Cari amici di Duc in altum, un lettore (del quale ho preferito omettere il nome) mi ha inviato la lettera che ha scritto al vescovo di Trento, monsignor Lauro Tisi, in merito alla vicenda di un fedele cattolico, morto a soli quarantasei anni, per il quale la vedova aveva chiesto la celebrazione delle esequie in rito antico, richiesta però respinta dalla diocesi, il che ha costretto la famiglia, in mancanza di una chiesa, a far celebrare il rito nel cimitero, all’aperto, nel caldo torrido di questi giorni. Nella “chiesa dell’accoglienza” le porte sono aperte per tutti, tranne per chi è legato al rito antico?
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La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri dal mondo.
Giacomo 1, 27
Gentile monsignor Tisi,
sono un fedele cattolico della parrocchia di Mezzolombardo (Trento).
Le scrivo per manifestarLe il mio, seppur composto, sdegno rispetto a una vicenda che ha coinvolto, secondo quanto mi è stato riferito, la Sua diocesi.
Lo scorso mercoledì a Revò è morto un uomo di quarantasei anni, cattolico, sposato con una donna polacca e padre di quattro figli (il più grande di dieci anni). La vedova ha chiesto che il funerale del marito fosse celebrato nella chiesa parrocchiale del comune con rito antico e a questo fine ha chiesto allo stesso sacerdote che dieci anni prima li aveva sposati (con rito antico) di celebrare la funzione. Il sacerdote interessato ha contattato il parroco competente del posto, il quale ha “scaricato” alla diocesi la decisione di autorizzare o meno la celebrazione del funerale nelle modalità richieste dalla vedova. E la diocesi ha deciso di respingere quanto richiesto dalla famiglia del defunto.
Conseguentemente la vedova ha dovuto organizzare il funerale del marito – un sacramento cattolico – negli spazi del cimitero di Revò, che è un bene dell’amministrazione comunale. Non le descrivo le condizioni meteorologiche e il disagio di chi ha assistito alla cerimonia, circa trecento persone, sotto il sole cocente, con 37 gradi, umidità asfissiante, nessuna sedia.
Sono rimasto sconcertato dalla Sua scelta, perché mi sembra difforme rispetto alle Sue dichiarazioni, anche recenti, che contraddistinguono il Suo apostolato. Nella Sua recente lettera La strada ha invitato i trentini alla gratuità del donarsi al prossimo e nella solennità di Sant’Ignazio di Loyola ha esortato la politica a non strumentalizzare l’immigrazione e gli stranieri (ricordo peraltro che la moglie del defunto è una straniera di nazionalità polacca). Conoscendo il Suo pensiero – recentissimo – mai avrei pensato a questa durezza di cuore nel negare la parrocchia per celebrarvi un funerale con rito antico.
Ho poi visto che Lei ha a cuore il dialogo con i cittadini di fede diversa dalla cattolica residenti in Trentino, ricercando con questi dei punti in comune tra le religioni professate per una pacifica convivenza. Ho inoltre notato che in una parrocchia trentina della Sua diocesi è stata celebrata una festività in comunione con una pastora protestante (e ricordo che i protestanti per loro esplicita volontà non sono nella Chiesa cattolica). Le chiedo dunque: in coerenza con questa filosofia di governo della diocesi, come è stato possibile negare di celebrare il funerale di un defunto cattolico nella parrocchia di Revò? Con il rito antico si sono sposati i Suoi genitori, e Lei stesso ha ricevuto il battesimo da cui probabilmente è nata la Sua vocazione. Perché tanta durezza di cuore davanti al dramma di una giovane vedova?
Ho iniziato questa mia comunicazione con le parole dell’apostolo Giacomo. Superfluo commentarle.
Cordiali saluti
Lettera firmata
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Questa la lettera del lettore. Se l’ufficio comunicazioni della diocesi di Trento vuole fornire precisazioni, può farlo scrivendo qui: blogducinaltum@gmail.com