sarebbe abbandonata a se stessa nella comprensione del senso delle Scritture e delle cose concernenti la salvezza.
Nell’affermare l’importanza essenziale dell’autorità ecclesiastica e pontificia e il rapporto di stretta dipendenza che ciascun fedele ha nei confronti di essa, i sacerdoti intervistati da The Wanderer, contrariamente a lui, hanno affermato una grande verità (cattolica e assolutamente tradizionale) e, presumendo la buona fede di ciascuno di essi, hanno dato prova di possedere, almeno sotto quello specifico aspetto, una mentalità cattolica (si deve seguire l’autorità della Chiesa e del Papa).
Con riguardo ai modernisti mi viene in mente l’analoga situazione del fedele che pur frequentando la messa in comunione con Bergoglio, magari Novus Ordo, e magari anche con schitarrate o altri tristissimi contegni, sa e crede che “si deve andare a messa la domenica e nelle feste comandate”. Non è scontata, oggi, questa cosa. Di per sé va apprezzata, non condannata. Quello che va condannato, ovviamente, è tutto il resto.
Ben venga, quindi, per l’aspetto stigmatizzato da The Wanderer, la risposta di tutti gli intervistati sull’autorità della Chiesa.
La differenza, tutt’altro che di dettaglio, tra le due categorie di risposte è che la risposta dei tradizionalisti (disposti a cambiamenti in linea con la fede) è appunto rispettosa della fede, allorché quella dei modernisti (disposti ad accettare cambiamenti contrari alla fede) evidentemente no.
I tradizionalisti sanno che l’autorità è per la fede, i modernisti vorrebbero utilizzare l’autorità come strumento per la rovina della fede e il trionfo della rivoluzione.
Ma la natura dell’autorità del Romano Pontefice e della Chiesa è inconciliabile con questa strumentalizzazione. Se lo fosse, come pensa The Wanderer assieme ai modernisti, la Chiesa di Gesù Cristo sarebbe strumento di dannazione invece che di salvezza. Il che è assolutamente inammissibile.
Infine, se fosse vera la tesi di The Wanderer sulla variazione della Chiesa determinata dalla nascita dell’ “ecclesiologia del potere”, trattandosi di una variazione essenziale in contraddizione con quanto insegnato e creduto in precedenza, vorrebbe dire che la Chiesa di Gesù e degli Apostoli è finita da secoli e nessun potere umano o sovrumano potrebbe farla rivivere, perché la successione apostolica sarebbe irrimediabilmente interrotta.